Come proteggere la rete franchising: 5 punti fondamentali

La protezione di una rete non la si attua e non la si ottiene solo con un “buon contratto” in quanto non certifica certo un “buon sistema di franchising”. Si tratta di un tema molto vasto, ma una sintesi è possibile.

Le componenti per un “sistema protezione”

In una fase di progettazione (ma anche con rete “in opera”), una delle attività aziendali o consulenziali raramente attuate è l’organizzazione di quello che chi scrive chiama il “sistema protezione” di un sistema franchising. E’ un vero e proprio piano organizzativo concentrato su specifiche criticità normalmente presenti in tutti i sistemi di franchising.

  1. Uno dei primi elementi da analizzare è la scelta contrattuale strettamente legata alla tipologia di business che si intende replicare e alla tipologia di rapporti da avviare con gli aderenti. Non è detto che il contratto di franchising sia l’unica possibilità per la creazione di una rete commerciale e, nel caso, la puntuale analisi e la conseguente scelta delle varie alternative può certamente costituire una attività di protezione rispetto ai vari obblighi/doveri che andranno a caratterizzare il rapporto e rispetto alle normative vigenti che regolamentano il rapporto contrattuale scelto;
  2. Occorrerà codificare e impostare (o aggiornare) la comunicazione con la quale si intende ottenere adesioni, ma anche costruire una organizzazione gestionale che consenta di fornire effettivamente all’aderente/affiliato ciò che la norma prevede in termini di formazione, assistenza, aggiornamento, documentazione, condivisione, ecc., ma anche ciò che la norma non cita (esempio informazioni oggetto di provvedimenti AGCM);
  3. Ulteriore elemento soggetto a decisione e, in caso positivo, da “calibrare” nel momento in cui lo si prevede e, quindi, lo si espone nella fase precontrattuale, è una ipotesi di Business Plan. Tale importante documento costituisce un momento alquanto delicato nell’informazione precontrattuale, nelle aspettative, nelle promesse e nei fraintendimenti che lo stesso può generare;
  4. Importantissimo, inoltre, è prevedere e attivare una metodologia operativa che consenta di aver la certezza che la consegna delle informazioni precontrattuali (tutte) sia giuridicamente valida;
  5. Altro tema di particolare importanza è la presenza del know how in un sistema di franchising ed il trasferimento obbligatorio dal franchisor al franchisee, elemento ritenuto come essenziale per l’esistenza stessa di un sistema di franchising. Vi è differenza tra “presenza/esistenza” e “trasferimento”. La seconda caratteristica non potrà mai avvenire in assenza della prima, ovviamente, ma potremmo essere comunque in presenza di un trasferimento di know how però non così “consistente” e ben strutturato. Per mettere in sicurezza tale elemento esistono almeno (come minimo, ma non bastano) due modalità delle quali abbiamo parlato spesso sulle colonne di AZ Franchising: la forma scritta (il manuale operativo, in primis) e la forma orale (la formazione iniziale e continua).

Articolo tratto da AZ Franchising Magazine – Ottobre 2020 “Come proteggere la rete” a cura di Mirco Comparini – Commercialista e Revisore Legale ©RIPRODUZIONE VIETATA

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Franchising: come funziona a Malta

a cura di Federico Vasoli (JD) – managing partner – avvocato (Italy – Malta, EU) • luật sư (Vietnam) dMTV – International legal and tax guidance – Innovative by tradition.  www.dmtvglobal.com  | Singapore • Malta • Hanoi • Ho Chi Minh City

Malta è fortemente influenzata da una cultura pragmatica di origine anglosassone, essendo stata colonia britannica ed essendo tuttora paese membro del Commonwealth.

L’influenza inglese si avverte anche nel diritto, visto che, ancorché Malta sia un paese di Civil Law, numerosi sono gli istituti di Common Law, quindi di origine appunto inglese che fanno parte integrante dell’ordinamento.

Un simile ragionamento vale per il diritto societario, che funziona in maniera assai simile a quanto accade in Inghilterra, Singapore, Hong Kong e molti altri paesi di Common Law.

Questo aspetto è molto importante per la disciplina del franchising a Malta, poiché a tale strumento non può prescindere da un’organizzazione societaria anche semplice sul posto, che quindi seguirà regole più simili a quelle di Common Law, che non quelle di altri paesi di Civil Law, come ad esempio l’Italia o la Svizzera.

Il diritto maltese non regolamenta in maniera tipica il contratto e l’attività di franchising, che tuttavia viene considerata dalla giurisprudenza, dalla dottrina e dagli operatori secondo la classica definizione di “un’attività d’impresa consistente nella pratica di utilizzare il modello di business di un altro soggetto (franchisor), il quale garantisce all’imprenditore (franchisee) il diritto di vendere un bene o un servizio conformemente ai sistemi, procedure, proprietà intellettuale e industriale e struttura del franchisor”.

Normalmente l’attività di franchising viene svolta come segue:

  • Il franchisor vende il modello di business a franchisee indipendenti, tipicamente in più Paesi
  • I franchisee costituiscono il network di franchising e corrispondono una somma di denaro al franchisor.
  • Il franchisee segue le regole fissate dal franchisor, il quale a sua volta offre la propria assistenza.

