Franchising Gruppo Una, ecco il primo hotel

L’hotel di prestigio Relais Villa Grazianella ha deciso di aderire al progetto franchising Gruppo UNA.

La catena alberghiera UNA che fa riferimento a Unipol, prova a sfidare i grandi gruppi internazionali offrendo il brand e il know how gestionale attraverso un progetto franchising.

L’hotel Relais Villa Grazianella (11 camere tra le colline di Montepulciano) farà parte della collezione del Gruppo Una, aderendo al progetto Una Esperienze.

Il network Una Hotel che si compone già di 38 alberghi, di cui 5 in franchising prevede tre diverte tipologie di affiliazione e tre diversi brand: Una Esperienze, UnaHotels e Unaway.

I tre livelli prevedono un impegno progressivamente maggiore per entrambe le parti coinvolte.

Una continua ad investire nel restyling delle strutture e in alcuni nuovi sviluppi: è in ristrutturazione l’ex residence The Big, nell’area di Porta Nuova a Milano, che diventerà il flagship hotel del gruppo, la cui apertura è attesa nella seconda metà del 2020.

@Redazione AZ Franchising

Come migliorare la produttività: ecco le 3 macro-aree dove concentrarsi

Benessere lavorativo: tecnologia, formazione, inclusione e ripensamento degli spazi.

Per prepararci al futuro del lavoro è necessario sviluppare una cultura del benessere in azienda. Per migliorare la produttività le persone devono poter essere se stesse, sentirsi bene sul luogo di lavoro e sviluppare le proprie capacità.

È su queste tre macro-aree che si concentreranno nell’immediato futuro le maggiori innovazioni. Sviluppare una cultura del benessere e preparare le persone al futuro del lavoro saranno gli obiettivi prioritari.

Far sì che le persone in azienda si sentano se stesse.

Ci sono varie azioni che le organizzazioni possono mettere in campo: Il primo passo è valorizzare la diversità con politiche attive e autentiche di inclusione. Fondamentale anche intraprendere programmi e iniziative che aumentino nelle persone la consapevolezza del proprio ruolo e valore per l’azienda. Infine, occorre sfruttare l’opportunità che oggi esiste, grazie all’introduzione del welfare aziendale e all’evoluzione dello smart working, di offrire ai dipendenti servizi e contratti personalizzati, in funzione delle loro specifiche esigenze di conciliazione tra lavoro e vita privata.

Stare bene nel proprio posto di lavoro migliora la produttività.

Non è necessario un grande investimento monetario o un restyling totale per creare un ottimo posto di lavoro per migliorare la produttività. L’importante è agire sulla flessibilità. Come guida alla riprogettazione degli spazi di lavoro Methodos consiglia il libro The Elemental Workplace di Neil Usher (LID Publishing, 2018), che individua gli elementi per la creazione di un ufficio orientato al benessere delle persone: luce naturale, connettività, spazio sufficiente e suddiviso per gli scopi di lavoro (postazione primaria, spazio per concentrarsi, aree per incontri informali e formali), possibilità di controllare il microclima (illuminazione, riscaldamento, rumore), opportunità di ristoro, comfort, inclusività, servizi igienici eccellenti e spazi di archiviazione personali. Si tratta di una varietà di elementi facilmente regolabili da valutare secondo un approccio basato sulla persona, come nel modello Employee Journey Experience di Methodos.

Aiutare le persone a coltivare talenti e sviluppare competenze.

Negli anni a venire crescerà certamente il valore attribuito e atteso dalla formazione. Cominceranno a diffondersi gli strumenti di individuazione in tempo reale dei dipendenti con un basso engagement e quindi a rischio. Le imprese si orienteranno sempre di più a offrire percorsi formativi chiari e personalizzati, con un peso crescente delle soft skills. Le persone fruiranno dei corsi sempre più on-demand, in funzione del proprio profilo sia per contenuti, sia per le modalità di accesso e distribuzione. E questa formazione coinvolgerà non solo i dipendenti, ma anche i candidati più interessanti e le figure con contratti atipici, che non rientrano nel perimetro formale aziendale, ma aumentano sempre di più numericamente e costituiscono parte integrante del processo produttivo. I contenuti saranno sempre più digitali, fruibili da smartphone e tablet, con maggiore utilizzo di modalità innovative come la gamification, la realtà virtuale e aumentata e i wearables.

