Imprese vittime del covid e della criminalità

di Mirco Comparini – Commercialista – Revisore Legale – Consulente al franchising

 

Che la criminalità organizzata (le c.d. “mafie”) si sia introdotta nell’economia non è una novità. Da decenni i rapporti ufficiali dell’antimafia, le dichiarazioni di magistrati e ministri, ma anche ricerche e indagini specifiche, riportano il collegamento tra economia e mafie, ma anche tra franchising e criminalità. Chi scrive è autore di numerosi interventi sul tema “Franchising & Mafia” pubblicati negli anni a raccolta e assemblaggio di dati ufficiali e notizie di cronaca nazionale.

Con la crisi economica innescata dalla crisi sanitaria, le imprese si sono ulteriormente indebolite e sono diventate facili vittime di un ulteriore aumento di questa infiltrazione.

Già a febbraio 2021 Cerved aveva elaborato alcuni dati per una verifica individuando che effettivamente risultavano essere presenti non pochi “strani” cambi di titolare effettivo effettuati nel corso dell’emergenza sanitaria, con una maggiore incidenza del fenomeno in Campania e in Lazio, mentre i settori più interessati erano l’autonoleggio, la distribuzione carburanti e i giochi e le scommesse.

Non solo, ma già in precedenza la Banca d’Italia aveva fatto osservare che, a causa della pandemia, nel 2020 il numero di segnalazioni di operazioni sospette (SOS) ricevute dalla Uif (Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia) era risultato forte crescita (+7%), con un aumento particolarmente marcato nel secondo semestre dell’anno (+10,3%). La crescita delle operazioni sospette era stata trainata dalle segnalazioni per riciclaggio (+11,1%), che hanno sfiorato quota 60 mila, compensando le minori segnalazioni relative al finanziamento del terrorismo e alla voluntary disclosure.

Un alert di rischio molto forte per la Guardia di Finanza tanto da far predisporre uno specifico progetto di analisi denominato «Imprese criminali», inizialmente riguardante la provincia di Milano e poi da estendere al resto della regione Lombardia e pronto per essere ampliato ad altre aree del paese.

Nel corso di una recente audizione alla Camera dei Deputati, il comandante generale Giuseppe Zafarana ha specificato come «anche le filiere che hanno subito le perdite maggiori, come quella della ristorazione del settore alberghiero e, più in generale, dell’offerta turistica, sono stati oggetto di tentativi di infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali. Le mafie, infatti», ha aggiunto, «grazie alle ingenti disponibilità di contante possono presentarsi all’imprenditore in crisi con il volto rassicurante di chi presta denaro, ma con l’obiettivo di impossessarsi delle aziende nel medio termine».

Ecco quindi che “scorrendo l’elenco dei cambi si scopre che circa 2 mila persone in Italia, controllano quasi 20 aziende a testa e che in oltre 100 imprese ci sono solo 28 soggetti che controllano più del 25% della società” (Fonte: Italia Oggi, 26.05.2021).

Per comprendere le reali dimensioni del fenomeno, la Fondazione Pirelli riportava, in un articolo dal titolo “Gli interessi mafiosi per approfittare dell’emergenza Covid, comprare imprese in crisi e fare affari ai danni della salute” del 30.11.2020, un dato impressionante che rivelava il clamoroso peso economico di ‘ndrangheta, camorra e “cosa nostra” siciliana: 500 miliardi di euro. Questo l’importo investito per ripulire il denaro criminale in un’infinità di investimenti in mezzo mondo. Il dato è emerso dall’indagine della DDA (la Direzione Distrettuale Antimafia) di Reggio Calabria su un esponente della criminalità con robusti legami con le ‘ndrine locali e relazioni internazionali, soprattutto nei paradisi bancari e fiscali (da “La Stampa”, 28.11.2020). 

Per avere un metro di paragone, 500 miliardi sono circa il 30 per cento del PIL nazionale annuo, ma anche più del doppio delle somme messe a disposizione per l’Italia dal Recovery Fund della Ue, ma anche “l’equivalente, più o meno, della capitalizzazione (cioè del valore delle azioni) delle prime 25 società quotate alla Borsa di Milano (Enel, Eni, Banca intesa, Fca, Poste, etc.). Paragoni sono, naturalmente, un’approssimazione scientificamente non rigorosa. Ma servono, comunque, per dare ai lettori l’idea di una terribile, drammatica forza economica che le mafie continuano ad accumulare grazie alle loro attività illegali (droga, traffici di esseri umani, armi, riciclaggio di rifiuti inquinanti, scommesse clandestine, speculazioni su appalti e servizi pubblici, etc.) e i cui proventi reinvestono anche in attività apparentemente lecite, stravolgendo i mercati, gli affari legali, le attività delle imprese regolari, il funzionamento delle pubbliche amministrazioni. In sintesi: 500 miliardi di ‘ndrangheta, camorra e mafia siciliana per danneggiare la nostra vita e il nostro lavoro, l’ambiente in cui viviamo, la salute, il futuro dei nostri figli. Ricchezza abnorme di mafia per morire di mafia” (Fondazione Pirelli).

