Il contratto di franchising negli Stati Uniti

 

Negli Stati Uniti si fa spesso ricorso al contratto di franchising per diffondere e consolidare il proprio marchio.

Teniamo anche presente che questa esigenza è sicuramente molto legata all’ampiezza del territorio con conseguente difficoltà di presenza capillare con punti vendita o realtà proprie. Prima del Covid-19 negli Stati Uniti vi erano circa 2.500 sistemi di franchising che gestivano circa 800.000 realtà in franchising in 300 diversi settori. Queste attività in franchising hanno generato oltre 7 milioni 600.000 posti di lavoro, circa 674 miliardi USD in termini di valore della produzione e il 2,5% del prodotto interno lordo.

Purtroppo, a causa del Covid, nell’agosto 2020, circa 32.700 attività in franchising hanno chiuso e, di queste, 10.875 in maniera definitiva. Il mercato del franchising ha registrato una perdita di 1 milione 400.000 posti di lavoro a causa della pandemia, il 40% dei quali, in maniera definitiva.

LA RIPRESA DOPO LA PANDEMIA

 Il sistema franchising è noto per la sua resilienza e innovazione, ma bisogna capire quanto rapidamente potrà riprendersi al termine della pandemia.

Le dieci più importanti catene di franchising a livello mondiale di trovano negli Stati Uniti (McDonalds, Pizza Hut, KFC, Burger King, …): esse rappresentavano oltre 300 miliardi USD di vendite annuali, con una continua crescita.

Gli interessi dei marchi in franchising negli Stati Uniti sono rappresentati dalla International Franchise Association, con sede a Washington, che è la più grande e più antica organizzazione al mondo nell’ambito del franchising.

PECULRIATIA’ E DIFFERENZE NEL CONTRATTO DI FRANCHISING

Occorre premettere che, sia pure con le caratteristiche comuni, presenti ovunque, il contratto di franchising negli Stati Uniti a volte presenta peculiarità e differenze tra uno Stato e l’altro e che quindi è buona raccomandazione quella di fare una specifica e preventiva verifica delle norme vigenti nel territorio nel quale si intende operare.

Abbiamo detto che la disciplina del contratto di franchising non è uniforme e si differenzia da Stato a Stato e che a volte è assente.

A livello federale l’ente che si occupa di franchising è la Federal Trade Commission e la legge di riferimento è  la FTC Franchise Rule del 2007, denominata “Disclosure Requirements and Prohibition Concerning Franchising”. In generale si tratta di norme a tutela del franchisee.

APRIRE UNA RETE IN FRANCHISING IN USA

La scelta di aprire una rete di franchising, specie in USA, deve essere necessariamente preceduta da un accurato studio di fattibilità, che tenga conto, tra gli altri aspetti, delle caratteristiche del mercato, non certo uniformi, delle abitudini dei potenziali acquirenti dei beni o servizi, delle normative sul lavoro e degli aspetti fiscali, dell’entità dell’investimento necessario, che non è certo di lieve entità.

Per prima cosa è indispensabile che il marchio del franchisor sia registrato e valido negli Stati Uniti.

La FTC richiede che le venga inviata preventivamente l’informativa precontrattuale (Franchise Disclosure Document  – FDD) che soddisfi i requisiti richiesti dalle norme vigenti e dalla FTC Franchise Rule.

15 Stati inoltre richiedono che il franchisor registri il FDD ed altri 7, che si compili un modulo prima di offrire o vendere in franchising in tali Stati.

Gli obblighi di informativa e di registrazione hanno lo scopo di tutelare i franchisee ed i potenziali franchisee.

Il franchisor deve inoltre essere in grado di soddisfare i requisiti della supply chain, intendendo per tale la possibilità di garantire tutti i passaggi relativi agli articoli offerti, dalla produzione alla importazione negli Stati Uniti, nel rispetto delle norme relative ai singoli prodotti ed alle regole di importazione, compresi i costi doganali e di logistica.

Gli elementi che caratterizzano questo tipo di contratto, come sempre, sono:

  • la concessione del marchio da parte del Franchisor a favore del Franchisee per la vendita di beni o servizi;
  • il pagamento di una entry fee a favore del Franchisor;
  • il controllo dell’attività del Franchisee da parte del Franchisor per il raggiungimento di un interesse comune.

È consigliabile, nel caso in cui il titolare del marchio sia un soggetto straniero, che costituisca una società o incarichi un soggetto giuridico nel territorio, con il compito di agire in qualità di master franchising.

In tal caso il master franchisor ha l’incarico di stipulare contratti di sub-franchising con sub-franchisee a livello locale.

In questo caso il primo contratto, tra soggetti appartenenti a Paesi diversi, sarà disciplinato in base alle norme di diritto internazionale privato, mentre il secondo, dalle norme locali.

