Gli scenari per chi vuole vendere e comprare casa nell’era del COVID-19

Milano, 30 marzo 2020: #iorestoacasa ha molti risvolti sociodemografici, tra cui la riscoperta dell’abitazione quale luogo sicuro dove proteggere se stessi e la famiglia, nel calore dei ricordi di vita vissuta. Una comfort zone che in queste settimane di emergenza gli italiani stanno imparando ad apprezzare gioco forza, riorganizzando gli spazi per creare aree di stoccaggio, zone riservate allo smart working, angoli dedicati allo svago dei bambini, al fitness per gli adulti e alla nuova socialità 4.0. Nuovi modelli abitativi che stanno prendendo forma non solo in Italia ma in tutto il mondo, come conferma Dario Castiglia, CEO & Founder di RE/MAX Italia. “Dall’osservatorio su scala mondiale del nostro network immobiliare in franchising con filiali in oltre 100 Paesi, abbiamo una visione globale dei nuovi trend che si stanno delineando, sia per i professionisti del real estate ma soprattutto per i consumatori che stanno pensando a nuove formule dell’abitare”. Riflessioni che rimarranno ben impresse e che impatteranno sulle scelte di acquisto e di vendita delle case nei prossimi anni. Opinione condivisa anche da Francesca Zirnstein, DG di Scenari Immobiliari, istituto indipendente di studi e ricerche, che intervistata ieri ha confermato che le nuove abitudini sviluppate in questo periodo potrebbero modellare le scelte residenziali di domani. Tra le nuove esigenze che emergeranno dopo la quarantena, si può ipotizzare una maggiore richiesta di case con stanze in più e spazi esterni fruibili.

Del resto è noto come ogni crisi modifichi i paradigmi, svelando nuovi scenari che suggeriscono cambiamenti, soprattutto in termini di comportamenti da adottare. Ed è quello che sicuramente succederà anche nel mercato del “mattone”, dove chi dovrà o vorrà vendere e comprare avrà a disposizione nuovi strumenti tecnologici per limitare il contatto fisico tra le persone e tra le persone e gli oggetti, cambiando inevitabilmente anche il rapporto tra agenti immobiliari e consumatori. Certamente il web sarà il primo step dove gli utenti privilegeranno annunci con foto dettagliate e professionali. Dopo una prima scrematura, ci si potrà affidare ad agenti immobiliari che dovranno acquisire sempre più il ruolo di “property finder”. Saranno loro a visitare le case con le dovute dotazioni, per poter poi presentare agli acquirenti una selezione mirata. Il mercato del real estate, dunque, sarà sempre più orientato alla digital transformation con l’utilizzo di tecnologie come i virtual tour e sistemi immersivi come la realtà aumentata. Soluzioni che network immobiliari strutturati stanno già implementando, come conferma Dario Castiglia: “Tra le nuove modalità gli utenti possono già oggi utilizzare strumenti come formulari editabili online e la firma a distanza, molto utili anche per chi ad esempio dove compilare l’offerta per una casa lontana dal proprio domicilio”.

Cosa può fare dunque chi vuole vendere o comprare casa in questo momento di sospensione? Sicuramente avviare una prima scrematura sulle piattaforme online, attivando alert in base ai propri parametri di ricerca. Nel frattempo i network immobiliari più tecnologici, attualmente operativi da casa secondo le normative, potranno aggiornare il proprio portfolio, arricchendo contenuti e descrizioni e facendo rete per aumentare l’offerta e accorciare le distanze.

E se l’Osservatorio 2020 sul mercato immobiliare presentato pochi giorni fa da Nomisma mostra due possibili scenari, uno soft e uno più hard, le indagini effettuate a livello internazionale da RE/MAX prediligono la visione l light della recessione nell’immobiliare, pur sottolineando lo stato di imprevedibilità in cui ci troviamo, come conferma il management: “È necessario approcciare una situazione come quella che stiamo vivendo con una visione a lungo termine: la crisi non durerà per sempre, ma nel breve la vita non sarà come quella di prima. Dobbiamo percepire questa situazione come una fase di cambiamento alla quale siamo chiamati per ridisegnare il nostro modello organizzativo sociale ed economico”. E questo vale per le imprese così come per i consumatori, che acquistando un nuovo immobile potranno richiedere alle agenzie la sanificazione delle abitazioni inclusa nel prezzo. Una nota positiva arriva da Nathan Yang, CEO di RE/MAX Shangai, dove in questi giorni gli agenti hanno ricominciare ad effettuare visite fisiche agli immobili, a due mesi esatti dal lockdown.

RE/MAX PROFILO AZIENDALE – vedi la proposta in franchising

Fondata nel 1973 da Dave e Gail Liniger, RE/MAX approda in Italia nel 1996 grazie alla lungimirante vision di Dario Castiglia, tutt’oggi alla guida del network immobiliare. Anno dopo anno RE/MAX rafforza sempre di più la sua presenza a livello mondiale, dove oggi è presente in oltre 115 Paesi con più di 8.000 agenzie in cui operano 130.000 consulenti immobiliari affiliati.

