RE/MAX Italia: risultati primo semestre e previsioni 2020 in crescita

27 luglio 2020: Con un fatturato aggregato di 29,45 milioni di euro per il primo semestre 2020 e un fatturato aggregato annuo stimato di 90 milioni, RE/MAX Italia prevede per l’anno in corso, nonostante l’attuale scenario, un incremento del giro d’affari complessivo del 12,5% rispetto al 2019. Andamento crescente anche in ambito di reclutamento, con un +3,5% di nuove agenzie e un +13% di nuovi agenti semestre su semestre, con una previsione di aumento degli affiliati del 20% su base annuale.

Dati in controtendenza rispetto a quanto rilevato dall’Osservatorio Nomisma che nel 2° Rapporto sul mercato immobiliare 2020 preannuncia una contrazione importante delle transazioni immobiliari, a fronte di una significativa battuta d’arresto del primo trimestre a cui si aggiunge la débacle del secondo trimestre. “L’insorgenza della pandemia, con le misure di contenimento che ne sono scaturite, ha stravolto il quadro di diffuso miglioramento che si stava delineando. Il cambiamento è stato repentino, con l’indice di performance del comparto ritornato in territorio negativo per effetto di un allungamento dei tempi di vendita e di una riduzione di compravendite e prezzi”, dichiara infatti Nomisma, che confida nella propensione all’investimento immobiliare come fattore di salvaguardia di un tracollo che, secondo i modelli previsionali, parrebbe inevitabile. Previsioni basate su fatti incontrovertibili come la riduzione drastica del PIL, la deflazione, l’occupazione in calo.

Quali, dunque, i fattori che determinano il sentiment positivo di RE/MAX Italia?

A rispondere Dario Castiglia, CEO & Founder della filiale italiana del più grande gruppo immobiliare in franchising. “A gennaio/febbraio abbiamo iniziato l’anno sull’onda del successo del 2019. Con il lockdown e la chiusura delle nostre agenzie, abbiamo da subito registrato una battuta d’arresto importante, anche se proseguendo parte dell’attività in smart working nei mesi di marzo e aprile abbiamo messo a spegno un -50% rispetto all’anno precedente”, spiega Castiglia. “Sicuramente un risultato negativo, che si può tuttavia considerare positivo se valutato nello specifico contesto della situazione in cui ci siamo trovati ad operare”. L’attività del network di RE/MAX Italia, infatti, non si è mai interrotta sfruttando il periodo di massima emergenza per il recruitment e la formazione della rete. “Il 4 maggio, anche grazie alle nostre iniziative di sensibilizzazione, siamo stati tra le prime attività a tornare operative, portando a compimento trattative già in progress”. Buoni quindi i risultati conseguiti da RE/MAX nel mese di maggio, di gran lunga superati da quelli messi a segno a giugno, che ha battuto, anche se di poco, gli esiti già positivi di giugno 2019.

Andamento positivo foriero di prossimi acquisti/vendite anche per 24MAX, società di mediazione creditizia del Gruppo RE/MAX, che nel primo semestre ha messo a segno una crescita di oltre il 50% del volume di mutui raccolti ed erogati rispetto al totale dell’intero 2019, per un valore complessivo di 90 Milioni di euro. Un’effervescenza in linea con il trend positivo registrato dal Barometro CRIF che a giugno segnala un aumento delle richieste di mutui immobiliari da parte delle famiglie italiane del 13,3% rispetto al corrispondente mese del 2019.

Quali dunque i key point su cui si basano le previsioni ottimistiche di RE/MAX per il 2020?

Lo scenario attuale – prosegue Castiglia – fotografa un mercato immobiliare in fermento. Il mattone, da sempre considerato dagli italiani un bene rifugio, sarà sicuramente un catalizzatore della liquidità. Trend rafforzato dai bassi tassi e da condizioni favorevoli del mercato. La domanda si sta orientando verso piccoli tagli prediletti come investimento e tri- e quadrilocali per famiglie che manifestano la necessità di spazi abitativi più confortevoli”. Qui entra in gioco il ruolo sempre più fondamentale degli agenti immobiliari percepiti dai consumatori non più solo come professionisti a cui affidarsi, ma anche come facilitatori del processo di vendita/acquisto a fronte delle attuali normative in fatto di distanziamento sociale.

Tra gli asset del gruppo immobiliare in franchising, infatti, la customer experience abbinata alla tecnologia. Durante il lockdown RE/MAX Italia ha accelerato il processo di digitalizzazione già in corso, dotando la rete di strumenti tecnologici che agevolano la relazione col cliente in tutte le fasi della trattativa: da un primo screening delle proposte attraverso i virtual tour fino alla firma grafometrica. “La forza del nostro network è il network stesso. I nostri affilati collaborano sinergicamente tra loro, sono molto intraprendenti e propensi ad abbracciare le nuove modalità di comunicazione come i video in 3D fortemente realistici ed emozionali. Inoltre, offrono ai clienti consulenza altamente professionale, trasparenza e un carnet di proposte molto ampio. Altro plus esclusivo, l’attività svolta dal nostro Centro Studi che mette a disposizione del network un overview del mercato in tempo reale, con focus puntuali sull’andamento dei prezzi e sulle tendenze delle diverse aree geografiche e dei desiderata di venditori e compratori”.

Secondo RE/MAX Italia, dunque, a fronte di una complessiva contrazione del mercato immobiliare, ci sarà una maggiore percentuale di clienti che si affideranno agli agenti immobiliari altamente skillati, professionali e dotati delle ultime tecnologie per gestire le compravendite con agilità e in massima sicurezza. Una visione confermata anche da Nomisma che registra un aumento del 24% di richieste di consulenza e valutazione in tema di transazioni, riconoscendo l’importanza degli agenti immobiliari quali facilitatori nel processo di selezione e attori protagonisti di tutta la filiera.