@Redazione AZ Franchising

 

Aria di impresa…cercaci a Milano!

WM CAPITAL LANCIA LA CAMPAGNA “ARIA DI IMPRESA” A SOSTEGNO DELLE RETI PROMOSSA DA AZ FRANCHISING

Milano, 8 ottobre 2019

La campagna segue l’accordo stipulato con Portobello e prevede per WM Capital la presenza in oltre 150 edicole nonché in via Montenapoleone e ell’avveniristico quartiere di Garibaldi – Isola tramite affissioni e maxi digiwall.

L’iniziativa, effettuata a ridosso ed in concomitanza con il 34° Salone del Franchising di Milano, ha
la finalità di dare visibilità ai nuovi contenuti e restyling della piattaforma AZ Franchising oltre che aumentare la brand awareness dell’omonima testata, protagonista del mondo del franchising italiano ed internazionale dal 1999.

Fabio Pasquali, Amministratore Delegato di WM Capital: “Quest’anno abbiamo deciso di celebrare la nostra testata e la nostra storica presenza al Salone del Franchising di Milano, espressione del presidio che da oltre 20 anni abbiamo sul mondo del franchising, con una importante campagna di affissioni che rilanci la cultura del franchising in Italia anche al di fuori degli addetti ai lavori.”

@Redazione AZ

TIGOTÀ: l’eccellenza retail nella cosmetica e pulizia

Tigotà: 578 store in Italia e 2 in Svizzera.

Il brand continua a crescere al ritmo di 50 nuove aperture l’anno

Tigotà di proprietà di Gottardo S.p.A., azienda padovana punto di riferimento nazionale nel settore beauty e home care, grazie all’assortimento specializzato, all’identità multi-insegna, ai format diversificati e alla qualità del servizio.

Tigotà è marchio di eccellenza in Italia specializzato nella vendita di prodotti per l’igiene e la cura della persona e per la pulizia della casa gestito direttamente dalla Gottardo S.p.A. Il brand è nato nel 2009 e dal 2014 continua a crescere al ritmo di 50 nuove aperture l’anno contando oggi 578 store in Italia e 2 in Svizzera, con un terzo di prossima apertura. Nelle filiali Tigotà, accanto a un vasto assortimento di marchi dell’industria, si possono scegliere numerosi prodotti di qualità a marchio proprio, sviluppati in collaborazione con i migliori laboratori di ricerca e partner industriali.

Tigotà si è aggiudicato il primo posto nella categoria Drugstore del premio Insegna dell’Anno 2018-2019.

Per il secondo anno consecutivo l’insegna si è aggiudicata il primo posto nella categoria Drugstore del premio Insegna dell’Anno 2018-2019 e nel 2017 ha vinto il Premio Ceccarelli per miglior indice di produttività nella categoria Distribuzione con una classe di fatturato superiore a 350 milioni di euro.

Il brand Tigotà è proprietà di Gottardo S.p.A., azienda padovana punto di riferimento nazionale nel settore beauty e home care, grazie all’assortimento specializzato, all’identità multi-insegna, ai format diversificati e alla qualità del servizio. Con una quota di mercato nel settore drugstore superiore al 25% e un’organizzazione moderna, strutturata e manageriale che conta su oltre 4.300 collaboratori di 49 diverse nazionalità, Gottardo S.p.A. opera su gran parte del territorio italiano attraverso 3 insegne: Acqua&Sapone con 60 punti vendita che gestisce nell’ambito dell’omonimo Consorzio in Triveneto ed Emilia Romagna; Prodet, rete di 51 punti vendita in franchising che offre convenienza sotto casa e – appunto – Tigotà.