Premiata da Assofranchising nel 2018 e nel 2019 con l’Italian Franchising Award per essere stata la Rete in franchising con la maggior crescita in Italia e riconosciuta da Federfranchising come il Miglior MASTER FRANCHISEE in Italia, RE/MAX si conferma, sia per gli operatori del settore sia per il cliente, il miglior brand in franchising del settore immobiliare in cui lavorare e a cui affidarsi per comprare o vendere un immobile.

Sono i numeri a parlare per il network immobiliare. RE/MAX Italia ha chiuso il 2019 registrando un incremento del 23% del fatturato aggregato rispetto allo stesso all’anno precedente, superando gli oltre 81 milioni di euro. Il gruppo immobiliare in franchising, inoltre, ha registrato un aumento del 6% del numero di transazioni gestite da circa 450 agenzie RE/MAX operative sul territorio nazionale e dagli oltre 4.160 consulenti immobiliari affiliati, di cui 660 ingaggiati nel corso dell’anno.

 

Brevetti, marchi e disegni: Milano regina della creatività

Ecco gli incentivi per la valorizzazione dei brevetti, marchi e disegni

Tutte le informazioni necessarie per partecipare a tre  importantissimi bandi nazionali rivolti alla valorizzazione dei titoli di proprietà industriale, specificatamente  e un bando ad hoc per le Startup innovative

Dott.ssa Francesca Paleari*

Il 13 gennaio scorso, presso la Camera di Commercio di Milano, sono state presentate, alla presenza del Viceministro dello Sviluppo Economico Dott. Stefano Buffagni, le nuove misure ed i nuovi incentivi per la valorizzazione di brevetti, marchi e disegni.

Il primo dato emerso è incoraggiante: in Lombardia si brevetta di più, in cinque anni +30% le invenzioni, +7% i marchi per un totale di 36 mila depositi nel 2018 su 110 mila in Italia. Milano si conferma regina della creatività, seguita da Roma, Torino e Napoli.

La seconda notizia interessante, è che è stato appena firmato il Decreto per il rifinanziamento e la riapertura di 3 importantissimi bandi nazionali rivolti appunto alla valorizzazione dei titoli di proprietà industriale, specificatamente:

Brevetti +, Marchi +3, Disegni +4.

Ex novo, invece, è stato attivato un bando ad hoc per le Startup innovative: Voucher 3I – Investire In Innovazione.

Obiettivo Sviluppo era presente a questo work-shop, nel corso del quale sono susseguiti interessantissimi interventi ed analisi (tra gli altri Carlo Sangalli, Presidente della CCIAA di Milano, e diversi tecnici del Ministero e di Invitalia), con il nostro CEO Dott. Emanuele Fedeli ed uno dei nostri europrogettisti Stefano Paleari.

Vediamo nel dettaglio queste nuove opportunità:

BREVETTI +

Con Brevetti + il Ministero dello Sviluppo Economico intende favorire la valorizzazione economica di brevetti e privative nazionali e internazionali attraverso l’erogazione di un contributo a fondo perduto. Dotazione: 21,8 milioni di euro.

Le agevolazioni sono finalizzate all’acquisto di servizi specialistici relativi a:

  • Industrializzazione e ingegnerizzazione
  • Organizzazione e sviluppo
  • Trasferimento tecnologico

Prevede un contributo a fondo perduto fino a 140 mila euro – nel limite dell’80% delle spese ammesse.

Domande dal 30 gennaio 2020

MARCHI +3

La misura Marchi + 3 favorisce la registrazione all’estero (sia a livello comunitario che internazionale) di marchi nazionali da parte di pmi, con l’obiettivo di sostenerne la capacità innovativa e competitiva. Dotazione:13 milioni di euro. Prevede un contributo in conto capitale fino all’ 80% delle spese

  • per la Misura A – registrazione di marchi europeo: 6.000 euro per ogni domanda relativa ad un marchio depositato presso l’EUIPO;
  • per la Misura B – registrazione di marchi internazionali: 6.000 euro (7.000 euro per USA o Cina), per ciascuna domanda relativa ad un marchio depositato presso OMPI che designi un solo Paese, elevato a 7.000 euro (8.000 euro per USA e/o Cina) per ciascuna richiesta di agevolazione relativa ad un marchio depositato presso OMPI che designi due o più Paesi.