Considerata l’ampiezza e la vaghezza giuridica della definizione comunemente accettata, ma, è opportuno ribadirlo, non fissata da alcuna norma, l’importanza di un contratto di franchising ben strutturato valido ed efficace, di semplice interpretazione per il giudice o l’arbitro, in piena osservanza del diritto locale, diventa cruciale.

Stante l’assenza di normazione specifica, la forma e il contenuto del contratto di franchising sono pertanto liberi, ma è evidentemente assai consigliabile la forma scritta, senza necessità di registrazione.

Altrettanto, in assenza di normativa settoriale, al contratto di franchising maltese si applicano le regole generali della teoria dei contratti, del tutto simili a quelle alle quali si è abituati in ordinamenti di Civil Law, soprattutto più vicine al modello francese.

Pur in mancanza di una legge specifica, si possono distinguere tra vari tipi di rapporto di franchising:

  • Franchising di beni e/o servizi: il franchisor consente al franchisee la vendita dei beni e/o servizi realizzati dal primo utilizzandone il marchio.
  • Franchising di business format: si tratta del tipo più diffuso, che comprende non solo la licenza di un prodotto o un servizio, ma anche, come da definizione data sopra, anche il metodo per svolgere l’attività. Quando ci si riferisce al franchising, tendenzialmente questo è il rapporto che si ha in mente, in cui oltre a beni e servizi il franchisee acquisisce marchi, strategie di vendita, manuali operativi, sistemi di controllo qualità, standard e altro.

Per limitare la responsabilità patrimoniale delle parti contrattuali, è lapalissiano che sia opportuno operare tramite l’utilizzo di società.

A Malta, la forma più utilizzata, e non solo nell’ambito del franchising, è quella della Limited Liability Company (“Limited”), con capitale sociale minimo 1.164,69 € (per convenzione 1.200,00 €, di cui almeno 250,00 interamente versati).

In conclusione, Malta, pre-pandemia, attraeva in turisti quattro volte la propria popolazione, entrambi i numeri in costante aumento, e vantava i tassi di crescita del PIL più elevati d’Europa, a fronte però di una scarsa offerta di beni e servizi per una comunità sempre più multiculturale e multietnica, soprattutto nella fascia alta. È probabile che Malta si riprenda più rapidamente di altri Paesi europei e che le dinamiche interrotte dal Covid-19 riprendano con vigore, il che apre le porte soprattutto a franchisee, ma anche a franchisor, pronti a soddisfare la domanda di beni e servizi rimasta sinora insoddisfatta, il tutto con i vantaggi economici, logistici, linguistici, regolatori e in parte fiscali che il Paese offre.

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Mammina: il franchising della cucina della tradizione napoletana

Intervista a Antonio Viola, CEO di  Mammina Holding e proprietario dei ristoranti a Napoli, Milano e Catania. “il nostro affiliato ideale è colui che sposa le nostre metodologie e si appassiona sempre di più alla ristorazione percorrendo un viaggio nei sapori della cucina regionale napoletana e italiana”

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Mammina nasce dalla passione per la buona cucina. Dopo aver girato il mondo, ed aver assaggiato la cucina e le pietanze tipiche di ogni stato, Antonio Viola – CEO di  Mammina Holding e proprietario dei ristoranti a Napoli, Milano e Catania tornava a Napoli e complice le grandi tavolate fatte in famiglia, dove ogni occasione era buona per mangiare e stare tutti insieme, e dove le chef erano solitamente le “nonne”, divenendo perciò le mamme di tutti i commensali – capiva che l’unico posto e l’unica cucina che lo faceva sentire davvero bene è quella di casa, la cucina della Mammina Partenopea! Alla domanda “Chi cucina meglio al mondo?” probabilmente il 90% risponderebbe la propria Mamma. “Pensando quindi alla miglior chef assoluta – afferma Viola – ho creato il marchio Mammina che, per i napoletani è un vezzeggiativo molto usato. E allora decido di creare un luogo, che io stesso sceglierei, per qualità e tradizione, dove io stesso ne divento il fan n°1, nasce così ‘Mammina pizzeria e cucina genuina’”.

Perché si è scelto di sviluppare il brand attraverso il franchising?

“La nostra azienda è matura per affacciarsi sul mondo del franchising. Credo che abbiamo l’adeguato know-how e l’esperienza giusta per espanderci con il franchising. Adottiamo un sistema organizzativo vincente, semplificato ed efficace. Partiamo dal valore della nostra proposta che punta a far vivere un’esperienza di cibo della tradizione napoletana. L’ingegnerizzazione ci ha permesso una standardizzazione e semplificazione di tutte le procedure operative e soprattutto il controllo di gestione in tempo reale. Abbiamo realizzato un manuale operativo chiaro anche a chi non è del settore della ristorazione e con la formazione e la ricerca continua abbiamo creato valore per una proposta vincente”.