 

Cosa cambia nei contratti per il futuro

E’ consigliabile che gli imprenditori per il futuro rivedano i propri modelli contrattuali perché l’emergenza sanitaria ha determinato nuovi scenari

*Avvocato Alessandra Sonnati – Frignani Virano e Associati Studio Legale

La crisi determinata dall’epidemia da COVID-19 e le misure restrittive poste in essere dal Governo per limitare i contagi hanno causato grandi difficoltà alle parti, che si sono trovate nella condizione di non poter adempiere ai propri obblighi contrattuali. A ciò si aggiunga che alcuni contratti non contenevano clausole idonee a garantire adeguata protezione rispetto a questa specifica situazione (d’altronde fino a qualche mese fa difficilmente prevedibile), con il rischio per le parti di dover far fronte, nei prossimi mesi, a richieste di risarcimento danni e/o di risoluzione.

Per i contratti che verranno conclusi nell’immediato futuro diventa quindi indispensabile prevedere apposite clausole per limitare le conseguenze derivanti dal possibile protrarsi dell’epidemia o nel caso in cui vengano reintrodotte nuove misure restrittive.
Quanto precede sia con riferimento ai contratti di franchising ma anche ai contratti con i fornitori di prodotti e servizi, ai contratti di locazione e così via.

Qui di seguito abbiamo riportato una casistica esemplificativa di situazioni e possibili rimedi, che, a seconda del tipo di contratto, potrebbero essere presi in considerazione per disciplinare le difficoltà e gli impedimenti che le parti potrebbero dover nuovamente fronteggiare e le loro conseguenze.

Posto che è molto probabile che nei prossimi mesi dovremo convivere con il virus e che non è pertanto possibile escludere il verificarsi di nuovi picchi, con conseguente reintroduzione di misure restrittive atte a limitarne l’innalzamento, diventa in primo luogo essenziale definire chiaramente i diritti e gli obblighi delle parti nel caso in cui una o entrambe le parti siano costrette a sospendere, in tutto o parzialmente, la propria attività.

Occorrerà inoltre verificare che le clausole di forza maggiore eventualmente presenti nei contratti attuali includano eventi quali pandemie e epidemie così come ordini delle Autorità. Ad esempio la Camera di Commercio Internazionale (ICC) nel mese di marzo 2020 ha aggiornato le clausole standard di forza maggiore sostituendole con una nuova versione (anche se va detto che per i contratti conclusi durante e dopo l’insorgere dell’attuale emergenza è dubbio se la parte che omette o ritarda la prestazione possa invocare l’epidemia da COVID-19 come causa esimente, considerato che oggi la circostanza è ben nota alle parti, le quali assumono i rispettivi impegni consapevoli dei possibili rischi).

Consigliabile sarà poi disciplinare contrattualmente quali sono i rimedi disponibili alle parti, sia nel caso in cui una parte fosse impossibilitata ad adempiere alla propria prestazione, sia nel caso in cui la prestazione diventasse più difficoltosa od onerosa. Così ad esempio sarà opportuno valutare, a seconda del tipo di contratto, se la soluzione più adeguata sia la risoluzione immediata del contratto oppure -soprattutto per i contratti di durata, dove maggiore è l’interesse delle parti a conservare la relazione contrattuale – se prevedere la risoluzione solo dopo che è trascorso un certo periodo di tempo.

Altrettanto opportuno sarà valutare di inserire dei meccanismi che consentano alle parti di rivedere temporaneamente alcuni dei termini e delle condizioni contrattuali, definendo la procedura da seguire e indicando dei parametri predefiniti cui attenersi (ad esempio per la revisione o la dilazione dei corrispettivi).
In conclusione, è consigliabile che gli imprenditori per il futuro rivedano i propri modelli contrattuali, non potendo ad oggi prevedere quali saranno gli scenari che si presenteranno.

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Il gruppo spagnolo Restalia scommette sull’Italia

Investimenti, nuove aperture, creazione di nuovi posti di lavoro, attenzione alla sicurezza e rafforzamento del delivery per i brand 100 Montaditos e TGB (The Good Burger)

Il Gruppo Restalia, 800 punti vendita nel mondo, dei quali 36 nel nostro paese, scommette sulla ripresa del settore e annuncia una serie di misure straordinarie dedicate al mercato italiano. L’obiettivo del Gruppo è quello di aprire 10 nuovi ristoranti in Italia entro la fine del 2021, generando più di 100 posti di lavoro.

Il settore della ristorazione è stato duramente colpito dal COVID-19 e l’Italia registra una significativa riduzione delle attività di bar ristoranti e pizzerie. Per la riattivazione del settore, il Gruppo Restalia ha lanciato un programma pensato per tutti quegli imprenditori che vogliano far parte di un’azienda leader, con condizioni uniche e durante un tempo limitato.