Domande dal 30 marzo

DISEGNI +4

Il Bando Disegni + 4 promuove la valorizzazione e lo sfruttamento economico dei disegni/modelli industriali sui mercati nazionale e internazionale. Dotazione: 3,5 milioni di euro

Le agevolazioni sono finalizzate all’acquisto di servizi specialistici esterni per favorire:

Fase 1 – Produzione

  • la messa in produzione di nuovi prodotti correlati ad un disegno/modello registrato
  • prevede un contributo a fondo perduto fino a 65 mila euro– nel limite dell’80% delle spese

Fase 2 – Commercializzazione

  • la commercializzazione di un disegno/modello registrato
  • prevede un contributo a fondo perduto fino a 10 mila euro– nel limite dell’80% delle spese

Domande dal 27 febbraio 2020

VOUCHER 3I PER LE STARTUP INNOVATIVE

Il Voucher 3i finanzia l’acquisizione di servizi per la brevettazione a favore delle startup innovative

L’incentivo può essere utilizzato per la verifica della brevettabilità dell’invenzione, l’effettuazione delle ricerche di anteriorità preventive, la stesura della domanda di brevetto e di deposito presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, l’estensione all’estero della domanda nazionale.

L’importo del voucher 3I e’ concesso nei seguenti limiti:

  • servizi di   consulenza   relativi   alla   verifica   della brevettabilità dell’invenzione e all’effettuazione delle ricerche di anteriorita’ preventive: euro 2.000,00 + IVA;
  • servizi di consulenza relativi alla stesura della domanda  di brevetto e di deposito presso l’Ufficio italiano brevetti  e  marchi: euro 4.000,00 + IVA;
  • servizi di consulenza relativi al deposito  all’estero  della domanda nazionale di brevetto: euro 6.000,00 + IVA.

Bando in apertura

* Founder & General Manager Obiettivo Sviluppo

Il franchisor è responsabile dei comportamenti del franchisee?

Brevi note alla sentenza del Tribunale di Perugia del 4 Aprile 2019

L’omissione colposa del controllo da parte del franchisor può comportare una sua responsabilità extracontrattuale nei confronti del cliente per fatto del franchisee

di Alessandra Sonnati – Avv. – Frignani Virano e Associati – Studio Legale

Il contratto di franchising non fa perdere alle parti la loro reciproca indipendenza, come anche confermato dall’art. 1, comma 1 della legge 129/2004. Siamo pertanto di fronte ad attività imprenditoriali autonome le une dalle altre. Le conseguenze dell’autonomia ed indipendenza del franchisor rispetto al franchisee si misurano nei confronti di tutti i terzi con i quali il franchisee viene in contatto (fornitori, dipendenti, clienti, pubbliche amministrazioni, ecc.), i quali – di norma – avranno azione soltanto nei confronti del franchisee e non nei confronti del franchisor.
Tale autonomia incontra tuttavia dei limiti. Uno dei cardini su cui ruota il franchising è costituito dalla concessione in uso, a favore del franchisee, dei segni distintivi del franchisor – in primo luogo marchio e insegna – e, più in generale, dalla stretta integrazione che viene a stabilirsi tra impresa-madre e imprese affiliate.
Tale condivisione è suscettibile di creare nel cliente un affidamento sia in ordine all’identità tra franchisor e franchisee (quando il cliente entra in contatto con il franchisee credendo di trattare invece direttamente con la casa madre-franchisor) sia sull’esistenza in capo al franchisee dei medesimi standard qualitativi e di correttezza commerciale del franchisor. Da tali affidamenti deriva quindi un onere di controllo per il franchisor sulle persone dei franchisees e sulle modalità di svolgimento della loro attività. L’omissione colposa di tale controllo da parte del franchisor può comportare una sua responsabilità extracontrattuale nei confronti del cliente per fatto del franchisee.
La semplice condivisione dei segni distintivi, in assenza di condotte colpose da parte del franchisor, non è tuttavia sufficiente a far sorgere automaticamente una qualche responsabilità nei confronti dei terzi in capo all’affiliante per azioni od omissioni del franchisee.
Quanto precede trova conferma in una recente sentenza del Tribunale di Perugia (Trib. Perugia, 4 Aprile 2019).
Un cliente si era rivolto per la realizzazione di un impianto fotovoltaico ad un punto in franchising. Il franchisee non aveva ultimato i lavori in tempo utile per far in modo che il cliente ottenesse una tariffa incentivante, in quanto l’entrata in esercizio dell’impianto era avvenuta successivamente alla scadenza del termine fissato per legge per l’ammissione agli incentivi in questione. Il cliente chiamava quindi in causa sia il franchisee che il franchisor “in quanto responsabile del fatto del proprio affiliato commerciale ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. per violazione dell’affidamento riposto dal cliente sull’appartenenza alla rete commerciale” chiedendone la condanna in solido al risarcimento del conseguente danno patrimoniale.
Il Tribunale osserva in primis quanto segue: “…il contratto di affiliazione commerciale si distingue da quello di distribuzione proprio per il fatto che, nel franchising, una parte concede all’altra la disponibilità, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, fornendo inoltre assistenza o consulenza tecnica o commerciale, e così inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di soggetti distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi (art. 1, L. n. 129 del 2004 e D.M. n. 204 del 02 settembre 2005), ne segue che – sia nel caso di franchising di beni che in quello, come nel caso in esame, di franchising di servizi, nonostante l’uso comune del marchio, affiliante e affiliato sono soggetti distinti dal punto di vista economico e giuridico …”.
Ne consegue, secondo il Tribunale, che in difetto di allegazione di specifici elementi di colpa a carico del franchisor, quali ad esempio l’inadeguatezza del know-how e delle procedure tecniche ed operative per la gestione della clientela o l’inadeguatezza della scelta dell’affiliato, profili che, entrambi, non erano stati oggetto di doglianza nel caso portato all’attenzione del Tribunale “non possa condividersi l’assunto che ne fonda la responsabilità per il fatto dell’affiliato sul principio dell’apparenza. Tale criterio opera, difatti, a tutela dell’affidamento incolpevole di colui che, sulla base di circostanze colposamente ingenerate dal soggetto di cui altri spendeva il nome, abbia avuto la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente (Cfr. Cass,. 18519 del 13/07/2018). Esso, quindi, non può trovare applicazione nell’ipotesi in esame, inerente a due soggetti giuridici autonomi e distinti, ed immediatamente apprezzabili come tali dalla clientela, sì che la scelta dell’affiliato in quanto inserito in una rete di affiliazione non determina, per ciò solo, una responsabilità dell’affiliante per il fatto dell’affiliato che sarebbe una non ammissibile ipotesi di responsabilità di posizione”.
Applicando i suddetti principi il Tribunale ha quindi rigettato la domanda svolta nei confronti del franchisor.

