Dopo il Covid nella vendita prevale il “Soft Selling”

*di Ugo Perugini – Giornalista e blogger

5 pratiche utili per abbandonare un certo stile di vendita troppo aggressivo

I clienti sono molto stressati, soprattutto se la crisi economica li ha colpiti da vicino, e adottare un approccio “hard” nella vendita non farà che stressarli ancora di più, provocando reazioni negative

Negli ultimi mesi milioni di persone in tutto il mondo hanno dovuto affrontare malattia, morte e difficoltà economiche a causa della pandemia. Ora più che mai, sia nelle relazioni personali sia nelle reti professionali nessuno riesce più a sopportare atteggiamenti di falsa sincerità.

In altre parole, se un professionista della vendita manca di empatia, autenticità, integrità nei confronti di un cliente, la relazione ne risentirà e sarà difficile che il contratto si possa chiudere positivamente.

D’altra parte, nessuno nega che chi ha il compito di vendere in questi momenti si trovi in notevoli difficoltà nel concludere accordi, assicurarsi commissioni, realizzare profitti. Riuscire a conciliare l’esigenza pragmatica di guadagnare con la necessità di mostrare empatia e integrità nei confronti dei clienti può risultare un compito difficile.

Bisogna passare da una vendita “hard” a una “vendita soft”. Cosa non sempre facile perché molti professionisti della vendita sono stati istruiti e abituati a usare tecniche e tattiche, che possiamo definire dirette, energiche, aggressive, in certi casi implacabili e manipolatorie, accompagnate da vecchi trucchi del mestiere.

La vendita “hard” o “forzata” otteneva risultati? Qualche volta, in passato. Anche se non riusciva quasi mai a conquistare la fiducia e la lealtà dei clienti. Oggi, al contrario, questo tipo di vendita può risultare addirittura controproducente e disastroso.

L’approccio “soft” oggi diventa l’unico modo per evitare che i potenziali clienti abbiano reazioni negative perché non spinge all’acquisto ma mira alla convinzione. Si tratta di tecniche sobrie, non invasive, amichevoli, casual. Il clima che si deve instaurare in questo tipo di trattativa deve essere improntato  alla calma, alla riflessione, solo così emerge la caratteristica più efficace di un buon venditore, cioè l’affidabilità.

Perché passare al “soft selling” in questi momenti è indispensabile? Per un motivo semplice: i clienti sono molto stressati, soprattutto se la crisi economica li ha colpiti da vicino, e adottare un approccio “hard” nella vendita non farà che stressarli ancora di più, provocando reazioni negative.Ma vediamo le 5 pratiche utili per abbandonare un certo stile di vendita troppo aggressivo e adottare il nuovo “soft selling”.

  1. Dimostra empatia. Comprendi veramente le esigenze e le intenzioni del cliente. Cerca sul serio di metterti nei suoi panni. Il cliente capisce se sei egocentrico e preoccupato solo di chiudere la vendita a qualsiasi costo.
  2. Sii onesto. Spiega in modo piano e chiaro la tua offerta, compresi gli eventuali limiti, difetti o i problemi del servizio/prodotto che stai offrendo in relazione alle specifiche caratteristiche del tuo cliente. Evita verità parziali od omissioni.
  3. Cerca di vestire i panni dell’esperto. Fornisci risposte veritiere alle domande del cliente, sii sincero, diretto. Impegnati a valutare la sua posizione, sondando con discrezione le sue esigenze e i suoi punti deboli. Questa dovrebbe essere la prassi normale di una vendita corretta, ma in queste circostanze diventa un obbligo, per così dire, morale.
  4. Dal tuo comportamento deve emergere chiaramente che il tuo ruolo è anche quello di consulente. Essendo esperto del settore in cui operi puoi diventare per il tuo cliente davvero un partner privilegiato per indicargli la strada più giusta per raggiungere gli obiettivi che gli stanno a cuore o superare i problemi che lo preoccupano. Non è il momento di utilizzare tecniche subdole, manipolazioni, compromessi o denigrare la concorrenza. La tua obiettività non deve essere messa in discussione.
  5.  Cerca di essere integro nella vendita. E’ evidente che il tuo scopo è quello di vendere, ma ci sono modi e modi per farlo. La correttezza, l’onestà ma anche la gentilezza, l’attenzione nei confronti dell’altro dovranno prevalere. Sai che il cliente può avere bisogno del servizio/prodotto che offri e che questo lo aiuterà, ma spingere troppo sulla vendita può risultare controproducente. Se in cuor tuo sai che il cliente non è pienamente convinto – e un venditore etico è consapevole dei reali sentimenti del cliente – devi avere il coraggio, la forza di abbandonare la vendita per aprire la strada a future transazioni, costruendo con lui una relazione a lungo termine, amichevole, sincera che non potrà che rivelarsi reciprocamente vantaggiosa.