Restalia lancia il programma Self Employment

“Durante i mesi di lockdown – dichiara Enrique Lasso de la Vega, Direttore Sviluppo Internazionale del Gruppo Restalia – i nostri franchisee hanno potuto beneficiare di un abbuono del 100% delle royalties e di un servizio di assistenza 24 ore su 24. Oggi siamo pronti a fare di più. Siamo sicuri che l’Italia riprenderà presto le sue attività per il tempo libero e il settore della ristorazione tornerà ad essere trainante per l’economia del paese; è responsabilità delle aziende favorire la ripresa del settore. Per questa nuova fase, con una nuova campagna fino al 30 settembre, Restalia fa la sua parte per la ripresa dell’economia e del business e stabilisce condizioni speciali per gli imprenditori lanciando Self Employment:

  • fee d’ingresso ridotte 29.000€ una tantum per facilitare l’ingresso
  • royalties fisse a partire da 1.500€ (per poter aiutare nelle fasi di lancio con costi fissi ridotti)
  • investimento per l’adeguamento dei locali a partire da 150.000€
  • accordi quadro per finanziare macchinari e arredi

I nostri brand, 100 Montaditos e TGB, sono forti e molto amati in Italia, paese nel quale da sempre è apprezzata la qualità al giusto prezzo proposta dalle nostre insegne; con questa nuova campagna puntiamo ad aprire 10 nuovi punti vendita in Italia entro il 2021 generando quindi oltre 100 posti di lavoro”.

Ripartire in sicurezza

Ripartire in sicurezza è la mission del gruppo ed in questo senso il format “Zero Contatti” che caratterizza il modello di business di Restalia si rivela vincente. Nei locali TGB e 100M i contatti sono molto limitati: non c’è servizio al tavolo, la maggior parte dei prodotti viene consumata senza bisogno di posate, i clienti vengono chiamati tramite il sistema di comunicazione al pubblico, molti prodotti non vengono manipolati nei locali perché preparati alla fonte, eliminando così qualsiasi tipo di agente patogeno, c’è un’alta rotazione dei tavoli che elimina le code nei locali; inoltre sono previste zone dedicate per la consegna dei prodotti senza contatto.
In questa fase delicata il format “Zero Contatti” è stato rafforzato con una serie di altre misure: piani di emergenza, misure di informazione e attrezzature di disinfezione, controlli sanitari e formazione per il personale, controlli di capacità e di distanza sociale, strumenti digitali, una zona a contatto zero da asporto, oltre all’aumento delle misure di pulizia e disinfezione ordinarie.

Rafforzamento del delivery

Una delle azioni che Restalia si prepara a intraprendere in Italia per sostenere i suoi franchisee è il rafforzamento del delivery, settore che si è rivelato strategico durante il lockdown e che ormai rappresenta una modalità di consumo complementare a quella dei pasti nei locali. Il gruppo sta lavorando per intensificare la presenza in questo canale di vendita e distribuzione, anche attraverso lanci di nuovi prodotti dedicati al delivery.

Dirottare gli sforzi economici sulla valorizzazione del marchio Italia

Intervista al Presidente di Confimprese Mario Resca sulla ripresa del settore della ristorazione

Siamo di fronte a un cambiamento che per i prossimi mesi, si annuncia molto profondo. “Per guidare le vendite sarà necessario pensare a nuove modalità di interazione del consumatore – afferma Mario Resca, Presidente Confimprese – con il canale fisico e online, come l’organizzazione di punti vendita, e-commerce e food delivery. Il canale digitale si conferma quindi un elemento fondamentale per continuare a sostenere il business e la customer relationship. Se già nella prima fase dell’emergenza l’online ha avuto davanti a sé una strada libera da intralci, sembra che anche per quelle successive possa continuare a mantenere un livello alto nelle abitudini di acquisto dei consumatori. Ci troveremo a fare i conti con un mercato sostanzialmente diverso e solo gli operatori che sapranno cogliere rapidamente e cavalcare i cambiamenti potranno uscire indenni, ove non anche rafforzati, da questa crisi. Per cogliere appieno tali opportunità, saranno necessari investimenti su cui si auspica un concreto supporto da parte del governo”.

La ristorazione è sicuramente uno dei settori più colpiti in questo momento di emergenza. Quali sono le imminenti sfide per il futuro del settore?

“Il primo dato da sottolineare è che il food&beverage (ristorazione servita, quick service e bar) ha registrato nel mese di marzo una caduta del 77% secondo i dati dell’Osservatorio Confimprese-EY diffusi a fine aprile. Prevediamo che in tutta Italia il 30% dei negozi non riuscirà più ad aprire. Nel tempo spariranno molti retailer, perchè non ce la faranno a sopravvivere. Inutile illudersi che possano svilupparsi nuove aziende commerciali, gli imprenditori non nascono dall’oggi al domani. Le informazioni per la ripartenza sono ad oggi confuse, spesso accompagnate da annunci precipitosi che, da un lato, allarmano e, dall’altro, ci spingono a immaginare scenari nuovi a cui dobbiamo rispondere e reagire cercando di non perdere la passione e il senso di convivialità che da sempre legano cibo e divertimento, la vera arte di vivere la tavola all’italiana. Innegabilmente il pubblico, provato il food delivery e i sistemi di ordine online, dovrà essere rieducato alla socialità e a un rinnovato consumo fuori casa”.

In che modo lo Stato dovrebbe sostenere il settore. Quali sono le giuste misure per la sopravvivenza del settore?