©RIPRODUZIONE VIETATA

Nuove opportunità di Business per i retailer italiani

Per Standard Chartered nel 2020 la Russia supererà la Germania al quinto posto fra le maggiori economie globali in termini di Pil corretti con i cambi a parità di potere d’acquisto. Positiva l’overview sul mercato russo stimata da Confimprese in collaborazione con Agenzia ICE

Nel 2018 la Russia si è classificata seconda in Europa per volumi di aree commerciali. Oggi i franchisor presenti sono 1.950 con 60mila punti vendita in franchising e un trend di crescita triplicato dal 2010, con una pipeline al 2030 di 200mila punti vendita, grazie anche al programma di sovvenzioni stanziate dal comune di Mosca. Il franchising vale 5 miliardi di dollari e continua ad essere uno dei format commerciali più promettenti in Russia. Secondo uno studio del World Franchising Council, il mercato russo è uno dei leader per quanto riguarda la crescita del numero di aziende in franchising. Su 100 punti vendita in franchising aperti in Russia, circa 90 dopo 3 anni continuano a esercitare la loro attività sul mercato e anche l’aumento del numero di centri commerciali agisce direttamente sull’apertura di nuovi punti vendita in franchising. Queste le evidenze del convegno Retail Business in Russia, Ucraina e Kazakistan sulle opportunità di sviluppo per i retailer italiani organizzato da Confimprese in collaborazione con Agenzia ICE.

“La capacità di spesa media a Mosca – spiega Mario Resca, presidente Confimprese – è pari a 18mila dollari a Mosca, a 12,5 San Pietroburgo, a 1,4 a Ekaterinburg, le principali città della Russia. Il grado avanzato di sofisticazione dei consumatori, grazie all’emancipazione femminile e all’ampio utilizzo di Internet, sottolinea un’elevata propensione all’acquisto. Anche l’online è un mercato in forte espansione: su una popolazione totale di 144 milioni, 110 milioni sono online, l’85% utilizza Internet ogni giorno e il 32% acquista online. L’età media dei consumatori digital è di 39 anni contro i 45 degli italiani. Numeri che rappresentano un mercato con buone potenzialità di espansione per i retailer italiani”.

I principali segmenti del mercato del franchising in Russia sono il commercio al dettaglio, i servizi, la ristorazione pubblica comprensiva di fast food (segmento principale per numero di punti vendita), gelaterie, pizzerie e sushi bar, ristoranti (contenuto numero di punti vendita, ma segmento a prezzo elevato), abbigliamento e calzature. Dal 2011 al 2018 nel mercato russo del franchising si è registrato un incremento della quota del segmento servizi dal 25% al 30% e della ristorazione dal 15% al 23 per cento. Il trend è dunque positivo e segnala l’apertura di nuovi punti vendita da parte di aziende straniere già da tempo presenti sul mercato russo (33% vs 67% di imprese russe), oltre a un dinamico incremento dei franchisor regionali, allo sviluppo di strumenti finanziari pensati per realizzare progetti in franchising e al miglioramento degli aspetti legali dell’interazione tra franchisor e franchisee.