Qualora il franchisor italiano intenda agire direttamente, potrà farlo, magari avvalendosi di un area representative locale, per lo svolgimento di alcuni compiti specifici, come l’assistenza all’aperura del punto vendita, e nelle fasi di avviamento. 

A volte si fa invece ricorso alla figura dell’area developper franchisee cui viene data l’esclusiva territoriale per l’apertura di punti vendita per beni o servizi.

È utile ricordare che la precisione nella stesura delle clausole contrattuali è sempre importantissima sia per l’esatta qualificazione del contratto, sia per individuare gli oneri a carico delle parti evitando così il più possibile l’insorgere di controversie a livello interpretativo.

Ikea punta sull’usato

di Fabrizio ValenteFounder e amministratore di Kiki Lab (Gruppo Promotica)


Nel 2017 Ikea ha annunciato un progetto coraggioso e ambizioso: convertire la propria attività in chiave di economia circolare entro il 2030, puntando all’utilizzo esclusivo di materiali sostenibili o riciclati e facilitando l’allungamento del ciclo di vita dei prodotti.

Responsible Experience

Seguendo il piano che si sta sviluppando con varie azioni concrete, l’azienda svedese nell’autunno 2020 ha aperto un negozio dell’usato all’interno del centro commerciale svedese Retuna, (di cui abbiamo già parlato in Retail Innovations 12) per la sua particolarità di ospitare solo negozi dell’usato.

Il piccolo negozio, di soli 75 mq, propone piccolo mobilio, come tavoli, sedie, librerie e accessori che vengono riparati e rivenduti. Il negozio dispone di un magazzino, gli addetti valutano i prodotti usati e si occupano di igienizzarli e ripararli per poterli rimettere in vendita a un prezzo scontato.

Oltre che prolungare il ciclo di vita dei prodotti e limitare quindi gli sprechi, il test ha anche l’obiettivo di conoscere meglio atteggiamenti e comportamenti concreti dei clienti nei confronti dell’usato, sia quello che viene dismesso, sia quello che viene acquistato.

Nello stesso tempo, Ikea intende ricoprire un ruolo educativo per i propri clienti, ampliando la sensibilità alla riduzione dell’impatto ambientale a 360° e stimolando quindi la compra-vendita dell’usato.

Commento finale Kiki Lab

Il mercato dell’usato è in fortissima espansione nel mondo, guidato da due driver importanti, che spesso attirano target diversi: prodotti scontati e attenzione per l’ambiente. Anche su questo aspetto in Italia siamo indietro, ma l’impatto sia economico che sulla consapevolezza della sostenibilità può farci riflettere sull’opportunità per i retailer di vari settori di seguire l’esempio di Ikea.

Sfida: espandere a breve il progetto su larga scala e su mercati test più “sfidanti”.

Mapic Cannes – Roberto Zoia fa il punto sul settore dei centri commerciali

Roberto Zoia, presidente del CNCC (Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali), fa il punto sui primi due giorni del Mapic di Cannes, uno degli eventi più importanti del settore commerciale a livello internazionale. Inviamo di seguito la sua dichiarazione, a margine della conferenza “Back to the future”, in cui verranno approfonditi i temi del commercio e del retail fisico, alla luce degli effetti dei complicati mesi caratterizzati dalla pandemia e all’aumento dell’e-commerce.

 

“In un momento di incertezza, dettato anche da un nuovo aumento dei casi di Coronavirus a livello internazionale, l’evento fisico di Mapic a Cannes lancia un segnale di grande ottimismo per il futuro del nostro settore. In questi tre giorni, la comunità italiana che rappresenta l’Industria dei centri commerciali – di cui fanno parte tutti gli stakeholder del nostro comparto -, ha dimostrato una grande partecipazione, confermandosi ancora una volta una presenza di rilievo all’evento. Abbiamo dimostrato unità di intenti sul futuro dei centri commerciali nel nostro Paese e sul percorso che, tutti insieme, vogliamo intraprendere per rendere le nostre strutture sempre più attrattive per le persone e i loro bisogni, da sempre centrali nel nostro business. Dai colloqui avuti con operatori, gestori e proprietari sono emersi risultati molto incoraggianti in termini di vendite fisiche, a dimostrazione che il format di centro commerciale è ancora attuale e d’appeal. Negli ultimi anni stiamo puntando, in particolare, a due fattori chiave: evoluzione e adattamento. Il nostro impegno in tal senso ci ha permesso di incontrare i nuovi bisogni dei nostri clienti, rendendo le strutture sempre più luoghi di destinazione. Questi elementi mi rendono fiducioso sul futuro del nostro comparto e ottimista che il 2022 sarà l’anno in cui riusciremo finalmente a tornare ai livelli pre-pandemia, con uno spirito di innovazione ancora più consapevole”.