“I decreti governativi per l’emergenza hanno trascurato il commercio. L’errore è stato quello di non avere considerato il commercio parte della filiera turistico-ricettiva: ogni camera cancellata in un hotel è un tavolo in meno in un ristorante e una famiglia o un consumatore in meno che entra in un negozio. Confimprese si è fatta portavoce del grido d’allarme dei suoi 350 brand commerciali che, con i negozi chiusi da oltre due mese, hanno perso il 95% dei fatturati. Abbiamo avanzato le nostre proposte al governo sostenute da una massiccia campagna di comunicazione per promuovere il dialogo sul tema canoni di locazione, in quanto si è creato un corto circuito tra retailer e proprietari immobiliari nei centri commerciali e centri città sui canoni d’affitto, con cui non riusciamo ad avviare un tavolo di lavoro comune. Il Centro Studi Confimprese ha certificato che il 90% delle imprese associate ha revocato i sepa per il pagamento anticipato dei canoni d’affitto per il trimestre aprile-giugno. È inevitabile che si creino tensioni con le proprietà immobiliari. Inoltre, auspichiamo che ai proprietari di immobili ad uso commerciale venga concesso, alla riapertura, un credito d’imposta laddove trovino un accordo sulla rinegoziazione dei canoni. Dovranno potere usufruire di benefici fiscali attraverso un meccanismo mirato sia ad evitare la tassazione ordinaria dei canoni non percepiti sia sgravi fiscali proporzionali ai canoni non corrisposti. Quanto ai retailer è necessario che si riconosca il credito d’imposta rivisto dall’art. 65 del Cura Italia estendendolo a tutte le tipologie contrattuali e categorie catastali e alle attività che pur non essendo state chiuse, in quanto ritenute essenziali, hanno subìto comunque gli effetti negativi della crisi economica, registrando un drastico calo del fatturato anche in questa seconda fase. Questa la principale richiesta che Confimprese ha presentato alle istituzioni. Tuttavia, ritenendo che il Cura Italia non abbia preso sufficientemente in considerazione il commercio, l’Associazione ha chiesto di riconoscere i seguenti punti:

  1. ridurre le rate di acconto dell’Irpef e delle relative addizionali, dell’Ires e dell’Irap dovute per il periodo d’imposta in corso;
  2. riconoscere le conseguenze del Covid-19 come causa di forza maggiore;
  3. prorogare la lotteria degli scontrini al 1 gennaio 2021;
  4. abbattere le commissioni per gli incassi tramite Pos”.

Quali potrebbero essere le strategie economiche da adottare per rimettersi in marcia?

“La mission di Confimprese è chiara: vogliamo continuare a essere il veicolo del successo del made in Italy, dall’alimentare alla moda, puntiamo a difendere e a qualificare ancora di più i nostri marchi, vogliamo valorizzare competenze, esperienze e cultura del nostro tessuto economico. Puntiamo a sviluppare le nostre attività ponendo sempre al centro delle nostre strategie il cliente che deve essere attirato dalla qualità e affidabilità dei prodotti italiani. Vogliamo aiutare le nostre imprese ad accettare e a vincere le sfide dell’internazionalizzazione, dobbiamo conquistare spazio, fatturato e mercati fuori dai nostri confini. Ma in questo momento non abbiamo più alcuna certezza, perché resta da capire quanto può ancora reggere il commercio nel nostro Paese. Detto questo, sono fermamente convinto che quando saremo fuori dalla crisi, assisteremo a una straordinaria ripresa del made in Italy. In primo luogo perché negli italiani si è risvegliato un senso di patriottismo come non si vedeva da settant’anni. Tutti noi saremo sollecitati a comprare i prodotti della nostra terra e delle nostre aziende manifatturiere. I Paesi stranieri – tutti, senza alcuna eccezione – sono da sempre affamati di made in Italy, abbiamo prodotti iconici che tutto il mondo ci invidia. Si dovrà lavorare lungo tutta la filiera per tornare a produrre ciò che ci ha reso unici nel panorama industriale e commerciale nel mondo e dirottare gli sforzi economici sulla valorizzazione del marchio Italia”.

@Redazione AZ Franchising

 

Nike House of Innovation: al primo posto la soddisfazione del cliente

Il caso Nike House of Innovation – a New York negli U.S.A. è un esempio di grande integrazione tra esperienza di acquisto digitale e fisica, la sfida sarà mantenere nel tempo gli elevati standard di experience e la funzionalità dei servizi offerti

di Fabrizio Valente, Fondatore e Amministratore di Kiki Lab – Ebeltoft Italy

Il superbrand Nike è stato uno dei primi a credere nel retail monomarca come canale di relazione diretta con i clienti, dove poter esprimere il brand ai massimi livelli. In una metropoli iconica come New York ha aperto negli ultimi anni vari flagship, spostando sempre un po’ più avanti la frontiera dell’innovazione. L’ultimo aperto a fine 2018 è innanzitutto il più grande, con una superficie di 6.300 mq disposti su 7 piani che si affacciano nella parte elegante della 5th Avenue. Inoltre è quello che integra nel modo più avanzato l’online e l’offline.

Omni experience

Il negozio è integrato con l’ecommerce: i clienti possono prenotare prodotti tramite l’app e ritirarli negli armadietti digitali dello Speed Shop, nel piano interrato. Quest’area è anche dedicata all’acquisto veloce, poiché propone una piccola selezione dei prodotti con più like sulla app Nike (2 o 3 per ognuna delle 12 categorie) oltre a una piccola vetrina dedicata alle novità più trendy. I clienti membri del club Nike+ hanno la possibilità di esplorare il negozio, scegliere i prodotti da acquistare e farli depositare in custodia nei Nike Lockers per portarli via in un secondo momento.

Brand intensity

Le grandi dimensioni del negozio consentono al brand di esprimersi al massimo, anche grazie alle ambientazioni curate e stimolanti. L’ingresso è spettacolare, con due grandi megaschermi e grandi pareti finestrate che mostrano dall’interno la dinamica vita newyorkchese. Il piano d’ingresso è dedicato alla Nike Arena, con il Service Desk per poter chiedere qualsiasi informazione al team Nike: consigli, la possibilità di fissare appuntamenti con i Nike Experts che operano all’ultimo piano e con il laboratorio per la personalizzazione delle sneaker, che i clienti realizzano dopo ave messo a punto il proprio progetto insieme all’esperto Nike. Si personalizzano gli accessori come i lacci e lo swoosh (logo di Nike), e si possono decorare le sneaker con speciali pennarelli indelebili. Il primo piano è dedicato all’assortimento donna, il secondo all’uomo e il terzo alle sneaker, con l’assortimento più grande al mondo, che include anche prodotti venduti in esclusiva nel flagship, ed è comunque selezionato in base alle preferenze dei clienti di Manhattan, verificate con i numeri degli acquisti online. Un piano che dedica grande spazio ai nuovi lanci, come quello dei modelli LeBrons (star dell’NBA di basket) e AirForce1.