Quanto all’Ucraina, ha iniziato il percorso di ripresa a partire dal 2016, grazie al miglioramento della gestione dei fattori macroeconomici da parte delle istituzioni locali e a un forte supporto politico a livello internazionale. Attualmente le catene retail presenti sono 110 di cui un terzo nel fashion e poco meno nel food (19). La moda e l’arredamento italiano continuano a essere considerati un must da parte dei consumatori locali, soprattutto nelle grandi città. Nell’ultimo anno ci sono stati segnali positivi che ben fanno sperare per una ripresa stabile dell’economia e un aumento, seppur lento ma costante, del Pil (+4,6% nel 2° trimestre) e del potere di acquisto dei consumatori locali: gli stipendi medi mensili sono aumentati del 20%, il commercio al dettaglio è tra i settori che hanno contribuito in modo più rilevante alla crescita.   Tuttavia, gli investimenti italiani nel Paese sono ancora bassi, pari allo 0,7% del totale investimenti esteri vs 6% di UK, 5% della Germania e 2,5% della Francia. Il commercio è uno dei settori con investimenti esteri più alti (16,7%), percentuale ancora più elevata se consideriamo solo gli investitori italiani (31%).

Il Kazakistan, infine, si sta lentamente aprendo al business retail grazie alla spinta di modernizzazione voluta dal Governo. È un Paese di 18 milioni di abitanti con un Pil in crescita del 4 per cento. Buona la capacità di spesa, 3mila dollari pro capite. Dal 2005 al 2015 il Paese ha attirato oltre 200 miliardi di dollari di investimenti stranieri, secondo Paese del Cis dietro alla Russia. Sicuramente il programma 100 Passi, stanziato dal governo kazako per sostenere l’economia, è di buon auspicio anche per migliorare il clima per gli investitori stranieri.

Articolo completo su AZ Franchising Magazine

Made in Italy: tutela e blockchain

La dicitura «Made in Italy» ha le sue fonti nel diritto internazionale e in quello nazionale.

Avv. Patricia de Masi Taddei Vasoli*

Il marchio evoca, insieme all’origine dei prodotti, anche una serie di sensazioni legate al bello, al buono e alla qualità nei settori Alimentare, Abbigliamento e accessori, Arredo, Automazione, riconducibili all’Italia ed è stato quindi scelto dai produttori italiani a tutela dell’italianità.

Esso nasce a livello internazionale come marchio di origine con la Convenzione di Madrid del 1891, riveduta a Lisbona il 31.10.1958, recepita dall’Italia con L.676/1967 e Disp. Applicative D.P.R.656/1968, il cui scopo era quello di ostacolare le false o ingannevoli indicazioni di provenienza di un prodotto. Con essa si sanciva che l’apposizione del “made in…” consentiva di individuare l’esatto luogo di fabbricazione di un determinato prodotto, e quindi l’origine del medesimo

La Convenzione in particolare disponeva l’«obbligo di indicazione precisa, ed in caratteri evidenti, del paese o del luogo di fabbricazione o di produzione, o altra indicazione sufficiente ad evitare ogni errore sull’origine effettiva, sotto pena del sequestro del prodotto».

La normativa di recepimento prevedeva che le merci sospettate di recare una falsa o fallace indicazione di provenienza fossero soggette a fermo amministrativo da parte degli Uffici Doganali al momento della loro introduzione in Italia, con contestuale comunicazione all’Autorità giudiziaria. Ciò limita l’originaria possibilità di sequestro ai soli casi di falsa o mendace indicazione di provenienza.

NORMATIVA COMUNITARIA

In primo luogo bisogna precisare il significato di alcuni termini:

Origine: luogo di produzione

Provenienza: luogo di spedizione

Origine doganale preferenziale (di solito in base ad accordi con certi Paesi)

Origine non preferenziale (luogo ove il prodotto ha subito ultima trasformazione)

Il marchio Made in Italy è dunque marchio di origine, non di provenienza.

Testi legislativi UE

  • Il Codice Doganale dell’Unione (CDU (Reg.UE n.952/2013) in vigore dal 1° maggio 2016
  • Regolamento Delegato UE n.2446/2015
  • Regolamento di Esecuzione UE n. 2447/2015
  • Regolamento Delegato UE n.341/2016

e successive modifiche

In base art. 60 del codice doganale si intende che il Paese di origine di un prodotto sia riferito a:

1) merci interamente ottenute e originarie di un Paese

2) Ovvero, in caso di merci ottenute in più Paesi, con riferimento al luogo in cui avviene la trasformazione o la lavorazione sostanziale (art.60, 2°c CDU) ed economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione.

A tale proposito la Corte di Giustizia in una sentenza pubblicata nel 1977 (n.49/76) ha precisato che «bisogna considerare il luogo in cui avviene l’ultima trasformazione sostanziale solo nell’ipotesi in cui il prodotto che ne risulta, abbia composizione e proprietà specifiche non possedute prima di essere sottoposto a tale trasformazione o lavorazione»

Si tratta in tal caso della c.d. «origine non preferenziale»

Questo è un criterio molto incerto. Per questo si fa ricorso alla:

3) informazione vincolante in materia di origine (c.d. IU.V.O.)

L’imprenditore può infatti chiedere alla Agenzia delle Dogane di dichiarare l’origine del prodotto

Una volta ottenuta la dichiarazione, questa è vincolante.

NORMATIVA NAZIONALE

Il marchio Made in Italy è tutelato dalla Legge 80/2005.