Quali sono le formule di franchising che offrite. E a secondo delle formule quali i vantaggi per gli affiliati?

Due. Mammina pizza & fries: per un momento di gusto veloce a qualsiasi ora della giornata e Mammina pizzeria e cucina genuina: per concedersi il lusso del pranzo e della cena di una volta.  Stiamo progettando una versione di Mammina Ghost Kitchen che preferisco chiamare Cloud Kitchen, una versione “in remoto” di mammina con cucina, pizzeria, chef e brigata per la preparazione dedicata esclusivamente al delivery”.

Qual è il profilo dei vostri potenziali affiliati?

“Non bisogna essere dei ristoratori anzi per certi versi meglio non esserlo. Nella famiglia Mammina ci si sceglie reciprocamente durante il processo di affiliazione, pertanto il franchisee ideale è colui che sposa le nostre metodologie e si appassiona sempre di più alla ristorazione percorrendo un viaggio nei sapori della cucina regionale napoletana e italiana. Il nostro affiliato ideale è una persona intraprendente, curiosa, attenta, empatica e predisposta al rapporto con la clientela. Mammina guida, affianca e consiglia i propri affiliati sovraintendendo ai primi passi e a tutto il processo di conduzione e gestione del punto vendita. Il format piccolo “Mammina pizza & fries” prevede un investimento anche come autoimpiego, in molti scelgono format più economici in cui calarsi direttamente come lavoratori, la semplicità della gestione è un elemento indispensabile. Per il format completo “Mammina pizzeria e cucina genuina” richiediamo maggiori capacità finanziarie ed un minimo di esperienza aziendale anche non nel settore ristorativo”.

Necessita una formazione per il futuro franchisee. Se si che tipo di formazione occorre e come avviene?

“Nella nostra unità “Mammina Academy” ci occupiamo della formazione sia teorica che pratica on site presso i nostri ristoranti. Mammina Academy si pone l’obiettivo di divulgare i valori della cucina mediterranea, nello specifico quella della tradizione napoletana con sezioni dedicate anche alla cucina senza glutine, vegana e al “super food” con il nostro menù dedicato con zero zuccheri, zero sale e zero grassi ed in ultimo della pizza regina incontrastata della nostra tradizione. Abbiamo sviluppato tutto ciò da un punto di vista alimentare, filosofico, sociale, salutare, psicologico e agricolo. Attraverso un ricco programma di corsi pratici e teorici rivolto agli affiliati, Mammina Academy si presenta come lo strumento ideale per riuscire a realizzare il proprio sogno. I corsi di formazione sia teorici che pratici on site c/o uno dei nostri ristoranti pizzeria Mammina riguardano la formazione per tutti i profili di una brigata, con moduli formativi di base ed avanzati. Naturalmente garantiamo anche l’assistenza tecnica e la ricerca continua per la realizzazione dei nostri menù”.

Quali le caratteristiche dei vostri prodotti che vi differenziano dai vostri competitors. Perché un potenziale affiliale dovrebbe scegliere proprio Mammina? 

“Siamo certificati Associazione Vera Pizza Napoletana, che per noi è un vero segno distintivo e, non ultimo AIC-Associazione Italiana Celiachia con un apposito menu non solo pizza ma anche con antipasti, primi, secondi e dolci. Per Mammina questa ultima certificazione, che risale già al 2014, è molto importante: il cibo deve unire non dividere. E consentire a tutti di poter mangiare alla stessa tavola è motivo di orgoglio, così come il menù “Natural Diet” sviluppato in partnership con il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, un menù senza grassi aggiunti, senza zuccheri, senza sale, senza lattosio né glutine. Questo menù è dedicato a tutti i clienti che seguono un regime alimentare controllato e desiderano nutrirsi in modo sano e naturale senza rinunciare al gusto. Abbiamo inoltre aderito fin dal principio al progetto slow food, che tutela piccole produzioni di qualità da salvaguardare, realizzate secondo pratiche tradizionali e all’Arca del Gusto: un catalogo di prodotti che appartengono alla cultura e alle tradizioni di tutto il mondo e che rischiano di scomparire”.

Per finire non poteva mancare una domanda legata al periodo che stiamo vivendo…

“Stiamo attraversando un periodo mai vissuto prima, chi riuscirà a resistere a questo momento così difficile avrà impostato quelle leve di valore che gli permetteranno di essere resilienti per continuare a crescere in maniera significativa, anche perché si presenteranno sicuramente delle grandi opportunità e vincerà chi saprà coglierle ecco noi vogliamo esser pronti a coglierle con il nostro network ed i nostri futuri affiliati. Da inguaribile ottimista credo che ripartiremo al meglio, un po’ come un elastico ben tirato che una volta rilasciato parte velocissimo”.

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Il decalogo della ripartenza – benessere e cura della persona

Le norme sul distanziamento fisico hanno imposto dei cambiamenti importanti nelle modalità di lavoro. Avere la capacità di innovare, offrendo servizi nuovi, e seguire le richieste del mercato in tempi rapidi potrebbe fare la differenza nel corso del nuovo anno.