Servizio 360°

Come per tutti i grandi brand, in particolare negli Stati Uniti, anche per Nike la soddisfazione del cliente è sempre al primo posto. Gli acquisti sono protetti da una generosa politica di reso valida 30 giorni con la formula ‘No questions asked’. Per i clienti Nike+ con poco tempo a disposizione il negozio offre l’app con il Nike Scan per scansionare i prodotti da comprare e l’instant check-out, un processo di self check-out con pagamento in modalità self. Ogni piano ha un corner di Pick-up Point dove i clienti ritirano i prodotti che hanno selezionato con l’app, leggendo i barcode dei prodotti presenti sui manichini o esposti. In alternativa, i prodotti possono essere inviati direttamente in un camerino per la prova. Per gli acquisti online e via app di sneaker è possibile poi andare allo Sneaker Bar, dove le referenze sono ‘archiviate’ con grandi pareti mobili in stile biblioteca, per velocizzare il ritiro dei prodotti e ottimizzare gli spazi.

Il flagship coinvolge i clienti, creando una grande integrazione tra esperienza di acquisto digitale e fisica, la sfida sarà mantenere nel tempo gli elevati standard di experience e la funzionalità dei servizi offerti.

Caso tratto in anteprima dalla ricerca Retail Innovations 15, di Kiki Lab – Ebeltoft Group

Nike House of Innovation – U.S.A., New York

Un flagship spettacolare e multi-esperienziale, ma progettato per poter offrire anche customer journey veloci e funzionali, integrando online e offline

Area chiave

Omni experience

Tendenze complementari

Brand intensity; Servizio 360°

Info chiave

  • Flagship
  • 2018: apertura
  • 6.300 mq
  • 6 piani
  • 2 Nike House of Innovation: NY e Shanghai

Nike retail monomarca

  • 1971: prima apertura
  • 1.200 negozi nel mondo

Gruppo Nike

  • 32,4 mld $ fatturato 2019

Finanza agevolata per lo sviluppo dello smart working

Le domande potranno essere presentate fino al 15 dicembre 2021. L’iniziativa è finanziata con risorse del POR FSE 2014-2020 – ASSE I “Occupazione”, a valere sull’Obiettivo specifico 8.6, Azione 8.6.1.

Dott.ssa Francesca Paleari – Founder & General Manager Obiettivo Sviluppo

Come riportato in una interessantissima analisi di Giampiero Falasca de Il Sole 24 ore, a seguito delle note e tristi problematiche legate alla pandemia del Coronavirus, c’è stato un vero e proprio boom di smart working.

La velocità e la criticità con il quale il sistema produttivo ha dovuto recepire questo strumento, ha evidenziato una grande e pericolosa insidia: le aziende e le persone non erano pronte a gestire correttamente lo smart working.

Riportiamo, citando, che “Il ricorso massiccio al lavoro agile per far fronte all’emergenza coronavirus può rivelarsi una grande opportunità per il mercato del lavoro: le aziende e i lavoratori possono scoprire, infatti, i benefici derivanti da una forma di svolgimento della prestazione di lavoro che mette al centro del rapporto tra le parti la fiducia, come leva per ottenere più produttività ma anche più flessibilità nella gestione del tempo e dello spazio di lavoro.

Tuttavia, il modo necessariamente improvvisato con cui il sistema produttivo si è avvicinato a questo strumento nasconde una forte insidia: le aziende e le persone potrebbero non essere pronte a gestire correttamente lo smart working. Uno dei temi dove questa impreparazione potrebbe emergere in modo più evidente è la gestione dei controlli sul lavoratore”.

Regione Lombardia, cosi come molte altre regioni italiane tra cui in primis Regione Lazio, hanno fin da subito attivato strumenti di finanza agevolata per implementare ed agevolare lo sviluppo dello smart working.

Si tratta di un bando afferente all’Asse Prioritario I – Occupazione, finalizzato alla promozione nelle imprese lombarde dello smart working: un modello organizzativo che consente una maggiore flessibilità per quanto riguarda il luogo e i tempi di lavoro.

Obiettivo è quello di incrementare la produttività e aumentare il benessere di lavoratori e lavoratrici.

L’AVVISO PREVEDE 2 AZIONI DIFFERENTI:

  • Azione A: servizi di consulenza e formazione finalizzati all’adozione di un piano di smart working con relativo accordo aziendale o regolamento aziendale approvato e pubblicizzato nella bacheca e nella intranet aziendale;
  • Azione B: acquisto di “strumenti tecnologici” per l’attuazione del piano di smart working.

Le attività dovranno essere svolte esclusivamente presso sedi operative o di esercizio lombarde.

Le domande potranno essere presentate a partire dal 2 aprile 2020 fino al 15 dicembre 2021. L’iniziativa è finanziata con risorse del POR FSE 2014-2020 – ASSE I “Occupazione”, a valere sull’Obiettivo specifico 8.6, Azione 8.6.1.

La dotazione finanziaria è pari a 4.500.000,00 euro, suddivisi come segue:

  • € 3.000.000,00 destinati alla realizzazione di interventi nell’ambito dell’Azione A – Supporto all’adozione del piano di smart working;
  • € 1.500.000,00 destinati alla realizzazione di interventi nell’ambito dell’Azione B – Supporto all’attuazione del piano di smart working.