La norma dispone che tale Marchio possa essere applicato quando il prodotto è realizzato interamente in Italia o, nel caso in cui sia realizzato in parte in Italia e in parte altrove, secondo il criterio dell’origine doganale non preferenziale.

Si tratta di un principio che risale agli accordi presi in sede di Organizzazione Mondiale del Commercio riaffermato nella Finanziaria 2004. (L.350/2003)

Essa stabilisce che l’uso improprio del marchio è sanzionato penalmente in base all’art 517 del Codice Penale (segni mendaci).

Per leggere l’articolo completo clicca qui

 

Il mercato del Lusso:le previsioni per il 2020

Il mercato dei beni di lusso nel 2019 cresce del 4% e raggiunge i 281 miliardi di euro.

I consumatori di domani ridisegnano le dinamiche del mercato; i brand devono innovare costantemente per rimanere rilevanti.

Profumi, cosmetici, abbigliamento gioielleria, orologeria e accessori, ma anche opere di design fanno parte della top list di 380 milioni di consumatori che oggi, nel complesso, spendono 915 mld di dollari (di cui circa 330 mld di lusso personale e circa 585 mld di lusso esperienziale). Secondo il monitor altagamma sui mercati mondiali, il mercato globale raggiungerà nel 2024  €1.260 mld con un tasso costante di crescita del 6%.

“Cina” e “Millennial State of Mind” sono le parole chiave dell’incremento di un mercato in salute, che cresce ad un tasso medio annuo del 4-5%. Tra due anni il lusso conterà ben 440 milioni di consumatori: una crescita guidata prevalentemente dai consumatori cosiddetti “core” (che spendono in media 10.000 € annui in lusso personale ed esperienziale, auto escluse). I mercati trainanti? Saranno Usa, Cina, Europa e Medio oriente. Ma attenzione: dietro ai numeri ci sono dei trend da analizzare più nel dettaglio.

A fronte della buona crescita, i ricercatori mettono in evidenza la presenza di circa 1 milione di “disaffezionati” che dichiarano di voler ridurre invece drasticamente la propria spesa sul mercato d’élite relativamente al lusso personale (profumi, cosmetici, abbigliamento), preservando invece il lusso esperienziale soprattutto in termine di design d’arredo e viaggi.

Si tratta principalmente di consumatori del lusso francesi, italiani, giapponesi e statunitensi, i cui acquisti dipendono strettamente dalle visite in store, dall’interazione con lo staff e dalla qualità e artigianalità dei prodotti, considerate peculiarità imprescindibili per l’acquisto. Attenzione, dicono gli analisti: è necessario scongiurare la dipartita di questo tipo di clienti, per evitare una perdita stimata in circa 4 miliardi di euro. (fonte: “true luxury global consumer insight” – boston consulting group 2018).

Le previsioni per il 2020

Positive anche le stime per il 2020 del mercato del Personal Luxury, con alcuni campioni di crescita: i consumatori cinesi (+10%), la pelletteria (+6%) e il canale di vendita digitale (+13%). La marginalità delle imprese di alta gamma stimata, grazie alle straordinarie performance dei grandi conglomerati, è prevista in crescita del 4,5%. Nonostante il perdurare di alcuni elementi negativi esogeni (tensione commerciale tra USA e Cina, situazione a Hong Kong e fragilità dell’Europa), la dinamicità del comparto dell’alto di gamma e l’ampliamento della base dei consumatori garantiscono la buona salute del settore.

ARTICOLO COMPLETO?

SU AZ FRANCHISING – CLICCA QUI

Primadonna supporta la ricerca della cura al Coronavirus

Credere nel valore delle persone e supportare concretamente la Ricerca è, oggi più che mai, nostro dovere etico, imprenditoriale ed umano.

Proprio mentre tutto sembra fermarsi è fondamentale andare avanti, con fiducia e concretezza, per non subire il momento ma contribuire a trovare una soluzione per superarlo.
Per questo il 14 -15 marzo 1€, su ogni acquisto, online e negli oltre 370 negozi Primadonna Collection,
sarà devoluto all’Ospedale Luigi Sacco di Milano per supportare la ricerca della cura al Coronavirus.
Andare avanti è un atto di coraggio ma soprattutto di rispetto nei confronti della tutela alla salute e al diritto al lavoro delle persone.
Noi di Primadonna Collection ci stringiamo attorno a valori positivi e gesti tangibili per uno slancio costruttivo verso il futuro attraverso la partecipazione concreta al presente.
Dobbiamo credere fermamente che tutto andrà per il meglio e con fiducia nella Ricerca Medica contribuire insieme a trovare una soluzione per tornare presto alla normalità.
Il domani riparte dalla nostra voglia di non mollare oggi.
Vicini alla ricerca, alle persone e con fiducia nel domani, sempre.