Il decalogo della ripartenza per il settore benessere e cura della persona

  1. Per le imprese del wellness diventa centrale comunicare la sicurezza senza però trascurare gli aspetti legati alla piacevolezza e al relax dei trattamenti. In questo senso potrebbe aiutare la formazione specifica agli operatori coinvolti.
  2. Puntare sulle offerte di pacchetti esperienziali per spa e centri benessere, oltre che del solo servizio, permette di catturare la domanda dei millennial. Avvicinare il posizionamento del proprio brand al campo della sostenibilità, in modo da innescare una identificazione valoriale da parte del cliente che lo spinga a tornare ad usare i servizi offerti.
  3. Proposte specifiche per target tradizionalmente meno interessati, ad esempio quello maschile, potrebbe permettere di catturare una quota incrementale di pubblico.
  4. Il digitale e in particolare la costruzione di comunità profilate attorno alla propria attività, con cui entrare in contatto, comunicare e proporre offerte di supporto e consulenza, anche a distanza, potrebbero essere delle scelte vincenti per la fidelizzazione di una ancora più ampia base di clienti.
  5. Per ovviare alla crisi economica dei centri benessere che si prevede all’orizzonte, si potrebbero studiare offerte dedicate, anche ad esempio con abbonamento ricorrente, che permettano di fidelizzare la clientela immaginando costi unitari inferiori ma gli stessi ricavi complessivi per cliente. Presentarsi con un servizio innovativo come la presenza di punti di ricarica per auto elettriche può rappresentare una leva importante per catturare l’attenzione di coloro che sono più attenti alle tematiche della sostenibilità.
  6. Per il wellness business allargare ulteriormente i propri ricavi, ad esempio con merchandising, prodotti, servizi a domicilio.
  7. 07 Per le residenze assistenziali attrezzarsi per gestire una domanda attenta alle tematiche di sostenibilità, crescente nell’opinione pubblica.
  8. Le farmacie posso ulteriormente saldare il legame di fiducia con la clientela stabile e fare leva su questo per le necessità post-Covid.
  9. Gestire in modo ottimale le risorse fisse per cliniche e ambulatori medici aiuta a non perdere la domanda e a organizzare l’attività in modo flessibile.
  10. La spinta data dal digitale nelle abitudini degli italiani è irreversibile e potrebbe anche coinvolgere la medicina e la salute, con investimenti non solo nel backend gestionale, ma anche nell’offerta diretta di servizi a distanza.

©RIPRODUZIONE VIETATA (Tratto da AZ Franchising Magazine – Novembre/Dicembre 2020)

6 cambiamenti fondamentali nel Fashion e Retail

The State of Fashion 2021, il report pubblicato da McKinsey in collaborazione con The Business of Fashion, evidenzia come tra i settori più colpiti dalla pandemia vi sia il settore del Fashion e Retail in quanto si stima che nel 2020 l’industria della moda subirà una contrazione del 30% rispetto al fatturato in crescita dell’anno precedente. Accanto a ciò, l’Osservatorio settimanale di GFK sugli effetti del Coronavirus sui mercati, consumatori e media sottolinea come i consumatori di Retail abbiano modificato radicalmente le loro abitudini di consumo delineando nuovi bisogni espressi quali il prioritario desiderio di sicurezza. Infatti, l’Osservatorio evidenzia come, nonostante il lockdown e l’impossibilità di recarsi fisicamente nei negozi, il 63% degli italiani preferisca ancora acquistare nei negozi e, tra questi, il 68% lo farà solo nei luoghi in grado di garantire massima sicurezza ed igienizzazione degli spazi. Cambia, quindi, l’antropologia del consumatore inducendolo ad instaurare un nuovo rapporto con il brand incentrato non più solo sulla ricerca di un’estrema customer centricity ma anche sulla sicurezza dell’interazione. Infatti, tra gli effetti negativi che il COVID-19 ha causato alla filiera del Retail vi sono 6 cambiamenti fondamentali che obbligano ad una riorganizzazione interna nell’ottica di:

  • Ridurre l’interazione tra staff e consumatori: il distanziamento sociale imporrà una riduzione delle interazioni tra i consumatori e i personal shopper in store rendendo necessaria l’adozione di un nuovo servizio clienti frutto dell’utilizzo di un mix di canali diversi, virtuali e digitali, che verranno integrati con la presenza umana che sarà progressivamente sempre più ridotta. La New Normal nel settore Retail impone un maggiore utilizzo di tecnologie digitali quali assistenti virtuali e sistemi di intelligenza artificiale che consentono di ridurre l’interazione e mantenere elevato il livello di sicurezza nel punto vendita.
  • Installazione di sistemi touchless e contactless: gli store fisici esistenti e futuri dovranno essere rimodulati con sistemi di azionamento automatici che impongono l’adozione di nuove modalità di pagamento e nuove metodologie di interazione del consumatore con il prodotto così da azzerare  il contatto fisico e la trasmissione di batteri. E’ questa la strategia ad oggi solo brevettata di Amazon che ha progettato il “camerino 2.0” il nuovo specchio smart dotato di fotocamere e proiettori che consente agli utenti provare gli indumenti prima di acquistarli online.
  • Riorganizzazione del design e degli spazi per assicurare distanziamento sociale: accanto a ciò, si rende necessaria anche una riorganizzazione fisica dei negozi progettando nuovi spazi per ridurre il contatto interpersonale. E’ questa la strategia non intenzionale già adottata da Retailer famosi in tutto il mondo come Flying Tiger e nei format Express del settore GDO dove, grazie strategie di merchandising create ad hoc per favorire l’acquisto e al layout nel punti vendita, si creano dei percorsi guidati che, nell’era post pandemica, risultano efficaci per limitare il contatto interpersonale degli utenti.
  • Creazione di Pick-Up Hubs per ridurre le visite in store: già nel 2015 il retailer americano Walmart annunciava la nuova strategia omnicanale pensata per incrementare le vendite attraverso il potenziamento delle attività dell’e-commerce con la possibilità di ritirare la merce in negozio. E’ questa la formula di “Buy online, Pick up in store”, una tendenza già presente nel settore Retail ma resa ancora più necessaria nella fase post pandemica. Ciò consente per il Retailer di eliminare i costi per le consegne all’ultimo miglio e, per il cliente, di garantire un servizio di qualità e accessibile con un risparmio di tempo e costo.
  • Creazione di format più piccoli: la tendenza di creare punti vendita più piccoli era già in atto da tempo e lo dimostrano i numerosi format Express sviluppati dalle grandi catena GDO.
  • Focus sulla qualità dell’aria e sulla sicurezza in store: i punti vendita oltre che aver un flusso inferiore di cliente, dovranno garantire delle condizioni di aerazione e sanificazione costante in modo di creare delle condizioni sanitarie sicure sia per i dipendenti che per i clienti garantendo un’esperienza di acquisto in store in linea con i nuovi bisogni.

La crisi sanitaria che ha messo in ginocchio l’intera filiera del Retail ha, quindi, accelerato delle tendenze che già esistevano portando, in tempi rapidissimi, alla creazione di nuovi modelli di business e soprattutto ad una nuova consapevolezza: l’importanza della condivisione. È dalla condivisione di dati e risorse che il settore deve partire per ricostruire insieme la nuova normalità.

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Privacy e sicurezza aziendale

*Articolo a cura del Dott. Massimo Zampetti – Privacy Control

www.privacycontrol.it

A distanza di oltre due anni dal momento in cui è divenuta applicabile la nuova normativa sulla privacy, si ritiene utile richiamare e riassumere le principali novità introdotte, in particolare con riferimento alle conseguenze per le società ed aziende private, tenute oggi ad effettuare una serie di adempimenti per poter essere conformi alla legge.

A partire dal 25 maggio 2018 tutte le società che trattano dati di persone fisiche devono adeguarsi al Regolamento UE n. 679 del 2016 relativo alla protezione e alla libera circolazione dei dati personali (c.d. G.D.P.R. – General Data Protection Regulation).

Se prima del G.D.P.R., quindi, le aziende vedevano la legge sulla privacy come un fastidioso rallentamento dell’attività aziendale e si astenevano dal totale adeguamento a tale normativa, ora tutte le aziende sono chiamate a conformarsi – indipendentemente dalla loro dimensione – alle disposizioni normative, ai regolamenti, alle procedure e ai codici di condotta ed a mettere al sicuro i dati sensibili dell’azienda e dei suoi dipendenti (c.d. Compliance aziendale), evitando in tal modo anche di incorrere in pesanti sanzioni.

Ciò che il Regolamento Europeo introduce è l’accountability (o responsabilizzazione), principio che introduce un onere della prova interamente a carico del Titolare del trattamento, che dovrà essere in grado di dimostrare la propria conformità alla normativa in caso di avvenute violazioni e/o contestazioni.

Le aziende, per realizzare quanto sopra decritto, non potranno seguire dei modelli o standards fissi definiti dalla legge, in quanto nel panorama normativo non esistono indicazioni formali o criteri minimi da seguire nella predisposizione di una policy aziendale di sicurezza nel trattamento dei dati personali. Tutto viene lasciato alle conoscenze e capacità di analisi dei singoli titolari, che debbono prima esaminare il contesto organizzativo interno e poi produrre adeguate norme di comportamento.

Cosa deve fare, pertanto, una società per poter operare in ambito privacy in sicurezza? Quali sono le azioni necessarie da compiere e quali i rischi da prevedere ed escludere?

Innanzitutto, si deve individuare e nominare il Titolare del trattamento (o data controller) che, secondo quanto stabilito dall’art. 4 comma 7 del GDPR, è la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo cui competono le decisioni in ordine alle finalità e modalità del trattamento di dati personali, nonché agli strumenti utilizzati, ivi compreso il profilo della sicurezza. In linea generale, all’interno di un’azienda, il Titolare è individuato nel vertice dell’azienda, ovvero la società, l’ente, l’associazione, l’organizzazione o lo studio associato nel loro complesso e, pertanto, corrisponde ad una persona giuridica.