Roberto Zoia

Al via la settimana delle Fiere online, il Tessile e il Cases & Bags & Shoes made in Italy sbarcano in Cina

Milano, 26/11/2021

I consumatori cinesi guardano con sempre maggiore attrattiva al made in Italy e il Governo di Pechino organizza da tempo un sistema di azioni per facilitare la nascita di Joint Venture commerciali e produttive tra le aziende italiane e quelle locali sul territorio cinese.

In tale contesto il Department of Commerce of Zhejiang Province, Provincia tra le più ricche del Paese, e la Zhejiang Samexpo Exhibition & Convention, , in collaborazioni con la Livolsi & Partners, organizza due Fiere on line dedicate esplicitamente a due settori manufatturieri d’eccellenza del nostro Paese: “Zhejiang Export Online Fair Italy Textile”, in programma lunedì 29 novembre, e “Zhejiang Export Online Fair Italy Case & Bags & Shoes, che si terrà venerdì 3 dicembre, entrambe dalle 9:00 alle 11:00 (ora italiana). Destinatari delle due iniziative le aziende e i nostri buyer interessati ad avviare una collaborazione commerciale e industriale con le imprese cinesi nei settori Abbigliamento, Accessori, Tessuti per la Casa, Scarpe e Borse. La partecipazione è gratuita, informazioni e link per collegarsi alle manifestazioni sul sito web https://yzt.yifangjia.com.

Alberto Conforti

“Le nostre aziende – afferma Alberto Conforti, managing director e responsabile del “Dipartimento internazionalizzazione” della Livolsi & Partners – guardano a un’economia in crescita come la Cina e il Governo cinese dà impulso a un sistema di facilitazioni per creare partnership commerciali e produttive in loco, utilizzando nuove tecnologie, che sopperiscono all’impossibilità di viaggiare e di avvicinamento tra le persone, ancora condizionate dall’emergenza sanitaria mondiale. La “Zhejiang Online Fair App” è una piattaforma di fiere virtuali online realizzata per le imprese interessate al commercio internazionale. Le funzioni includono stand online, sale espositive con tecnologia VR (Virtual Reality), presentazione dei prodotti, streaming live, possibilità di effettuare ricerche online, chat live e videoconferenze, traduzioni online e altro. “Zhejiang Export Online Fair Italy Textile” “Zhejiang Export Online Fair Italy Case & Bags & Shoes rappresentano un’occasione straordinaria per le nostre eccellenze produttivi perché i consumatori e i produttori cinesi sono appassionati dalla qualità e dallo stile del nostro made in Italy.”

I settori produttivi coinvolti

Abbigliamento: abbigliamento uomo / donna, costume da bagno, abbigliamento per fitness e tempo libero, abbigliamento outdoor, abbigliamento sportivo, uniformi, abbigliamento per neonati e bambini, jeans, abbigliamento da pesca e da caccia, cappelli, guanti, sciarpe, cravatte, calzini, borse, etc.

Accessori: cinture, bottoni, punti, ricami, accessori con diamanti artificiali, nastri, distintivi, bottoni, bordi in
gomma, bottoni, cerniere, perline, pizzi, spalline, etc.

Tessuti per la casa: biancheria da letto, asciugamano da bagno, fodera per cuscino del divano, tovaglia,
panno per tende, etc.

Scarpe: scarpe da spiaggia, scarpe da uomo e da donna alla moda, scarpe sportive e per il tempo libero,
scarpe da pioggia, etc.

Borse: valige, trolley, zaini, sacche, contenitori, astucci, etc.

Progettare il 2021, facendo tesoro del 2020

Il 2020 ha segnato un punto di svolta nella storia mondiale e ha avuto profonde ripercussioni anche sull’atteggiamento dei cittadini e sulla quotidianità del largo consumo. Il magazine online di GS1 Italy ha seguito in diretta l’evolversi della situazione in Italia. E ora offre una sintesi tematica e ragionata dei fatti salienti.

“Il racconto del 2020 è complesso perché concentra avvenimenti complessi. Siamo partiti da una fase in cui i cambiamenti procedevano a ritmo “lento”: competitività e nanismo delle imprese, politica fiscale al centro del dibattito economico, la trasformazione digitale, i consumi stagnanti. Nell’ultimo anno è entrata nell’agenda di molte imprese la sostenibilità e i consumatori hanno premiato i prodotti green, del territorio, responsabili. L’evoluzione dei processi d’acquisto verso l’omnicanalità presenta ancora ostacoli e le criticità non mancano e, nonostante gli investimenti, le imprese italiane non hanno ancora superato la fase di sperimentazione. Poi il Covid shock; il Coronavirus è arrivato a sconvolgere le abitudini degli italiani: lockdown, distanziamento sociale, mascherine e gel igienizzanti nella quotidianità. Ma anche code ai supermercati e consumi azzerati per interi settori: la ristorazione, il Non Food e l’e-commerce che ha avuto invece un vero e proprio boom. Dopo i mesi del lockdown il sistema del largo consumo si accinge a ricostruire un percorso virtuoso, pur sapendo di dovere convivere con una realtà segnata dal virus, cercando di trarre lezioni dalle risposte date durante l’emergenza e affrontando il nuovo panorama competitivo con alcuni paletti ben piantati: collaborazione, sostenibilità, efficienza, trasformazione digitale. Un anno particolarmente difficile che Un Anno di Tendenze si è sforzato di sintetizzare”. 