Lo sviluppo di Tigotà

Fondata nel 1969 a Piazzola sul Brenta da Enzo Gottardo, negli anni la piccola realtà aziendale a conduzione familiare cresce fino a diventare player nazionale:

nel 1992 nasce l’insegna Acqua&Sapone, poi ceduta a un consorzio di soci (Gottardo mantiene la gestione in Triveneto ed Emilia Romagna)

nel 1995 la Gottardo s.r.l. acquisisce l’insegna Prodet e 15 suoi punti vendita

nel 2002 si trasforma in Società per Azioni

nel 2005 compra 31 punti vendita della tedesca DM

nel 2009 lancia la nuova insegna Tigotà

nel 2014 acquisisce 63 punti vendita Dayli (ex Schlecker).

Lo sviluppo negli ultimi anni è costante e l’insegna Tigotà diventa il pilastro del fatturato aziendale. Dopo aver chiuso il 2018, dati a preconsuntivo, con un fatturato di 966 milioni di euro (+9,5% sul 2017), nel 2019 Gottardo S.p.A. si avvia verso il miliardo di euro.

@Redazione AZ Franchising

Franchisee inadempiente? Ecco cosa fare…

Cosa fare quando il franchisee è inadempiente?

Risolvere il contratto potrebbe non essere la soluzione più vantaggiosa da un punto di vista sia commerciale che economico. Ecco come comportarsi…

di Alessandra Sonnati – Avvocato – Frignani e Associati Studio Legale

In via generale è il contratto che regola cosa succede in caso di inadempimento del franchisee.

Nella pratica è infatti assai diffusa l’inserzione, nel testo contrattuale, di clausole c.d. risolutive espresse, vale a dire di clausole che prevedono espressamente che il contratto dovrà considerarsi risolto quando una determinata obbligazione non venga adempiuta o venga adempiuta con modalità difformi da quelle pattuite.

A tale riguardo è bene ricordare che l’art. 3, comma 4, lett. g) della legge 129/2004 dispone che il contratto di franchising debba specificare “le condizioni di risoluzione del contratto stesso”. Ciò significa che eventuali clausole risolutive espresse dovranno essere convenute per iscritto.

In difetto di esplicita indicazione troveranno invece applicazione le disposizioni generali in tema di inadempimento ed in particolare l’art. 1453 c.c., il quale dispone che “…quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno”.

Quanto precede lascia però aperto il problema di valutare se la risoluzione del contratto per inadempimento sia la via più opportuna da seguire, soprattutto in caso di inadempimento occasionale da parte del franchisee.

Risolvere il contratto potrebbe infatti non essere la soluzione più vantaggiosa da un punto di vista sia commerciale che economico.

Si pensi al danno all’immagine conseguente alla chiusura di un punto vendita ed alla perdita derivante dal non poter più disporre dell’accesso al mercato nel territorio in cui operava il franchisee il cui contratto è stato risolto.

Pertanto, a meno che non si tratti di inadempienti di gravità tale da impedire, anche provvisoriamente, la prosecuzione del contratto (come nel caso di comportamenti da parte del franchisee che riflettono negativamente sull’immagine del franchisor o delle rete), è sempre bene esplorare soluzioni alternative alla risoluzione.

Così ad esempio nel caso in cui il franchisee sia inadempiente all’obbligo di pagamento delle royalties e degli altri corrispettivi dovuti sarà senz’altro più conveniente per il franchisor mantenere in piedi il contratto, magari facendosi risarcire, in tutto o in parte, il danno patito, anziché risolverlo.

In altre ipotesi si potrebbero invece prevedere delle sanzioni che potrebbero consistere nella revoca dell’esclusiva o nella restrizione del territorio concesso in esclusiva.

Anche la previsione di penali può costituire una valida ed efficace alternativa alla risoluzione, oltre che fungere da deterrente.