Ma chi può partecipare nel dettaglio?

Possono partecipare i soggetti che esercitano attività economica e che intendono adottare e attuare un Piano aziendale di smart working:

– imprese, iscritte al Registro delle Imprese della Camera di Commercio di competenza;

– soggetti in possesso di partita IVA.

Il bando prevede ulteriori requisiti, quali:

  • avere un numero di dipendenti almeno pari a 3
  • non essere già in possesso di un piano di smart working e del relativo accordo aziendale
  • risultare in regola rispetto alla verifica della regolarità contributiva
  • rispettare le previsioni di cui al Regolamento (UE) 1407/2013

– non rientrare nei campi di esclusione di cui all’art. 1 del Reg (UE) 1407/2013.

Per info: Obiettivo Sviluppo.

In sintesi

  • Il Bando prevede 2 azioni differenti:
    • Azione A: servizi di consulenza e formazione finalizzati all’adozione di un piano di smart working con relativo accordo aziendale o regolamento aziendale approvato e pubblicizzato nella bacheca e nella intranet aziendale;
    • Azione B: acquisto di “strumenti tecnologici” per l’attuazione del piano di smart working.
  • Possono partecipare i soggetti che esercitano attività economica e che intendono adottare e attuare un Piano aziendale di smart working:
    • imprese, iscritte al Registro delle Imprese della Camera di Commercio di competenza;
    • soggetti in possesso di partita IVA.

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Che cosa è il real time marketing?

Fa parte degli ultimi trend comunicativi etichettati come non convenzionali

E’ il marketing eseguito “al volo”. Iniziative e cambi di rotta che, sfruttando l’argomento più trattato del momento, attraverso la rete ed i social network, permettono all’azienda di essere reattiva e di rispondere in modo rapido, proattivo e non pianificato, ad eventi e stimoli esterni in tempo reale

di Stefania Giuseppetti

Il nostro mondo frenetico, veloce e spesso indifferente alle necessità del prossimo, si è fermato. Di fronte a tale scenario, caratterizzato dall’emergenza sanitaria mondiale del COVID-19, diversi brand, per essere in sintonia ma soprattutto per contribuire a diffondere le indicazioni e i comportamenti da seguire dettati dai Governi dei Paesi colpiti dalla pandemia, hanno rivoluzionato i loro messaggi pubblicitari. Iniziative e cambi di rotta da non confondersi con l’attuazione di quelle strategie a breve e lungo termine di “crisis management”, attraverso cui si affronta una situazione che rischia di danneggiare la performance e la reputazione aziendale, mettendo in atto varie pratiche che consentono di prevenire, gestire e mitigare le conseguenze negative della crisi.

Iniziative e cambi di rotta che, sfruttando l’argomento più trattato del momento, attraverso la rete ed i social network, permettono all’azienda di essere reattiva e di rispondere in modo rapido, proattivo e non pianificato, ad eventi e stimoli esterni in tempo reale. Il real-time marketing è il marketing eseguito “al volo” e fa parte degli ultimi trend comunicativi etichettati come non convenzionali.

Caratterizzato anche dalla capacità di soddisfare rapidamente una necessità, è in grado di intercettare un bisogno, proponendo una soluzione.

#InsiemePerRipartire è l’hashtag che BMW, con e il suo pilota e brand ambassador Alex Zanardi, ha scelto per promuovere la propria campagna. “Noi ci siamo. Anche a distanza di sicurezza”.

Nessuno poteva esprimere il messaggio di speranza dedicato all’Italia meglio dell’atleta paralimpico, che è stato capace di rialzarsi e ripartire dopo il gravissimo incidente del 2001.

“Ciao gente, so che è un momento difficile, in cui tutti abbiamo dovuto cambiare di molto le nostre abitudini. E i cambiamenti, soprattutto quelli che ti stravolgono la vita, sono sempre difficili da accettare – io ne so qualcosa. Eppure, è proprio nelle difficoltà che la nostra vera forza si svela e lo spirito con cui tanti italiani stanno affrontando questa sfida è coinvolgente. Io voglio anche credere che questa possa essere l’opportunità capace di renderci persone migliori. Per cui, tenendo le dovute distanze, cerchiamo di rimanere uniti per affrontare assieme questa sfida enorme e buttarcela al più presto alle spalle. Dai che ce la facciamo!”.

Cambiamenti come quello di restare a casa, il cui mood #iorestoacasa ha unito l’Italia al resto del mondo. E così BMW continua con l’invito a fermarsi per contribuire ad appiattire la curva dei contagi “Prenditi un po’ di tempo libero. Rimani a casa e stai al sicuro! #FlattenTheCurve” [“Take some time off. Stay at home and keep safe! #FlattenTheCurve” ].

Altra case history, che ha saputo collegare il proprio ruolo sociale al contesto in cui viviamo, è Ceres, marca di birra danese particolarmente attenta alla comunicazione online e offline.

Da “La strada è la casa di Ceres” a “Chi ha paura degli occhi a mandorla ha il cervello a nocciolina. Stasera aperitivo a Chinatown?”, tutta la comunicazione è stata rivoluzionata.

“Stiamo a casa come se fuori ci aspettasse Pasquale il barista a cui dobbiamo dei soldi” oppure “Proposta Ceres: porte chiuse, partire in chiaro e birre aperte” e ancora il post “Io sono solo una birra, e anche se non so niente una cosa la so: è insieme che si vince la paura. Sono fatta apposta per unire le persone. E in questi giorni, stare uniti vuol dire stringerci anche se non possiamo stare allo stesso tavolo, ricordarci che siamo una comunità, e rispettare poche regole. Per proteggere noi stessi e chi amiamo, ma anche quello sconosciuto là in fondo, che è una persona spaventata proprio come noi (magari lasciamogliele due cosine sugli scaffali del super). Quando sarà passata anche questa, io ci sarò per brindare con voi.” A commentare “L’Italia c’è anche a bar chiusi”.