E’ una dichiarazione di Bruno Aceto CEO GS1 Italy.

“Un anno di Tendenze 2021” ripercorre e rilegge lo scorso anno suddividendolo in tre fasi temporali, molto diverse l’una dall’altra, e individuando per ognuna i fenomeni che l’hanno caratterizzata:

  1. Caos calmo. Competitività e nanismo delle imprese, politica fiscale al centro del dibattito economico, mentre il retail procede “cum judicio” verso la trasformazione digitale. I consumi stagnanti brillano per alcune categorie, ma il Non Food continua a soffrire per l’avanzata del commercio online, grazie a un consumatore per il quale l’esperienza d’acquisto è già omnicanale. Prima dello tsunami.
  2. Covid shock. L’anno orribile del Coronavirus è arrivato a sconvolgere le abitudini degli italiani: lockdown, distanziamento sociale, mascherine e gel igienizzanti nella quotidianità. Ma anche code ai supermercati e consumi azzerati per interi settori: la ristorazione, su tutti, e il Non Food. L’e-commerce ha avuto, invece, un boom inaspettato, con la riscoperta anche del valore della prossimità, ma mettendo in difficoltà la catena di fornitura. Che ha reagito bene.
  3. Next normal. Dopo i mesi del lockdown il sistema del largo consumo si accinge a ricostruire un percorso virtuoso, pur sapendo di dover convivere con una realtà segnata dal virus, cercando di trarre lezioni dalle risposte date durante l’emergenza. E affrontando con rigore il nuovo panorama competitivo dove si delineano con maggiore nitidezza le direttrici da seguire, con alcuni paletti ben piantati: collaborazione, sostenibilità, efficienza, trasformazione digitale.

“Prima, durante, dopo: queste tre parole raccontano in estrema sintesi il periodo che stiamo vivendo. C’era unprima, che proseguiva in continuità rispetto agli anni precedenti. Rileggere adesso le considerazioni, i dibattiti, le previsioni, di un anno fa è quantomeno strano. Ovviamente nessuno avrebbe potuto prevedere quello che è successo e la sua straordinarietà. Poi siamo entrati nel durante, e non ci siamo ancora usciti. Anzi, abbiamo creduto di esserne usciti e invece di durante ce n’era un secondo. Una fortissima discontinuità che ha coinvolto tutti e tutto e ha comportato cambiamenti per tutti. Oggi siamo ancora nel durante, con la speranza di entrare quanto prima nel dopo. Credo, però, che il modo migliore per non sprecare il tempo del durante sia quello di preparare il dopo, non solo aspettarlo. Con la voglia di tornare ad una nuova normalità”, commenta Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy.

 

Original Marines TOP JOB Italy Best Employers 2021 – 2022

Napoli, 12 ottobre 2021.

Original Marines, azienda leader nel settore dell’abbigliamento per bambini, è fra i vincitori del TOP JOB Best Employers 2021 – 2022, il principale studio sui datori di lavoro in Italia basato su oltre 1 milione di commenti sul web, realizzato dall’Istituto tedesco di Qualità ITQF e dal suo media partner La Repubblica Affari & Finanza.

La prestigiosa ricerca, giunta alla quarta edizione, premia i 300 migliori datori di lavoro in Italia attraverso un’analisi effettuata con l’innovativa metodologia del social listening.

In particolare, negli ultimi 12 mesi l’ITQF ha raccolto oltre 1 milione di citazioni on line tra blog, social media, forum, video e portali news, che contengono riferimenti sui 2.000 datori di lavoro oggetto dello studio. Tra i 27 aspetti analizzati rientrano il clima di lavoro, lo sviluppo professionale, le prospettive di crescita, la sostenibilità e i valori aziendali. Grazie all’intelligenza artificiale sono stati controllati tutti i commenti sull’azienda e considerati tono e modo in cui sono stati scritti.

I risultati dello studio, pubblicati su La Repubblica Affari & Finanza, rappresentano fedelmente il giudizio di dipendenti e consumatori che si sono espressi sul web, utilizzato sempre più spesso per raccontare le proprie esperienze lavorative.