Come si può vedere, una corretta redazione delle clausole del contratto può assolvere la funzione di efficacemente tutelare la posizione del franchisor senza necessariamente ricorrere alla risoluzione del contratto.

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Origini ed evoluzione del contratto franchising

di Paolo Fortina e Cristina Corsano –  avvocato, NL Studio Legale

Dalle tradizionali figure di intermediazione commerciale la prassi è andata evolvendosi verso forme di integrazione molto più complesse tra produttore e distributore.

Lo sviluppo del franchising (o affiliazione commerciale) è iniziato nel nostro paese in maniera massiccia ad opera della grande distribuzione nel corso degli anni Settanta. 

Dal punto di vista della disciplina normativa, in Italia, dopo un lungo periodo di affermazione del fenomeno solo sul piano pratico, senza che fosse individuata alcuna espressa regolamentazione, si è avvertita l’esigenza di introdurre una disciplina specifica.

Ciò che emerge, almeno nella pratica dei rapporti commerciali prima del 2004 in riferimento al franchising, è un quadro ben definito: la causa di tale contratto atipico veniva individuata nella trasmissione da parte del franchisor, o affiliante, di un fascio di proprie situazione attive (marchi, segni distintivi, know-how, metodi e scelte commerciali, ecc …) a fronte del pagamento del franchisee, o affiliato, di un corrispettivo in denaro, di solito in termini di canone di affiliazione o royalties.

Il punto di svolta si è avuto con l’emanazione della Legge n. 129/2004.

Intervento legislativo necessario poiché prima della suddetta legge si erano riscontrate profonde incertezze circa l’utilizzo di una definizione unitaria di tale contratto; tra le varie proposte in dottrina la più completa era quella proposta da Frignani, il quale considerava il franchising come “un sistema di collaborazione tra un produttore (o rivenditore) di beni od offerente di servizi (franchisor) ed un distributore (franchisee) giuridicamente ed economicamente indipendenti l’uno dall’altro, ma vincolati da un contratto in virtù del quale il primo concede al secondo la facoltà di entrare a far parte della propria catena di distribuzione, con il diritto di sfruttare, a determinate condizioni e dietro il pagamento di una somma di denaro, brevetti, marchi, nome, insegna o addirittura anche una semplice formula o segreto commerciale a lui appartenente; inoltre il primo si obbliga a certi rifornimenti di beni o servizi, mentre il secondo si obbliga a conformarsi ad una serie di comportamenti prefissati dal primo”.

In seguito alla Legge n. 129/04 arriva la definizione di contratto di franchising.

L’art. 1 si esprime: “L’affiliazione commerciale (franchising) è il contratto, comunque denominato, fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede la disponibilità all’altra, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi. che chiarisce altresì il significato da attribuirsi a nozioni essenziali quali know-how, diritto di ingresso (entrance fee), royalties e beni dell’affiliante”.

Tale articolo chiarisce altresì il significato da attribuirsi a nozioni essenziali quali know-how, diritto di ingresso (entrance fee), royalties e beni dell’affiliante.

In definitiva il contratto di franchising è una forma di collaborazione tra imprese, in cui taluni soggetti, i franchisees, commerciano prodotti del franchisor, utilizzandone il marchio e il know-how, ma mediante una distinta organizzazione, rimanendo soggetti economicamente e giuridicamente del tutto distinti dal franchisor.

LA RUBRICA DI AZ | FINANZA & LEGALE 

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Intervista a Francesco Pupillo, Deputy Director Mapic

MAPIC 2019: TUTTE LE NOVITA SUI MODELLI DI BUSINESS

Dal 13 al 15 novembre 2019 – Palais des Festivals, Cannes

Quest’anno Mapic celebrerà la 25a edizione. Questo traguardo, importante per una manifestazione di riferimento come Mapic, sarà celebrato in un contesto di business in grande evoluzione.