Il consumatore non compra solo il prodotto/servizio ma anche i valori dell’azienda che lo produce.

La responsabilità sociale non è un fenomeno passeggero legato ad una moda culturale, ma qualcosa di permanente che consente al brand di guadagnare in termini di immagine e reputazione agli occhi dei consumatori, i quali, più sensibili a certe tematiche, potrebbero iniziare a preferirne i prodotti/servizi rispetto alla concorrenza.

Il “sociale” diventa un elemento sempre più presente nella vita dell’individuo e sempre di più nelle proposte di consumo.

*** IN EVIDENZA

  • E’ in grado di intercettare un bisogno, proponendo una soluzione.
  • Il consumatore non compra solo il prodotto/servizio ma anche i valori dell’azienda che lo produce.
  • Il “sociale” diventa un elemento sempre più presente nella vita dell’individuo e sempre di più nelle proposte di consumo.

ICO e STO: per la raccolta di capitali

La ICO è una modalità di raccolta di capitali. La STO è un’offerta fatta da una azienda al pubblico ove chi investe riceve un titolo rappresentato da token. Come funzionano e come sono regolate

Avv. Patricia de Masi Taddei Vasoli*

La blockchain può essere definita come un libro mastro memorizzato sul computer, senza un’autorità centrale. Non esiste quindi un soggetto detentore di dati, chiamato a fornire prova di un diritto di proprietà (es. Catasto per i beni immobili) o un’autorità amministrativa (es. Ufficio Anagrafe per i dati personali) dal momento che viene definita come un registro digitale, un protocollo informatico, su tecnologia blockchain ed è una struttura condivisa e immutabile.

La blockchain, proprio a causa della sicurezza che offre e della conseguente fiducia collettiva non basata su relazioni esclusive,  è lo strumento utilizzato per generare unità di valore, che rispecchiano asset tangibili, strumenti di pagamento o di scambio. In generale è nota per il suo utilizzo nella emissione di criptovalute, ma bene si presta anche a varie applicazioni in campo finanziario.

Facciamo qui un breve cenno a due applicazioni particolarmente interessanti nell’ambito della raccolta di capitali, la ICO e la STO.

La ICO (Initial Coin Offering) che cos’è

La ICO (Initial Coin Offering) è una modalità di raccolta di capitali dalla massa degli interlocutori costituita da un’operazione di crowdfunding in forma di moneta legale o di criptovaluta dietro emissione di coin/token, basata su blockchain.

Per alcuni aspetti è simile alla IPO (Offerta Pubblica Iniziale) con la quale le società fanno ingresso in Borsa ed aumentano il loro capitale, quotandosi nel mercato regolamentato, aprendosi ad un pubblico più ampio di investitori.

Tra le diverse operazioni economiche realizzabili tramite blockchin, le ICO costituiscono una modalità digitale di raccolta di risorse finanziarie attraverso la emissione di cryptovalute offerte agli investitori sotto forma di token digitali,  tramite una piattaforma “open source” (es. Ethereum) per  la creazione o lo sviluppo di altre cryptovalute e/o valute aventi corso legale (es. dollaro o euro) sulla base di un rapporto di conversione prestabilito ovvero per collocare capitali in nuovi progetti, di solito start-up.

Come abbiamo detto in cambio del contributo versato gli investitori ricevono token: in sostanza l’investitore versa una certa quantità di valuta e alla scadenza riceverà o nuove cripto emesse sul mercato o diritti spendibili sotto diverse forme, in proporzione all’investimento fatto.

I token digitali possono essere di vario tipo

Prendiamo ad esempio le classificazioni fatte dalla SEC (Stati Uniti) e dalla FINMA (Svizzera): la SEC (Security Exchange Commission) ha suddiviso ciò che non è Coin, inteso come metodo di pagamento, criptovaluta, in Utility token e Security token.

In Svizzera la FINMA (Autorità Federale di vigilanza sui Mercati Finanziari) ha suddiviso in maniera analoga tra Asset token, Utility token e Payment token.

  • Gli Utility token: danno diritto all’utilizzo di alcuni vantaggi sulla piattaforma oppure benefici o servizi;
  • Security token / Asset token: rappresentano il diritto di partecipazione al profitto della piattaforma che li ha emessi;
  • Coins /Payment tokens: comprendono le Courrencies ovvero le Crypto nate come forme di pagamento (es. bitcoin).

L’emissione di Security token è quasi sempre soggetta all’autorizzazione dell’ente nazionale preposto, in quanto appunto “security”, cioè strumento finanziario.

Purtroppo la normativa che disciplina le ICO è diversa da Paese a Paese.

La Svizzera è stata uno dei primi Paesi europei a dare delle direttive attraverso la FINMA.

Tale ente ha assunto un approccio concentrato sulla funzione economica e sula finalità dei token e sulla loro negoziabilità o trasmissibilità ed ha confermato che, in linea generale, i token di pagamento, in quanto tali, siano paragonabili a semplici criptovalute e non debbano essere considerati delle security; altrettanto per quanto concerne gli utility token, se il loro unico scopo è quello di conferire il diritto all’accesso ad un servizio. Al contrario la FINMA ha stabilito che i token di investimento rappresentino dei valori patrimoniali, come quote di valori reali, di aziende, con possibile diritto a dividendi o al pagamento di interessi. In tal caso può essere considerato al pari di un’azione o di una obbligazione o di uno strumento finanziario derivato. FINMA ha confermato che, in caso prefinanziamento e prevendita di token di ICO che conferiscano in futuro diritti di acquisto di token, tali diritti possano anch’essi essere considerati securities. FINMA ha anche considerato i token dal punto di vista delle disposizioni antiriciclaggio. Ciò in particolare nel caso di token di pagamento.