 

“Siamo orgogliosi di essere riusciti a ottenere la certificazione Top Job Italy Best Employers – commenta Roberta Francavilla, HR Director di Original MarinesLe aziende sono prima di tutto donne, uomini e idee e l’investimento sulle persone è uno dei pilastri del nostro piano di sviluppo. Ci impegniamo ogni giorno per trasformare queste parole in azioni concrete, per continuare a migliorare e per essere sempre competitivi sul mercato. La qualità del posto di lavoro fa la differenza e un’azienda che crede nelle proprie risorse, come Original Marines, rappresenta un datore di lavoro che crea coesione, engagement e miglioramento continuo”.

 

Per ulteriori informazioni:

Original Marines

Image Building

originalmarines@imagebuilding.it

Tel. 06 68 392 100 – 02 89 011 300

AZ Franchising: maxi-affissioni nell’area cittadina di Milano

 

AZ Franchising è protagonista a partire dalla data odierna una campagna di maxi-affissioni che coinvolge tutta la città di Milano. La campagna, che durerà fino al 28 settembre 2021 ha lo scopo di promuovere i servizi digitali editoriali della testata AZ Franchising dedicati ai franchisor, così favorendo la loro crescita mediante sistemi a rete. 

L’iniziativa prevede la presenza in 3 siti della città ovvero Corso Garibaldi, Alzaia Naviglio Grande e Piazza XXV Aprile, mediante video ed immagini statiche proiettate su maxi-schermi situate nelle principali aree di passaggio pedonale della città.

L’iniziativa, che anticipa la presenza di AZ Franchising al 36° Salone del Franchising di Milano, ha la finalità di dare visibilità ai nuovi servizi della testata AZ Franchising oltre che accrescere la riconoscibilità del brand, protagonista del mondo del franchising italiano ed internazionale dal 1999. 

Simone Roati è il nuovo CFO di Svicom

Simone Roati entra in Svicom con l’incarico di Chief Financial Officer, andando a rafforzare l’organizzazione aziendale in una delle aree più strategiche.

Roati ha consolidato la sua carriera professionale in prestigiose società di consu- lenza quali EY S.p.A., maturando esperienze nel ruolo di Financial Services Manager in primarie società operanti nel settore finanzia- rio. Ha proseguito poi il suo percorso nelle SGR immobiliari divenendo CFO della società Blue SGR S.p.A.

“Con grande entusiasmo, ho deciso di mettere al servizio di Svicom la mia esperienza ed il mio know how. – spiega Simone Roati – In questi primi giorni ho già avuto conferma del dinamismo e dell’elevata professionalità che caratterizzano tutto il team e che, a mio avviso, sono fra i fattori chiave del successo della società nel Retail Real Estate italiano.”

Simone Roati, Chief Financial Officer di Svicom.

A fare gli onori di casa, Letizia Cantini, General Manager di Svicom: “L’arrivo di Simone Roati rappresenta un tassello fondamentale per la crescita dell’azienda in funzione dei nostri piani strategici di sviluppo. La sua esperienza determina un rafforzamento del nostro team in ambito finance, con l’obiettivo di offrire ai nostri Clienti un servizio di consulenza sempre di alto profilo.”

Informazioni su Svicom

Da 25 anni Svicom offre un servizio di consulenza completo e integrato nell’ambito della valorizzazione di immobili commerciali, affermandosi come una delle aziende leader nel Retail Real Estate italiano. La società vanta un portfolio di 100 asset – per una Gla superiore a 1.3 milioni di mq – che include centri e parchi commerciali, stand alone e high street, food hall, immobili logistici e direzionali.

 

Alle attività di Property, Centre Management e Leasing, si affiancano servizi di:  Technical Services, Advisory, Legal Services e Digital Strategies. Svicom è un’azienda in continua evoluzione, in cui passione e pragmatismo sono gli elementi chiave che ne definiscono l’impronta distintiva.

Contatti per la stampa

Gerardo Monferrato
Email: comunicazione@svicom.com Tel. 02 9999 2000

Imprese vittime del covid e della criminalità

di Mirco Comparini – Commercialista – Revisore Legale – Consulente al franchising

 

Che la criminalità organizzata (le c.d. “mafie”) si sia introdotta nell’economia non è una novità. Da decenni i rapporti ufficiali dell’antimafia, le dichiarazioni di magistrati e ministri, ma anche ricerche e indagini specifiche, riportano il collegamento tra economia e mafie, ma anche tra franchising e criminalità. Chi scrive è autore di numerosi interventi sul tema “Franchising & Mafia” pubblicati negli anni a raccolta e assemblaggio di dati ufficiali e notizie di cronaca nazionale.