Abbiamo intervistato Francesco Pupillo, Deputy Director di Mapic

“Siamo nell’era del brick&mortar – dichiara Francesco Pupillo, Deputy Director MAPIC 2019 – ed i tradizionali modelli di business sono stati radicalmente trasformati dalla rivoluzione digitale. Il consumatore dispone oggi di una notevole mole di informazioni (prodotto, prezzo, disponibilità) e può acquistare 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 online oltre che rendersi fisicamente nel punto vendita. Questa crescente integrazione tra online e offline ha avuto un impatto profondo sull’industria retail tradizionale, trasformando la funzione del punto vendita, del centro commerciale e, più in generale, di tutte le destinazioni retail. Il concetto chiave oggi è la customer experience, l’esperienza che il consumatore può vivere e condividere on-site. Tale situazione ha determinato due conseguenze immediate nell’industria retail: la prima è una modifica del retail mix tradizionale dei siti retail, con una riduzione dello spazio occupato dalle categorie di brand più tradizionali (che sono oggi in una fase di consolidazione della rete punti vendita e trasformazione dei loro concept in store più esperienziali e sovente di dimensioni diverse) ed una crescita delle categorie di brand più legati all’esperienza on-site come il F&B, il leisure, i servizi alla persona ed anche i pure-players digitali che iniziano ad aprire punti vendita fisici. La seconda conseguenza riguarda l’asset immobiliare vero e proprio, con un crescente numero di progetti di tipo misto, in cui il retail e lo shopping sono solo uno dei servizi fruibili da parte del consumatore, affiancati da aree destinate alla cura della persona, al leisure, alla cultura etc… Lo stesso discorso vale per i più recenti progetti di riqualificazione urbana. La prossima edizione di Mapic abbraccerà interamente queste evoluzioni del mercato con un programma di conferenze il cui tema centrale sarà Retail remixed: rethinking spaces and places e che avrà un focus specifico sui nuovi player ed i nuovi luoghi del retail. Mapic 2019 si caratterizzerà per una presenza importante delle nuove categorie di tenant “esperienziali” accanto ai nuovi format sviluppati dai retailer più tradizionali. Il programma di conferenze principale, sarà affiancato da una serie di brevi sessioni di presentazioni di nuovi brand. Per quel che attiene invece i nuovi sviluppi immobiliari avremo poi la presenza tanto come exhibitor che all’interno del programma di conferenze, di nuovi progetti “iconici” che affiancano agli spazi retail tradizionali, nuove destinazioni e servizi per i consumatori per creare quelle che oggi sono definite Lifestyle and shopping destination, luoghi di socializzazione ed esperienza a 360 gradi. Infine, una delle novità più rilevanti della prosima edizione di Mapic sarà il lancio di un nuovo evento dedicato al Leisure, il Leisure Day, che si terrà il martedi 12 Novembre in pre-apertura di Mapic 2019. L’evento ha per obiettivo di riunire operatori e providers di soluzioni leisure e permettere l’incontro di questa nuova categoria di player con gli attori del mercato immobiliare commerciale al fine di accelerare l’integrazione del leisure nei siti dello shopping e nelle aree urbane da rigenerare al fine di trasformarle in destinazioni più esperenziali”.

Qualche anticipazione sulle presenze importanti?