In sintesi, “l’emergenza sanitaria Covid-19 ha prodotto effetti “devastanti” sulla salute delle persone ma anche sulla tenuta del sistema economico, generando una situazione che offre opportunità di espansione alla criminalità organizzata nel suo complesso. Questa la premessa della Relazione semestrale al Parlamento sull’attività svolta dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) relativa al I semestre 2020, pubblicata oggi. Da qui la necessità di monitorare l’evoluzione della situazione cercando di intercettare i segnali sintomo dei tentativi delle organizzazioni mafiose di “rilevare” le imprese in difficoltà finanziaria, praticando una sorta di “welfare criminale” tramite forme di assistenzialismo a privati e imprese in difficoltà come strumento per incrementare il consenso sociale e il controllo del territorio” (pagina web del Ministero dell’Interno al 24.02.2021).

Considerando che “per la criminalità organizzata all’indomani della pandemia i settori che rappresentano un investimento sono quello della ristorazione, la logistica, l’imballaggio, i magazzini merci, il distacco di lavoratori a bassa qualifica, l’intrattenimento con attenzione ai locali del centro città, l’edilizia, il commercio di noleggio di macchinari, carburanti, metalli ferrosi, le attività di giochi, le società che intercettano fondi pubblici e agevolazioni” (Italia Oggi, 26.05.2021), in questo contesto, in questo scenario, non è facile operare nel mercato con una concorrenza sicuramente sleale, non è facile essere franchisor, creare una rete, essere concorrenziali, come non è facile aderire con sicurezza ad una rete di franchising che (come appurato in tanti fatti di cronaca e in ufficiali ricerche e indagini) potrebbe essere gestita (perché acquisita), ma anche creata, da organizzazioni illegali e apparentemente innocue o solide e non è casuale, pertanto, che in molte nazioni la normativa sul franchising prevede una più ampia trasparenza sui manager che gestiscono e guidano le reti di franchising fornendo importanti dettagli sicuramente utili, pur non sufficienti, ma che certamente costituiscono un importante filtro selettivo. Una disposizione che fu riportata nella originaria proposta di riforma della normativa sul franchising promossa dalla associazione IREF Italia (non più operativa), in collaborazione con AZ Franchising e ANCommercialisti e che fu palesemente (e convenientemente) osteggiata da chi avrà avuto interesse ad osteggiarla.

Certamente l’applicazione della legge e delle norme di informazione precontrattuale possono essere uno strumento idoneo alla funzione di selezione per una adesione consapevole, ma, pur senza garanzie di risultati, l’assistenza di un professionista specializzato diventa ancor più stringente e determinante, perché l’adesione ad una rete di franchising è un investimento finanziario (spesso una scelta di vita) e attualmente non esiste un vero e proprio “prospetto informativo” particolarmente dettagliato come quelli obbligatori con gli investimenti finanziari in titoli, fondi comuni, ecc., ad oggi unico punto di riferimento continua ad essere la L.129/2004 integrabile con quanto oggetto di sentenze giurisprudenziali, con quanto ci suggeriscono i provvedimenti AGCM e con quanto di conoscenza professionale di un consulente veramente specializzato.

Il credito di imposta R&S: un vantaggio fiscale

Dott.ssa Francesca Paleari – Founder & General Manager Obiettivo Sviluppo

 

“Ogni giorno ci chiediamo – Come possiamo rendere felice questo cliente? Come possiamo farlo proseguendo lungo la strada dell’innovazione? – Ce lo domandiamo perché, altrimenti, lo farà qualcun altro.” (Bill Gates).

Per sopravvivenza, fisica e di business.

La stessa Enciclopedia Treccani, come incipit, ci ricorda cosa è l’innovazione, e cioè “… (quel) complesso di attività creative intraprese in modo sistematico sia per accrescere l’insieme delle conoscenze (ivi comprese quelle relative all’essere umano, alla cultura e alla società), sia per utilizzare tali conoscenze per nuove applicazioni. Con r&s (anche r&d, research and development) dal punto di vista del produttore di mercato ci si riferisce a quelle attività realizzate con il proposito di scoprire o sviluppare nuovi prodotti, incluse versioni migliorate di prodotti esistenti, o la scoperta e l’implementazione di nuovi o più efficienti processi di produzione.”