Con la crisi economica innescata dalla crisi sanitaria, le imprese si sono ulteriormente indebolite e sono diventate facili vittime di un ulteriore aumento di questa infiltrazione.

Già a febbraio 2021 Cerved aveva elaborato alcuni dati per una verifica individuando che effettivamente risultavano essere presenti non pochi “strani” cambi di titolare effettivo effettuati nel corso dell’emergenza sanitaria, con una maggiore incidenza del fenomeno in Campania e in Lazio, mentre i settori più interessati erano l’autonoleggio, la distribuzione carburanti e i giochi e le scommesse.

Non solo, ma già in precedenza la Banca d’Italia aveva fatto osservare che, a causa della pandemia, nel 2020 il numero di segnalazioni di operazioni sospette (SOS) ricevute dalla Uif (Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia) era risultato forte crescita (+7%), con un aumento particolarmente marcato nel secondo semestre dell’anno (+10,3%). La crescita delle operazioni sospette era stata trainata dalle segnalazioni per riciclaggio (+11,1%), che hanno sfiorato quota 60 mila, compensando le minori segnalazioni relative al finanziamento del terrorismo e alla voluntary disclosure.

Un alert di rischio molto forte per la Guardia di Finanza tanto da far predisporre uno specifico progetto di analisi denominato «Imprese criminali», inizialmente riguardante la provincia di Milano e poi da estendere al resto della regione Lombardia e pronto per essere ampliato ad altre aree del paese.

Nel corso di una recente audizione alla Camera dei Deputati, il comandante generale Giuseppe Zafarana ha specificato come «anche le filiere che hanno subito le perdite maggiori, come quella della ristorazione del settore alberghiero e, più in generale, dell’offerta turistica, sono stati oggetto di tentativi di infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali. Le mafie, infatti», ha aggiunto, «grazie alle ingenti disponibilità di contante possono presentarsi all’imprenditore in crisi con il volto rassicurante di chi presta denaro, ma con l’obiettivo di impossessarsi delle aziende nel medio termine».

Ecco quindi che “scorrendo l’elenco dei cambi si scopre che circa 2 mila persone in Italia, controllano quasi 20 aziende a testa e che in oltre 100 imprese ci sono solo 28 soggetti che controllano più del 25% della società” (Fonte: Italia Oggi, 26.05.2021).

Per comprendere le reali dimensioni del fenomeno, la Fondazione Pirelli riportava, in un articolo dal titolo “Gli interessi mafiosi per approfittare dell’emergenza Covid, comprare imprese in crisi e fare affari ai danni della salute” del 30.11.2020, un dato impressionante che rivelava il clamoroso peso economico di ‘ndrangheta, camorra e “cosa nostra” siciliana: 500 miliardi di euro. Questo l’importo investito per ripulire il denaro criminale in un’infinità di investimenti in mezzo mondo. Il dato è emerso dall’indagine della DDA (la Direzione Distrettuale Antimafia) di Reggio Calabria su un esponente della criminalità con robusti legami con le ‘ndrine locali e relazioni internazionali, soprattutto nei paradisi bancari e fiscali (da “La Stampa”, 28.11.2020). 

Per avere un metro di paragone, 500 miliardi sono circa il 30 per cento del PIL nazionale annuo, ma anche più del doppio delle somme messe a disposizione per l’Italia dal Recovery Fund della Ue, ma anche “l’equivalente, più o meno, della capitalizzazione (cioè del valore delle azioni) delle prime 25 società quotate alla Borsa di Milano (Enel, Eni, Banca intesa, Fca, Poste, etc.). Paragoni sono, naturalmente, un’approssimazione scientificamente non rigorosa. Ma servono, comunque, per dare ai lettori l’idea di una terribile, drammatica forza economica che le mafie continuano ad accumulare grazie alle loro attività illegali (droga, traffici di esseri umani, armi, riciclaggio di rifiuti inquinanti, scommesse clandestine, speculazioni su appalti e servizi pubblici, etc.) e i cui proventi reinvestono anche in attività apparentemente lecite, stravolgendo i mercati, gli affari legali, le attività delle imprese regolari, il funzionamento delle pubbliche amministrazioni. In sintesi: 500 miliardi di ‘ndrangheta, camorra e mafia siciliana per danneggiare la nostra vita e il nostro lavoro, l’ambiente in cui viviamo, la salute, il futuro dei nostri figli. Ricchezza abnorme di mafia per morire di mafia” (Fondazione Pirelli).