Altra importante figura da nominare, da parte del Titolare del trattamento (come sopra individuato) è il Responsabile del trattamento (in inglese data processor), necessario qualora l’azienda decida di avvalersi di un terzo per l’elaborazione dei dati personali (commercialista, studio di elaborazione buste paga, medico del lavoro, etc.). Egli è un soggetto, distinto dal Titolare, che deve essere in grado di fornire al Titolare garanzie al fine di assicurare il pieno rispetto delle disposizioni in materia di trattamento dei dati personali, nonché di garantire la tutela dei diritti dell’interessato.

In ogni caso, ai fini di una compliance aziendale adeguata è necessario che l’azienda si renda consapevole dei dati personali in suo possesso, che raccoglie e che processa, di quali siano le minacce ai quali gli stessi possono essere esposti, nonché dei soggetti (persone fisiche) che trattano tali dati e che sono sotto il controllo aziendale.

Il panorama attuale, con una sempre maggiore digitalizzazione ed un massivo utilizzo di dispositivi elettronici, ha amplificato i campi di interesse ed i rischi connessi in relazione alla privacy; si pensi alla Videosorveglianza, alla geolocalizzazione, allo smart working. L’innovazione digitale comporta la necessità di raggiungere una governance integrata con conseguente evoluzione dei modelli organizzativi aziendali, processo di cui la privacy costituisce parte integrante.

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Freddo e detox per vivere a lungo

Si chiama The Longevity Suite® l’innovativo network di centri Antiage con posizionamento Luxury in cui anni di Ricerca Scientifica si integrano con le più innovative tecnologie del mondo della salute e prodotti cosmeceutici d’avanguardia, per ottenere un perfetto equilibrio tra bellezza esteriore e benessere mentale

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Freddo e Detox sono il cuore dei programmi Antiage dei centri The Longevity Suite®. Il metodo Longevity nasce dal lavoro di oltre 20 anni di ricerca del team del dr. Massimo Gualerzi, cardiologo Antiage di fama nazionale e autore di numerosi libri sulla nutrizione, la salute e la longevità L’obiettivo è quello di creare il più grande Brand italiano del mercato Antiage attraverso un format consolidato facilmente internazionalizzabile, unico nel Mercato Retail grazie all’approccio integrato di background medicale, tecnologie estetiche d’avanguardia, trattamenti manuali sinergici, prodotti nutrizionali detox e cosmeceutici high tech, il tutto racchiuso in un rilassante mood Luxury-Design ideato dal famoso architetto del Wellness di Lusso Anton Kobrinetz. La crioterapia Total Body è uno dei pilastri del metodo Longevity, un trattamento che prevede la permanenza di tutto il corpo in una camera fredda tra i -85 e -95°C per un intervallo di tempo tra i tre e i cinque minuti e ha dei benefici straordinari per il corpo, in particolare sulla riduzione dell’invecchiamento da infiammazione (inflammaging). Il freddo inoltre è alla base di tutti i trattamenti di ringiovanimento viso e di body shaping e ha ispirato anche la creazione della linea cosmeceutica ideata per ridurre l’infiammazione e rallentare significativamente il processo di invecchiamento della pelle.

IL FORMAT

Il format, localizzato in centro città e in zone a elevata affluenza, prevede uno spazio minimo di 110 mq con:

Cryosuite, la vera crioterapia total body, senza azoto (al contrario delle tradizionali criosaune in commercio), permette di realizzare un trattamento più performante (il coropo è totalmente imemerso nel freddo) e sicuro per il cliente (che non è a contatto con il gas azoto), minori costi/maggiore semplificazione per l’imprenditore.

Crio Total Sculpt, la prima tecnologia di body sculpting che unisce tre trattamenti in uno: criolipolisi (riduzione del grasso localizzato attraverso l’uso del freddo), Ems (elettrostimolazione profonda) in grado di generare 10mila contrazioni all’ora e micro-correnti pulsate per trattare in profondità le fibre muscolari.

Cryoair, per la “crioterapia localizzata” con emissione di aria fredda a -32 °C per i trattamenti di ringiovanimento viso, stimolare la produzione di collagene ed elastina e ottenere il cosiddetto “frotox” un instant lifting non invasivo grazie al freddo.

Longevity Multisensory, per il “Mind Detox”, è una tecnologia innovativa per effettuare trattamenti di foto-biomodulazione altamente performanti su tutta la superficie di viso e collo grazie alla perfetta sinergia di: fasci fotonici emessi da un sistema di LED ad elevata potenza ed intensità di luce, acustica WiFi per l’ascolto di frequenze musicali che favoriscono le interconnessioni neuronali e aromaterapia inalatoria

Ultra Tone & Muscle, tecnologia per il body shaping basata su HIFEM campo magnetico focalizzato ad alta intensità per attivare la muscolatura profonda di addominali, glutei, braccia e gambe con efficacia superiore al lavoro volontario.

Detox Skin Bar. Una linea cosmeceutica sviluppata da professionisti dell’estetica avanzata, integratori naturali, Bio Detox Kit e super food completano l’area longevity.