Noi di Primadonna ci siamo. Non ci fermiamo

Anytime Fitness: il franchising del fitness in tutti i continenti

Anytime Fitness franchising è presente in 37 paesi, con oltre 4.500 centri aperti e più di 4 milioni di iscritti nel mondo

Intervista a Roberto Ronchi, Coo – Chief Operating Officer di Anytime Fitness

Anytime Fitness nasce nel 2002 in USA dalla felice intuizione dei consulenti Chuck Runyon e Dave Mortensen, che hanno concepito un nuovo modo di intendere la palestra: non un centro di lusso, né una catena low cost, ma un fitness club unico nel suo genere, caratterizzato da aperture no-stop e da servizi di alta qualità offerti con un ottimo rapporto qualità-prezzo.

Anytime fitness è una palestra aperta a tutti, sempre, senza distinzioni di genere o età: un club moderno, accogliente ed elegante in grado di rendere piacevole l’allenamento, indipendentemente dallo status dei suoi iscritti. Un modello innovativo che ha rivoluzionato il mercato: oggi Anytime Fitness è l’unico franchising operativo in tutti i continenti ed è la catena del fitness che cresce più velocemente al mondo, con la media di una nuova palestra aperta ogni giorno. Abbiamo intervistato Roberto Ronchi, Coo – Chief Operating Officer.

Quali sono i paesi in cui è presente il marchio Anytime Fitness? Quanti affiliati?

“Anytime Fitness è presente in 37 paesi, con oltre 4.500 centri aperti e più di 4 milioni di iscritti nel mondo. Oltre all’impressionante espansione globale che non sembra destinata a fermarsi, anche lo sviluppo sul territorio nazionale prevede per il 2020 una forte crescita. Ad oggi in Italia sono attivi 19 club distribuiti tra Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Lazio.  Il piano di espansione prevede di raggiungere 50 nuove aperture entro la fine del 2020, con già 10 nuove palestre programmate per il primo trimestre dell’anno. La ricerca di potenziali affiliati per location già acquisite è attiva nella maggior parte delle regioni della penisola”.

Su quale concetto è basato il formato aziendale?

“Anytime Fitness offre l’opportunità di avviare un business redditizio che non rappresenta per l’imprenditore un impegno totalizzante e gli permette di continuare a coltivare i propri interessi. Riusciamo ad essere sempre al passo con i tempi e ad anticipare i bisogni del mercato, instaurando un rapporto di grande fiducia con il franchisee, cui offriamo un sostegno continuo, prima durante e dopo l’apertura della palestra. Il progetto si attesta come affidabile ed efficiente con un ritorno sull’investimento che rappresenta certamente uno dei punti di forza del nostro modello di business. Offriamo al mercato un prodotto che assicura una competitività tra le più interessanti che si possono trovare sul panorama italiano ed il success rate a livello mondiale è pari al 96%. Stabilità finanziaria, tasso di crescita elevato e solidità del network rappresentano sostanzialmente le principali caratteristiche che rendono quello di Anytime Fitness una vera opportunità per il futuro, un format di business ad altro rendimento e rischio contenuto”. 

Cosa rappresenta Anytime Fitness oggi nel mercato aziendale? e il franchising?

“In un mercato fortemente frammentato come quello italiano del fitness, noi puntiamo a diventare il primo marchio in franchising del settore già nei prossimi 2-3 anni.  L’obiettivo è offrire agli affiliati l’opportunità di avviare un’attività stabile e redditizia, adatta sia per il proprio futuro che per quello della propria famiglia attraverso un supporto ed un’assistenza a 360 gradi”.

Esiste una connessione tra salute e fitness nella vostra missione?

“La risposta a questa domanda è contenuta nel nostro claim che a livello globale recita così: “Anytime Fitness, let’s make healthy happen”. Il nostro format di business vuole migliorare la vita di chi ne entra e far parte ed i nostri centri hanno come priorità quella del raggiungimento del benessere psico-fisico dei propri iscritti. Il nostro target è rappresentato da donne e uomini di tutte le età che ricercano nella palestra la loro ricarica, anche sotto il punto di vista psicologico. L’etica del benessere, della salute e del movimento sono senza dubbio le linee-guida della nostra strategia aziendale”.

Che tipo di affiliato state cercando?

La nostra offerta di affiliazione si rivolge ad imprenditori (non necessariamente con esperienze specifiche nel settore del fitness), manager o professionisti che vogliano avviare in prima persona – o in società – un nuovo business e che siano interessati ad investire in un’attività stabile e redditizia”. 

Perché Anytime Fitness differisce dalle altre palestre? Qual è la peculiarità dei tuoi prodotti/servizi e quali sono le ragioni del loro successo?