In sintesi, “l’emergenza sanitaria Covid-19 ha prodotto effetti “devastanti” sulla salute delle persone ma anche sulla tenuta del sistema economico, generando una situazione che offre opportunità di espansione alla criminalità organizzata nel suo complesso. Questa la premessa della Relazione semestrale al Parlamento sull’attività svolta dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) relativa al I semestre 2020, pubblicata oggi. Da qui la necessità di monitorare l’evoluzione della situazione cercando di intercettare i segnali sintomo dei tentativi delle organizzazioni mafiose di “rilevare” le imprese in difficoltà finanziaria, praticando una sorta di “welfare criminale” tramite forme di assistenzialismo a privati e imprese in difficoltà come strumento per incrementare il consenso sociale e il controllo del territorio” (pagina web del Ministero dell’Interno al 24.02.2021).

Considerando che “per la criminalità organizzata all’indomani della pandemia i settori che rappresentano un investimento sono quello della ristorazione, la logistica, l’imballaggio, i magazzini merci, il distacco di lavoratori a bassa qualifica, l’intrattenimento con attenzione ai locali del centro città, l’edilizia, il commercio di noleggio di macchinari, carburanti, metalli ferrosi, le attività di giochi, le società che intercettano fondi pubblici e agevolazioni” (Italia Oggi, 26.05.2021), in questo contesto, in questo scenario, non è facile operare nel mercato con una concorrenza sicuramente sleale, non è facile essere franchisor, creare una rete, essere concorrenziali, come non è facile aderire con sicurezza ad una rete di franchising che (come appurato in tanti fatti di cronaca e in ufficiali ricerche e indagini) potrebbe essere gestita (perché acquisita), ma anche creata, da organizzazioni illegali e apparentemente innocue o solide e non è casuale, pertanto, che in molte nazioni la normativa sul franchising prevede una più ampia trasparenza sui manager che gestiscono e guidano le reti di franchising fornendo importanti dettagli sicuramente utili, pur non sufficienti, ma che certamente costituiscono un importante filtro selettivo. Una disposizione che fu riportata nella originaria proposta di riforma della normativa sul franchising promossa dalla associazione IREF Italia (non più operativa), in collaborazione con AZ Franchising e ANCommercialisti e che fu palesemente (e convenientemente) osteggiata da chi avrà avuto interesse ad osteggiarla.

Certamente l’applicazione della legge e delle norme di informazione precontrattuale possono essere uno strumento idoneo alla funzione di selezione per una adesione consapevole, ma, pur senza garanzie di risultati, l’assistenza di un professionista specializzato diventa ancor più stringente e determinante, perché l’adesione ad una rete di franchising è un investimento finanziario (spesso una scelta di vita) e attualmente non esiste un vero e proprio “prospetto informativo” particolarmente dettagliato come quelli obbligatori con gli investimenti finanziari in titoli, fondi comuni, ecc., ad oggi unico punto di riferimento continua ad essere la L.129/2004 integrabile con quanto oggetto di sentenze giurisprudenziali, con quanto ci suggeriscono i provvedimenti AGCM e con quanto di conoscenza professionale di un consulente veramente specializzato.

Il credito di imposta R&S: un vantaggio fiscale

Dott.ssa Francesca Paleari – Founder & General Manager Obiettivo Sviluppo

 

“Ogni giorno ci chiediamo – Come possiamo rendere felice questo cliente? Come possiamo farlo proseguendo lungo la strada dell’innovazione? – Ce lo domandiamo perché, altrimenti, lo farà qualcun altro.” (Bill Gates).

Per sopravvivenza, fisica e di business.

La stessa Enciclopedia Treccani, come incipit, ci ricorda cosa è l’innovazione, e cioè “… (quel) complesso di attività creative intraprese in modo sistematico sia per accrescere l’insieme delle conoscenze (ivi comprese quelle relative all’essere umano, alla cultura e alla società), sia per utilizzare tali conoscenze per nuove applicazioni. Con r&s (anche r&d, research and development) dal punto di vista del produttore di mercato ci si riferisce a quelle attività realizzate con il proposito di scoprire o sviluppare nuovi prodotti, incluse versioni migliorate di prodotti esistenti, o la scoperta e l’implementazione di nuovi o più efficienti processi di produzione.”

I nuovi dispositivi e tecniche incorporano quantità sempre maggiori di sapere scientifico; allo stesso tempo il lavoro di r. si avvale di potenti strumenti, messi a punto con sofisticate tecnologie che consentono di studiare i fenomeni naturali a livelli di analisi precedentemente irraggiungibili.

La stessa Unione Europea riconosce il carattere extra-ordinario di queste attività: sin dall’inizio degli anni ’80, fino all’affermarsi della globalizzazione alla fine degli anni ’90, la competizione sui mercati dei prodotti tecnologicamente avanzati si è fatta più acuta, soprattutto per la concorrenza esercitata dai Paesi emergenti. Questo inasprimento della competizione internazionale ha obbligato i Paesi dell’Unione Europea (UE) a intensificare la cooperazione nel campo della ricerca.