LA FORMULA DI AFFILIAZIONE

The Longevity Suite accompagna il franchisee in tutte le attività, ricerca delle location, ristrutturazione, sviluppo piani di finanziamento personalizzati, guida nella selezione e formazione del personale, realizzazione delle attività di marketing e assistenza a 360°. L’investimento minimo parte da 175.000€ + iva ed include le tecnologie, gli arredi e lo startup di marketing.

Data l’innovazione che il Brand ha portato sul mercato, il profilo dell’affiliato ideale è quello di un imprenditore con esperienze di retail ma che non provenga dal settore dell’estetica e del Wellness affinché si lasci guidare dal Know How del gruppo che, anche grazie alla Longevity Academy, ha portato expertise medicali e un posizionamento lusso in mondo come quello dell’estetica tendenzialmente povero di competenze e con experience “economiche”. Il fatturato medio del punto vendita è di 400mila euro, con una redditività del 25/30% e un ritorno sull’investimento previsto a 18-24 mesi.

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Coronavirus e canoni di locazione

di Avv. Alessandra Sonnati – Frignani Virano e Associati Studio Legale

A causa della diffusione del Coronavirus COVID-19 e delle misure di contenimento adottate dal Governo per contrastare l’epidemia molti negozi sono stati costretti a ripetute chiusure totali o parziali o comunque hanno visto diminuire considerevolmente le loro entrate.

In un mio precedente articolo pubblicato su questa rivista trattavo dei rimedi in astratto disponibili per i franchisor e per i franchisees, evidenziando come pur in assenza di disposizioni che determinassero automaticamente l’estinzione dell’obbligo di pagamento del canone e/o il diritto ad una riduzione del canone di locazione, diverse disposizioni di legge facessero comunque ritenere legittima, nell’attuale situazione, una richiesta di riduzione o di sospensione del canone.

Sulla questione è intervenuto il Tribunale di Venezia, il quale, in una recente ordinanza, ha confermato il diritto per il conduttore di domandare la riduzione della propria prestazione.

In particolare il Tribunale ha ritenuto che, quantomeno per i mesi da marzo a maggio 2020, a causa delle restrizioni imposte dalla normativa sanitaria in materia di COVID 19 la conduttrice non avesse potuto utilizzare (o perlomeno avesse potuto utilizzare solamente in maniera ridotta) i locali oggetto di locazione, la cui destinazione era quella turistico – ricettiva. Ha inoltre evidenziato come il mancato pagamento dei canoni lamentato dalla locatrice fosse dovuto ad eventi eccezionali ed imprevedibili e per tale ragione non imputabili a colpa della conduttrice.

Sulla base di tali considerazioni il Tribunale ha riconosciuto il diritto per la conduttrice di richiedere una riduzione del canone per il periodo di lockdown, ritenendo applicabili le previsioni di cui all’art. 1464 c.c. (riguardanti le ipotesi di impossibilità parziale della prestazione) ed ha di conseguenza ritenuto non vi fossero i presupposti per convalidare lo sfratto per morosità intimato dalla locatrice a seguito del mancato pagamento dei canoni.

Come si può vedere si trattava nel caso di specie di una locazione aveten ad oggetto una struttura ricettiva, in merito alla quale è innegabile l’effetto delle restrizioni imposte per limitare il diffondersi dell’epidemia.

Rispetto ad altre situazioni occorrerà invece valutare caso per caso quale sia l’approccio più appropriato, sulla base di una valutazione da effettuarsi tenendo conto dell’effettiva incidenza delle misure restrittive sull’esercizio dell’attività, della loro durata, e della presenza nel contratto di specifiche clausole che consentano la rinegoziazione e così via.

Tuttavia, anche alla luce della pronuncia del Tribunale di Venezia, vi è certamente spazio per chiedere una sospensione o una riduzione del canone, quantomeno per il periodo di arresto dell’attività causato dall’adozione di misure di contenimento dell’epidemia da Covid 19.

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Adiura:una grande opportunità | Intervista Alessandro Emiliani

Intervista a Alessandro Emiliani, titolare di Agenzia in Emilia Romagna, a Forlì

Scopri come aprire Adiura in franchising da € 5.500,00

Professore universitario al conservatorio di Bologna è entrato in contatto con Adiura agli inizi del 2019. “Quando sono venuto a conoscenza del progetto di Adiura – afferma Alessandro Emiliani, titolare di Agenzia in Emilia Romagna, a Forlì per la precisione – mi è subito piaciuto ed entusiasmato, ero partito con l’intenzione di aprire una Casa Famiglia ma poi dopo avere parlato con il responsabile del franchising ho deciso di aprire con la Formula Agenzia, che comprende anche il servizio C.A.F., il centro di assistenza fiscale, in questo modo riesco a soddisfare le esigenze della clientela in termini generali”.

Come mai la scelta di avvicinarsi ad un settore molto particolare come quello dell’assistenza agli anziani?
“Da tempo stavo valutando l’idea di intraprendere un’attività in ambito sociale e Adiura mi ha fornito questa grande opportunità”.