I nuovi dispositivi e tecniche incorporano quantità sempre maggiori di sapere scientifico; allo stesso tempo il lavoro di r. si avvale di potenti strumenti, messi a punto con sofisticate tecnologie che consentono di studiare i fenomeni naturali a livelli di analisi precedentemente irraggiungibili.

La stessa Unione Europea riconosce il carattere extra-ordinario di queste attività: sin dall’inizio degli anni ’80, fino all’affermarsi della globalizzazione alla fine degli anni ’90, la competizione sui mercati dei prodotti tecnologicamente avanzati si è fatta più acuta, soprattutto per la concorrenza esercitata dai Paesi emergenti. Questo inasprimento della competizione internazionale ha obbligato i Paesi dell’Unione Europea (UE) a intensificare la cooperazione nel campo della ricerca.

Nel 1984 la Comunità Europea ha lanciato il primo Programma quadro di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica con l’obiettivo di stimolare e consolidare la capacità competitiva del sistema industriale europeo, favorendo una maggiore armonizzazione delle politiche nazionali e costituendo un supporto scientifico delle successive politiche dell’Unione Europea.

Il ruolo dei governi nel finanziamento del settore r&s ha subito una importante trasformazione. A partire dagli anni 2000, inoltre, molti enti pubblici di ricerca, in primis le università, hanno intensificato la collaborazione con le imprese sfruttando i risultati derivanti dalle attività congiunte di r&s. L’indicatore più usato per il confronto internazionale delle risorse destinate a r&s è rappresentato dalla percentuale di spesa per r&s rispetto al Prodotto Interno Lordo ( PIL) di ciascun Paese, e cioè dalla quota della ricchezza prodotta che viene investita nell’acquisizione di nuove conoscenze scientifiche e tecnologiche.

Da qui, l’implementazione di queste linee guida europee, ha portato (obbligato?) i Governi nazionali ad attuare politiche attive di sostegno a queste attività; in Italia, il MISE – Ministero dello Sviluppo Economico, ha fortemente finanziato e rimodulato diverse misure in tal senso, tra cui, la più importante e significativa: il Credito d’imposta ricerca, sviluppo, innovazione e design.

Ma quali sono i reali vantaggi per chi “innova” oltre che intraprendere?

Anzitutto la misura prevede 3 grandi macroaree racchiuse nell’attività R&S:

  1. Attività di ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo scientifico e tecnologico,
  2. Attività di innovazione tecnologica finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati;
  3. Attività di design e ideazione estetica per la concezione e realizzazione dei nuovi prodotti e campionari nei settori tessile e della moda, calzaturiero, dell’occhialeria, orafo, del mobile e dell’arredo e della ceramica, e altri individuati con successivo decreto ministeriale.

Per ciascuna macroarea, il credito d’imposta prevede una data % che analizzeremo a breve.

Questo “vantaggio fiscale” (appunto, un “credito” sulle imposte) è utilizzabile esclusivamente in compensazione in tre quote annuali di pari importo a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione. La base di calcolo del credito d’imposta deve essere assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti per le stesse spese ammissibili.

Nel rispetto dei massimali indicati, e a condizione della separazione analitica dei progetti e delle spese ammissibili pertinenti alle diverse tipologie di attività, è possibile applicare il beneficio anche per più attività ammissibili nello stesso periodo d’imposta.

Quali sono i soggetti che possono usufruire di questa opportunità?

Tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla natura giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione, dal regime contabile e dal sistema di determinazione del reddito ai fini fiscali.

Sono escluse le imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale, altra procedura concorsuale. Sono inoltre escluse le imprese destinatarie di sanzioni interdittive. 

Come si può accedere a questa misura?

Il credito si applica alle spese in Ricerca, Sviluppo, Innovazione e Design sostenute nel periodo di imposta preso in esame (quest’anno, per i bilanci approvati entro il 30/06/2021, il periodo di riferimento è l’esercizio contabile 2020).

Ai fini del riconoscimento del credito d’imposta, l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili deve risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti. Per le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, le spese sostenute per adempiere all’obbligo di certificazione sono riconosciute in aumento del credito d’imposta per un importo non superiore a 5.000 euro. Le imprese, inoltre, sono tenute a redigere e conservare una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività ammissibili svolte. Le imprese che intendono fruire dell’agevolazione sono tenute ad effettuare una comunicazione al Ministero dello sviluppo economico. Il modello, il contenuto, le modalità e i termini di invio della comunicazione saranno stabiliti con apposito decreto direttoriale. La comunicazione è richiesta al solo fine di acquisire le informazioni necessarie per valutare l’andamento, la diffusione e l’efficacia delle misure agevolative.