Nel 1984 la Comunità Europea ha lanciato il primo Programma quadro di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica con l’obiettivo di stimolare e consolidare la capacità competitiva del sistema industriale europeo, favorendo una maggiore armonizzazione delle politiche nazionali e costituendo un supporto scientifico delle successive politiche dell’Unione Europea.

Il ruolo dei governi nel finanziamento del settore r&s ha subito una importante trasformazione. A partire dagli anni 2000, inoltre, molti enti pubblici di ricerca, in primis le università, hanno intensificato la collaborazione con le imprese sfruttando i risultati derivanti dalle attività congiunte di r&s. L’indicatore più usato per il confronto internazionale delle risorse destinate a r&s è rappresentato dalla percentuale di spesa per r&s rispetto al Prodotto Interno Lordo ( PIL) di ciascun Paese, e cioè dalla quota della ricchezza prodotta che viene investita nell’acquisizione di nuove conoscenze scientifiche e tecnologiche.

Da qui, l’implementazione di queste linee guida europee, ha portato (obbligato?) i Governi nazionali ad attuare politiche attive di sostegno a queste attività; in Italia, il MISE – Ministero dello Sviluppo Economico, ha fortemente finanziato e rimodulato diverse misure in tal senso, tra cui, la più importante e significativa: il Credito d’imposta ricerca, sviluppo, innovazione e design.

Ma quali sono i reali vantaggi per chi “innova” oltre che intraprendere?

Anzitutto la misura prevede 3 grandi macroaree racchiuse nell’attività R&S:

  1. Attività di ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo scientifico e tecnologico,
  2. Attività di innovazione tecnologica finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati;
  3. Attività di design e ideazione estetica per la concezione e realizzazione dei nuovi prodotti e campionari nei settori tessile e della moda, calzaturiero, dell’occhialeria, orafo, del mobile e dell’arredo e della ceramica, e altri individuati con successivo decreto ministeriale.

Per ciascuna macroarea, il credito d’imposta prevede una data % che analizzeremo a breve.

Questo “vantaggio fiscale” (appunto, un “credito” sulle imposte) è utilizzabile esclusivamente in compensazione in tre quote annuali di pari importo a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione. La base di calcolo del credito d’imposta deve essere assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti per le stesse spese ammissibili.

Nel rispetto dei massimali indicati, e a condizione della separazione analitica dei progetti e delle spese ammissibili pertinenti alle diverse tipologie di attività, è possibile applicare il beneficio anche per più attività ammissibili nello stesso periodo d’imposta.

Quali sono i soggetti che possono usufruire di questa opportunità?

Tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla natura giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione, dal regime contabile e dal sistema di determinazione del reddito ai fini fiscali.

Sono escluse le imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale, altra procedura concorsuale. Sono inoltre escluse le imprese destinatarie di sanzioni interdittive. 

Come si può accedere a questa misura?

Il credito si applica alle spese in Ricerca, Sviluppo, Innovazione e Design sostenute nel periodo di imposta preso in esame (quest’anno, per i bilanci approvati entro il 30/06/2021, il periodo di riferimento è l’esercizio contabile 2020).

Ai fini del riconoscimento del credito d’imposta, l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili deve risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti. Per le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, le spese sostenute per adempiere all’obbligo di certificazione sono riconosciute in aumento del credito d’imposta per un importo non superiore a 5.000 euro. Le imprese, inoltre, sono tenute a redigere e conservare una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività ammissibili svolte. Le imprese che intendono fruire dell’agevolazione sono tenute ad effettuare una comunicazione al Ministero dello sviluppo economico. Il modello, il contenuto, le modalità e i termini di invio della comunicazione saranno stabiliti con apposito decreto direttoriale. La comunicazione è richiesta al solo fine di acquisire le informazioni necessarie per valutare l’andamento, la diffusione e l’efficacia delle misure agevolative.

La Legge n. 178/2020 (art. 1, c. 1064) – Incremento misura del credito d’imposta ha, fortunatamente ed in un quadro strategico e contingente, aumentato le % del credito di imposta riferite alle diverse attività di R&S sopra citate, specificatamente:

Tipologia credito

Ricerca e sviluppo

  • 2020 12% (max 4 Ml€)
  • 2021 20% (max 4 Ml€)

Innovazione tecnologica

  • 2020 6% (max 1,5 Ml€)
  • 2021 10% (max 2 Ml€)

Design e ideazione estetica

  • 2020 6% (max 1,5 Ml€)
  • 2021 10% (max 2 Ml€)

Innovazione tecnologica per transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0

  • 2020 10% (max 1,5 Ml€)
  • 2021 15% (max 2 Ml€)

Le opportunità ci sono, Obiettivo Sviluppo anche.