“Tutti i principali operatori del mercato immobiliare commerciale saranno presenti anche quest’anno a Cannes. Tra le più importanti proprietà e società di gestione avremo, solo per fare alcuni nomi, attori di primo piano come Unibail Rodamco Westfield, Altarea, Ceetrus, Carrefour Property, Ingka, McArthur Glen, JLL, CBRE, Cushman &Wakefield, Savills. Tra gli italiani, come sempre numerosissimi a Cannes, ci saranno tra gli altri Aedes, IGD, Rustioni&Partners, GVA Redilco, Svicom. Numerosa è anche la partecipazione dei brand. Ne sono attesi oltre 2 000. Accanto alla partecipazione già confermata di brand di primissimo piano di categorie più tradizionali quali Primark, Apple, Uniqlo, Teddy, Svarowsky, Calzedonia, Nike, Levi’s, abbiamo già registrato la crescita di presenze legate ai settori emergenti prima citati (food, leisure, servizi alla persona), con player quali Five Guys, Autogrill, Starbucks, Zero gravity, UCI, Citywave, Ely Play, Virgin Active. Di rilievo per gli italiani la presenza, per il secondo anno consecutivo, del Padiglione Italia supportato dal governo italiano tramite ITA-Italian Trade Agency in collaborazione con le associazioni più importanti del settore: il CNCC, Confimprese, Assofranchising. L’obiettivo del padiglione è la creazione di un meting point per tutti gli operatori ed investitori internazionali interessati a sviluppare business in Italia nonché per i brand italiani interessati a svilupparsi all’estero. Tra i momenti più interessanti del programma, accanto al lancio del già citato Leisure Day, da segnalare la 3a edizione dell’Outlet Summit, il lancio di un nuovo evento dedicato ai Franchise partner et Master Franchising (il multi-units franchise summit), le aree espositive dedicate all’innovazione ed al leisure con le relative sessioni di presentazione, e per finire i consueti seminari con focus geografici tra i quali 2 saranno dedicati all’Italia”.

Perché per i retailer internazionali è importante partecipare a Mapic Cannes 2019?

“Mapic è oggi l’unica piattaforma di business a livello internazionale che permette a retailer di oltre 50 paesi di incontrare in un luogo unico e straordinario, in soli tre giorni, i più importanti player immobiliari internazionali ed i partner che li accompagneranno nel loro sviluppo. La partecipazione a Mapic consente pertanto ai retailer di concentrare in tre giorni di lavoro un numero elevato di incontri di business che permetteranno loro di accelerare l’attività per l’anno a venire. La presenza delle principali proprietà e società di gestione internazionali, consente ai brand di poter ottimizzare le proprie scelte di location, rinegoziare le location esistenti e di scoprire nuovi mercati da penetrare. Il programma di conferenze con i suoi focus geografici costituisce un valido supporto nelle scelte strategiche di sviluppo della rete di punti vendita. Inoltre, la presenza di cosi tanti brand tutti assieme, permette loro di scambiare reciprocamente informazioni, contatti ed esperienze utili per lo sviluppo della propria rete”.

Cosa rappresenta nel mondo del retail l’annuale appuntamento del Mapic Cannes 2019?

“La presenza contemporanea di tutti i più importanti attori e decision-makers del mercato immobiliare commerciale internazionale fa di Mapic un appuntamento immancabile nell’agenda degli operatori del settore. Oltre a costituire una di piattaforma di business estremamente efficace per concludere deal e trovare nuove location, Mapic, grazie al suo programma di eventi e conferenze, permette ai partecipanti di tenersi aggiornati sui più recenti trend del mercato. Nel corso degli anni Mapic si è affermato come barometro e vetrina del mercato immobiliare commerciale. E’ l’appuntamento annuale durante il quale vengono lanciati e commercializzati i progetti di sviluppo più importanti, dove poter incontrare tutti gli attori che costituiscono la catena di valore del retail property market, dalle proprietà ai gestori, dagli investitori ai brand ed ai partner per lo sviluppo. Una presenza visibile a Mapic da parte di una property company o di un brand è un segnale importante inviato al mercato, in particolare in un momento di importante trasformazione dell’industria come quello che stiamo vivendo”.

@Redazione AZ Franchising

Ki-Best 2019: casi e chiavi di successo nel Retail in Italia e nel mondo

Milano, 15 ottobre 2019 ore 9 – 17.30

Armando Garosci, Giornalista Largo Consumo
Introduzione e moderazione

Fabrizio Valente, Founder e Amministratore Kiki Lab – Ebeltoft Italy
Retail Tour Virtuale
Retail Observa® Flash News