MALTA è stata il primo Paese dell’Unione Europea ad emanare un sistema organico di norme e più precisamente:

Malta Digital Innovation Authority Act” (in breve MDIA Act:
● istituisce Autorità regolatoria dedicata alle nuove tecnologie

“DLT” means a database system in which information is recorded, consensually shared, and synchronised across a network of multiple nodes, or any variations thereof, as further described in the ITAS Act, and the term “node” means a device and data point on a computer network

“Innovative Technology Arrangements and Services Act” (ITAS Act) su:
● certificazione di piattaforme DLT e fornitori servizi
DLT (a) uses a distributed, decentralized, shared and, or replicated ledger;

(b) may be public or private or hybrids thereof; (c) is permissioned or permissionless or hybrids thereof; (d) is immutable; (e) is protected with cryptography; and (f) is auditable

Alcuni Paesi hanno vietato le ICO, (come la Cina), spesso per ragioni di sicurezza, dal momento che le ICO sono state utilizzate anche in caso di vere e proprie truffe.

La STO (Security Token Offering) che cos’è

La STO (Security Token Offering) è invece uno strumento finanziario partecipativo, che si presenta come un’alternativa alla ICO e agli strumenti tradizionali (Borsa ….),  per la raccolta di capitale attraverso criptovalute su piattaforma blockchain.

Si tratta di un’offerta fatta da una azienda al pubblico ove chi investe riceve un titolo rappresentato da token. Anche aziende già affermate, e non solo start up, potranno utilizzare le STO emettendo token digitali in luogo di strumenti azionari, raccogliendo fondi per nuove linee di business. Il rapporto tra le parti è regolato da un contratto che disciplina le regole ed i diritti dell’investitore. Naturalmente le STO sono soggette alle normative relative all’emissione di strumenti finanziari e, pertanto, vi è il controllo da parte delle autorità centrali. I token sono strumenti finanziari rappresentativi di asset class tradizionali, come azioni, obbligazioni, diritti ed obblighi e loro derivati, ovvero di asset class alternativi (crypto asset), che possono essere costituiti da beni reali, virtuali o finanziari. Questi asset vengono inseriti in uno smart contract e digitalizzati attraverso un token che ne garantisce autenticità e la proprietà appunto attraverso l’utilizzo di DLT. Con tale procedura la società rende liquidi i propri asset favorendo l’investimento da parte di soggetti interessati, senza dover ricorrere al sistema bancario. E’ così possibile rivolgersi direttamente agli investitori. Possono rappresentare quote di partecipazione societarie (es diritti di partecipazione alla distribuzione di utili o erogazione di dividendi, oppure essere rappresentativi di titoli di debito (come le obbligazioni). La novità di tale istituto è rappresentata dal fatto che vengano utilizzati distributed ledger (registri distribuiti – blockchain) per mantenere traccia dei dati rilevanti dell’acquirente, delle singole transazioni, dei valori, dei relativi diritti.

Security token in Italia, legge 12/2019

L’emissione di Security token è attività consentita in Italia in seguito all’introduzione nel nostro ordinamento delle tecnologie DLT e Smart Contract con la legge 12/2019 (conversione D.L.135/2018). Più precisamente, con l’art. 8-ter del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135 recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione (c.d. Decreto Semplificazioni), convertito con modificazioni dalla l. 11 febbraio 2019, n. 12, ed entrato in vigore il 15 dicembre 2018, è stata introdotta nel nostro ordinamento una definizione normativa di “tecnologie basate su registri distribuiti” (note come “blockchain”, termine utilizzato nel linguaggio informatico) e di “smart contract”, nonché una regolamentazione degli effetti giuridici relativi all’utilizzo di questi innovativi strumenti. Tale articolo così dispone:

Art. 8 ter: Tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract

  1. Si definiscono «tecnologie basate su registri  distribuiti»  le tecnologie  e  i  protocolli  informatici  che  usano   un   registro condiviso,  distribuito,  replicabile,  accessibile  simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi  crittografiche,  tali  da consentire  la  registrazione,  la   convalida,   l’aggiornamento   e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente  protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non  alterabili  e non modificabili.
  2. Si definisce «smart contract» un programma per elaboratore che opera su tecnologie  basate  su  registri  distribuiti  e  la   cui esecuzione vincola automaticamente due o piu’  parti  sulla  base  di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della  forma  scritta  previa  identificazione  informatica delle parti interessate, attraverso un processo  avente  i  requisiti fissati  dall’Agenzia  per  l’Italia  digitale  con  linee  guida  da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in  vigore  della legge di conversione del presente decreto.
  3. La memorizzazione di un documento informatico attraverso l’uso di tecnologie basate su registri  distribuiti  produce  gli  effetti giuridici della validazione temporale elettronica di cui all’articolo 41 del regolamento (UE) n. 910/2014  del  Parlamento  europeo  e  del Consiglio, del 23 luglio 2014.
  4. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l’Agenzia per l’Italia digitale individua gli standard tecnici che le tecnologie basate su registri distribuiti debbono possedere ai fini della produzione degli  effetti di cui al comma 3. )

Si tratta di una norma particolarmente importante e all’avanguardia, poiché costituisce uno dei primi riconoscimenti normativi, anche a livello europeo, di un fenomeno crescente e sotto certi aspetti problematico, quanto meno dal punto di vista giuridico e sistematico.

*dMTV LEX