La Legge n. 178/2020 (art. 1, c. 1064) – Incremento misura del credito d’imposta ha, fortunatamente ed in un quadro strategico e contingente, aumentato le % del credito di imposta riferite alle diverse attività di R&S sopra citate, specificatamente:

Tipologia credito

Ricerca e sviluppo

  • 2020 12% (max 4 Ml€)
  • 2021 20% (max 4 Ml€)

Innovazione tecnologica

  • 2020 6% (max 1,5 Ml€)
  • 2021 10% (max 2 Ml€)

Design e ideazione estetica

  • 2020 6% (max 1,5 Ml€)
  • 2021 10% (max 2 Ml€)

Innovazione tecnologica per transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0

  • 2020 10% (max 1,5 Ml€)
  • 2021 15% (max 2 Ml€)

Le opportunità ci sono, Obiettivo Sviluppo anche.

 

Il target di comunicazione nei social

di Mattia Nicoletti – Creative marketing strategist and producer – Dreamcatchers Entertainment

 

La nostalgia fa spesso vivere di ricordi che prescindono dagli aspetti più negativi. Di conseguenza accade che, quasi per magia, tutto quello che è passato è meglio del presente. Ma è realmente così.

Nel mondo professionale, i social network, il moltiplicarsi delle vie di comunicazione, l’evoluzione tecnologica, ha abbassato tutte le barriere, creando molti nuovi lavori e rendendone possibili alcuni che solo 5 o 10 anni fa erano appannaggio solo di chi aveva un budget cospicuo da investire. L’accessibilità ha però creato un affollamento che impone, a chi vuole comunicare, di essere chirurgico nel raggiungere il proprio target.

Sì, oggi il target, i consumatori che si ritengono chiave per il proprio business, devono essere raggiunti nel modo più diretto possibile, e attraverso i social network, gli strumenti a disposizione ci sono, è importante però saperli utilizzare.
Prendiamo Facebook e Instagram. Con l’ausilio di Business Manager, di cui abbiamo scritto qualche numero fa, è possibile raggiungere nel dettaglio le persone a cui vogliamo parlare e a cui vogliamo “raccontare” la storia del nostro prodotto o servizio.

Vediamo allora i passaggi fondamentali da affrontare (che comunque partono tutti da un’identificazione precisa a priori del target, indipendentemente dal mezzo utilizzato)

Area Geografica

Su Facebook/instagram il primo step (bypassiamo ogni discorso sul contenuto per esigenza di spazio) è quello di capire dove vive il target a cui si vuole parlare. Può essere una zona della città, una regione, o l’Italia intera (se non addirittura l’estero). Si deve essere consapevoli però che in base al budget stanziato, maggiore è l’area geografica, minore è la copertura. Quindi investire 100 euro in una promozione diretta all’Italia intera, non ha molto senso.

Età

Facebook e Instagram consentono di coprire un’età che arriva fino ai 65+. E’ chiaro che, sebbene anche gli ultrasessantenni siano ormai dotati di smartphone e iscritti ai social network, l’età fino ai 50 è la più reattiva e propensa a utilizzarli abitualmente.

Genere

O donne, o uomini o un mix di entrambi. Tuttavia i social non consentono di bilanciare una percentuale (ad esempio 40% donne e 60% uomini), per cui diviene molto importante il passaggio successivo, ovvero l’identificazione dei possibili interessi del target. Se identifichiamo negli interessi, makeup e profumo, probabilmente la percentuale di donne sarà superiore a quella degli uomini.

Interessi

E’ la chiave di tutto. Identificare gli interessi del proprio target (compatibilmente con quelli presenti su Facebook), restringendoli attraverso le alternative consente di giungere agli stili di vita e ai “gusti” del target. Attenzione però a non restringerlo troppo perché i costi contatto/risultato potrebbero salire e non garantire i risultati desiderati.

Alternative e tentativi

Nessuna campagna promozionale può essere perfetta nemmeno se si è a conoscenza di ogni singola persona del target. Per questa ragione è consigliabile fare partire più promozioni con diverse alternative di target. Così come è importante monitorare, nel caso la promozione partisse sia su Instagram e Facebook, l’andamento su ognuno dei social.

Le promo sui social sono uno strumento molto potente per raggiungere il proprio target, ma proprio per la facilità con cui attuarle vanno attentamente ponderate.