Testimonianze aziendali

Heike Linnemann, Brand General Manager KIKO
Isabella Gaia, Retail Director Woolrich Europe
Massimo Lucentini, Direttore Generale Todis
Sebastiano Amato, Manager of Channel Sales Fastweb
Marcello Pace, CEO PittaRosso
Pietro Migliori, Direttore Generale RisparmioCasa
Giuseppe Pozzo, Omnichannel Director AW LAB
Giuseppe Cunetta, Managing Director MediaWorld
Luca Ghidini, CEO ALDO Italy
Francesco Zhou, General Manager e Paolo Mastrojanni, Retail & Sales Director, Xiaomi MI
Store Italia

Testimonianze partner

Sophie Aupart, Italy General Manager e Hadrien Beacco Direttore Pre-Sales, Yoobic

Quota di iscrizione: 2.000€ + iva – Retailer, Real Estate e IdM: 800€ + Iva

Per iscrizioni: kiki@kikilab.it – 030 22 16 81

Partner:

Promotica – AllWays – FullOver – Checkpoint Systems – Yoobic

Main Media Partner: Largo Consumo

Media Partner: AZFranchising, BeTheBoss, Beesness, B2eyes, Distribuzione Moderna,
TEN DIYandGarden, InstoreMag, Promotion Magazine, Retail Project

Association Partner: AICEX Associazione Italiana Customer Experience,Assofranchising, Assogiocattoli, Confimprese, CFMT, Federmobili, Federazione Moda Italia, Plef

Award Partner: Innova Retail Award, Insegna dell’Anno, Superbrands

Academy Partner: ALMA

Event Partner: Salone Franchising Milano

International Partner: Mapic, World Retail Congress

Patrocinio: Assintel

Quando i social network non perdonano.

Anche una sola critica negativa, o una lamentela sui social network non deve essere sottovalutata, o ignorata da un brand.

Bastano pochi minuti per diffondere il messaggio negativo, creare una crisi e rovinare l’immagine di un brand.

Quattro concetti fondamentali utili a gestire la comunicazione in una crisi.

di Stefania Giuseppetti

I social media hanno liquefatto i confini tradizionali tra azienda e consumatori, creando un senso di vicinanza che può contribuire ad accrescere la visibilità del brand, oppure a distruggerla.

Se “F” come “feedback” ma soprattutto come i Followers di Twitter e di Instagram, gli amici (Friends) e i Fans di Facebook, è il fattore che fa tendenza e che può influenzare profondamente le decisioni d’acquisto, è necessario non sottovalutare mai i vari commenti, anzi, è opportuno usarli per migliorare strategie e visibilità.

Considerando che solitamente le cattive notizie viaggiano molto più velocemente di quelle buone, di fronte alle situazioni difficili è necessario farsi trovare preparati e pronti a reagire.

Il “crisis management” non è certo una disciplina nuova.

è un’azione precisa e organizzata di gestione dell’emergenza, che permette di salvare situazioni apparentemente irrecuperabili.

La capacità di un’azienda di rispondere a questi eventi “imprevisti” è un indicatore di forza e di competizione.

Spesso “avere un piano” non è facile, ma è anche vero che esistono almeno quattro concetti fondamentali utili a gestire la comunicazione in una crisi: essere pronti, ovvero conoscere a fondo l’azienda, la struttura, le persone, i prodotti e l’ambiente per valutare le aree di rischio significativo e identificare potenziali minacce; essere in grado di dare risposte decise, per poter reagire rapidamente, in maniera esauriente e con la massima trasparenza, prima che un messaggio negativo diventi virale provocando danni inestimabili alla web reputation aziendale.

Quando un’azienda attraversa un periodo di crisi, la sfida per riemergere si svolge soprattutto sul piano della credibilità e della velocità di comunicare, quindi dalla capacità di dialogare con l’ambiente esterno, comprenderne i bisogni e coordinare le mosse per uscire indenni dall’emergenza.

Nel caso contrario, l’attacco dei mezzi di comunicazione può essere estremamente dannoso e i cospicui investimenti necessari al suo recupero possono essere considerati l’unità di misura dei danni causati dalla crisi.