“Sono numerosi i fattori che rendono uniche le palestre Anytime Fitness e che hanno già conquistato oltre 4 milioni di persone nel mondo. Le nostre palestre sono accessibili 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno, così da soddisfare le esigenze di qualsiasi tipo di utente.Grazie a una chiavetta magnetica che il cliente riceve al momento dell’iscrizione, è infatti possibile accedervi in qualsiasi parte del mondo ed in qualunque momento.Non solo: i club Anytime Fitness sono particolarmente apprezzati per il design moderno ed elegante, i servizi all’avanguardia, gli avanzati sistemi di sicurezza con video-sorveglianza attiva h24 ed i macchinari di ultima generazione che rendono la fitness experience ancora più interattiva e coinvolgente. Anytime Fitness è la palestra per tutti, sempre.  I nostri club sono pensati affinché tutti, ad ogni età, possano trovare la risposta più efficace all’allenamento di cui hanno bisogno.I corsi spaziano dal mondo aerobico a quello anaerobico e l’area funzionale è equipaggiata con tutto ciò che serve. Oltre alle tradizionali lezioni di gruppo, Anytime Fitness ha introdotto all’interno dei propri club anche il rivoluzionario totem FunXtion: una station che funge da personal trainer virtuale con oltre 1500 esercizi differenti, allenamenti individuali, di gruppo e sfide contro il tempo.  L’App Anytime Fitness, ad uso esclusivo dei soci, permette inoltre di programmare i propri allenamenti e monitorarne le relative performance. Il mondo Anytime Fitness offre servizi di alta qualità a prezzi equilibrati, garantendo ai propri clienti il miglior standard al miglior costo. Si pone infatti come la giusta alternativa tra club chic e pretenziosi e palestre economiche ma eccessivamente affollate”.

© RIPRODUZIONE VIETATA

Gruppo Dedem punta sul 3D: acquisisce Selltek e Prototek

Dedem azienda 100% italiana, dal business delle macchine automatiche per fototessere fino al leisure.

Il Gruppo Dedem continua dunque la sua crescita con l’obiettivo di giungere alla quotazione in borsa.

Innovazione e made in Italy sono gli ingredienti scelti dal Gruppo Dedem – nato in provincia di Roma nel 1962 – per consolidarsi sul mercato e continuare a crescere intercettando il futuro, senza inciampare nella crisi economica che ha colpito la maggior parte dei comparti produttivi.

A gennaio 2019 Dedem ha scelto di scommettere su questo settore, affittando un ramo d’azienda della Selltek Srl, piccola eccellenza italiana nel comparto.

A fine settembre 2019 la scommessa si è completata con l’acquisizione aziendale della stessa azienda. Parallelamente, attraverso la Trust Technology Services Srl, controllata al 100% da Dedem SpA, il Gruppo ha acquisito il ramo d’azienda di Prototek Srl relativo alle attività di prototipazione nell’ambito delle stampanti 3D: affianca così alla commercializzazione delle stampanti 3D anche l’attività di service.

Tali operazioni di acquisizione nel business del 3D valgono al Gruppo Dedem un fatturato annuo di circa € 10 ML, l’assunzione di 20 dipendenti e 9 agenti di commercio a salvaguardia di tutti i posti di lavoro dei rami acquisiti. Accanto allo stabilimento produttivo a Valenza, in provincia di Alessandria, fondato da Selltek, Dedem presto allestirà uno anche in provincia di Roma.

Quest’ultimo consolidamento si colloca a conclusione di un triennio molto intenso per il Gruppo che, nell’ordine, ha registrato un’operazione di management buy-out, l’acquisizione della società Photo Plus, unica competitor italiana nella installazione e gestione di macchine per fototessere, l’avanzamento nel settore del leisure con l’acquisizione dell’azienda Happy Center Service Srl.

Da ottobre 2019, a conclusione del complesso processo di riorganizzazione e razionalizzazione del Gruppo, è operativa anche la fusione in Dedem di MP Group, che ha portato all’interno dell’azienda le attività di assemblaggio e commercializzazione dei kiddie ride, le giostre per piccoli. Il Gruppo continua dunque la sua crescita per linee esterne con un’attesa di ricavi di oltre € 80 ML, un EBITDA di circa € 10 ML ed un numero di dipendenti di circa 500 unità.

Una progressione importante, partendo dai 49 milioni di fatturato nel 2011, 64 milioni nel 2017 e 75 nel 2018. Con l’obiettivo di giungere alla quotazione in borsa nell’arco dei prossimi 24-36 mesi.

@Redazione AZ Franchising

Franchise Expo Paris è posticipato

A causa delle circostanze legate all’epidemia COVID-19 e nel contesto della decisione del governo francese del 29 febbraio 2020 relativa agli incontri pubblici in Francia per contenere la diffusione dell’epidemia COVID-19, Reed Expositions France, organizzatore di Franchise Expo Paris, in accordo con l’Associazione francese di franchising, ha annunciato oggi che l’edizione 2020 dell’evento è stata posticipata a una data successiva, dal 24 al 27 maggio 2020 – Padiglioni 2 e 3 – Porte de Versailles a Parigi – Francia.

Franchise Expo Paris 2020 si svolgerà nello stesso padiglione precedentemente pianificato.

Michel Filzi, presidente di Reed Expositions France, ha dichiarato: “il benessere dei nostri clienti, partner e dipendenti è sempre stata la nostra priorità”.

Contatti :
+33 (0)1 47 56 50 58
serviceclient.franchise@reedexpo.fr