Quali sono state le principali motivazioni che l’hanno spinta a scegliere Adiura?
“Il più che decennale bagaglio d’esperienza del gruppo è stato fondamentale nella mia scelta sul brand, le competenze che il gruppo ha maturato nel tempo mi sono state davvero indispensabili nella fase di di start up, dove la Casa Madre mi ha supportato sotto tutti gli aspetti: professionale, economico, strategico e di marketing. Il Franchising Adiura permette a chi ha voglia iniziare un’attività in proprio in questo settore di operare riducendo i costi di avvio e con un’organizzazione alle spalle che davvero garantisce la massima redditività”.

E’ necessario seguire dei corsi di formazione? Se si su quali aspetti…
“La formazione di Adiura è completa al 100%, spazia dalle tematiche e problematiche del settore fino al marketing e alla comunicazione”.

Che consiglio darebbe ad un nuovo affiliato?
“Spesso ricevo telefonate da parte di persone che mi chiedono informazioni sul brand di Adiura, persone, persone interessate a una nuova apertura. A coloro che si approcciano per la prima volta a questo settore dico che la serietà e la reputazione del brand sono assolutamente fondamentali, e senza dubbio la professionalità e la serietà del brand Adiura è al TOP del settore. Mi sento di consigliare il brand Adiura a tutti coloro che hanno voglia di avviare un’attività in ambito sociale, il management è dinamico, attento al mercato e lungimirante”.

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Il mondo outdoor in un flagship – il caso Mountain Equiment Co-op

Il caso Mountain Equiment Co-op (MEC) nell’elegante quartiere Queen Street West di Toronto è un esempio di flagship che facilità l’esplorazione esperienziale dei prodotti e del mondo outdoor: c’è una grande parete per le arrampicate, molti prodotti possono essere testati in negozio e uno spazio eventi propone un nutrito calendario di incontri

di Fabrizio Valente – Founder e amministratore di Kiki Lab (Gruppo Promotica)

Mountain Equiment Co-op (MEC) è una catena canadese specializzata in abbigliamento, attrezzature e accessori per l’outdoor. Il retailer è una cooperativa di consumatori nata nel 1971 che oggi è cresciuta fino a superare 5 milioni di soci (in un Paese di 37 milioni di abitanti). Recentemente MEC ha deciso di aprire un flagship esperienziale di 5.000 mq su tre piani nell’elegante quartiere Queen Street West di Toronto, in cui poter esprimere tutto il DNA del brand, la passione per l’outdoor da trasmettere ai clienti tramite i prodotti che si possono provare, la cultura outdoor da condividere e l’impegno per la natura e i temi sociali, che fanno parte dei valori di base della cooperativa.

Responsible Experience

Dalla sua nascita, MEC ha sempre mantenuto una linea di comportamento consapevole e impegnato. Recentemente, ad esempio, ha convertito 950 lavoratori occasionali in assunzioni part time e full time, garantendo più diritti, coperture assicurative, ecc. con i benefici attesi di avere personale con un maggior spirito di appartenenza e più motivato nel servire al meglio i clienti.

Il flagship di Toronto è a emissioni zero, così come tutti gli edifici MEC, e utilizza energia rinnovabile. Inoltre, la cooperativa ha inserito una targa con un riconoscimento del fatto che il negozio è situato in un territorio che era dei nativi canadesi e che quindi è giusto promuovere politiche sociali di compensazione verso questo gruppo sociale.

Engagement

Il flagship facilità l’esplorazione esperienziale dei prodotti e del mondo outdoor: c’è una grande parete per le arrampicate, molti prodotti possono essere testati in negozio e uno spazio eventi propone un nutrito calendario di incontri. Sono inoltre disponibili laboratori per le riparazioni e la manutenzione di biciclette e sci e anche device di Virtual reality per test virtuali dei prodotti. Gli addetti sono dotati di tablet per fornire un’assistenza più completa sull’assortimento, sui iformazioni tecniche e sulla presenza dei prodotti in stock, in negozio e/o online.

Commento finale Kiki Lab

MEC, con questo flagship, rafforza il suo posizionamento distintivo, basato sui valori cooperativi, sociali e ambientali, trasmessi da un team appassionato di outdoor e di servizio. Contemporaneamente offre un’esperienza Retail coinvolgente, con molti prodotti in test, sia fisicamente che con il supporto della realtà Virtuale.

Sfida: mantenere alto il livello di servizio, con personale competente e appassionato, come elemento distintivo sul mercato.

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Prossimo evento Kiki Lab (Gruppo Promotica)

Webinar, 18 marzo 2021 (14.00 – 18.00)

Retail Innovations 16 

Le innovazioni per il nuovo mondo – Tendenze e casi internazionali

Partner: AllWays, Confcommercio Imprese per l’Italia

Evento a pagamento, inviti disponibili per manager Retail, Brand e Real Estate (disponibilità limitata).

Per informazioni e iscrizioni: kiki@kikilab.it – 030 22 16 81