Di questi tempi, meglio un approccio “soft selling” che uno “hard”. Tattiche di vendita troppo aggressive potrebbe avere anche un loro tornaconto immediato, anche perché il cliente in questi momenti è più confuso e disorientato, ma si tratterebbe di una vittoria di Pirro. Potresti vincere una battaglia ma perdere la guerra.

Italia 2020: la digital transformation è realtà

ITALIA 2020: LA DIGITAL TRANSFORMATION È REALTÀ

*A cusa della Dott.ssa Francesca Paleari –  Founder & General Manager Obiettivo Sviluppo

Il cambiamento organizzativo è sempre alla base di ogni trasformazione del business, non solo digitale. Modificare la natura di una organizzazione significa cambiare totalmente l’approccio del modo di lavorare e pensare.

Analizziamo in questo numero una politica impegnativa ma necessaria: il bando Mise Digital Trasformation.

L’Italia soffre strutturalmente ed è in un ritardo cronico sull’aggiornamento e sullo sviluppo del digitale e di tutte le infrastrutture che ruotano attorno a questa tematica.

Ma di cosa si tratta?

Come cita il sito ufficiale del Ministero dello Sviluppo Economico, dobbiamo partire dalle basi.

Quando si parla di digitale il significato spesso è frainteso; se parliamo di trasformazione digitale (“intesa come percorso “rivoluzionario” all’interno delle organizzazioni”) lo è ancor di più.

Nell’era dell’informatica, “il significato di digitale è quello di informazioni trasportate in codice binario, a cifra 0-1 (digit in inglese significa cifra e deriva dal latino digitus, che fa riferimento alle dita delle mani utilizzate per contare)”.

Oggi, “digitale” viene considerato come sinonimo di “numerico”, ma si contrappone invece alla forma di rappresentazione dell’informazione detta analogica, che non è analizzabile entro un insieme finito di elementi. Un oggetto (o un processo) viene digitalizzato, cioè reso digitale, se il suo stato originario (analogico) viene “tradotto” e rappresentato mediante un insieme numerabile di elementi.

Questa premessa era ed è obbligatoria da un punto di vista didattico, per coglierne la natura etimologica del termine, al fine di coglierne il significato di “politica” e di strumento che il Governo ci mette a disposizione.

Con Decreto direttoriale 9 giugno 2020, è stato disciplinato l’intervento agevolativo sulla Digital Transformation istituito all’articolo 29, commi da 5 a 8, del Decreto crescita, e finalizzato a sostenere la trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle micro, piccole e medie imprese attraverso la realizzazione di progetti diretti all’implementazione delle tecnologie abilitanti individuate nel Piano Nazionale Impresa 4.0, nonché di altre tecnologie relative a soluzioni tecnologiche digitali di filiera.

BENEFICIARI

Tutte le PMI con i seguenti requisiti, possono partecipare a questo bando, presentando domanda. Le imprese interessate, devono tassativamente:

  • Essere iscritte come attive nel Registro delle imprese;
  • Operare in via prevalente o primaria nel settore manifatturiero e/o in quello dei servizi diretti alle imprese manifatturiere e/o nel settore turistico e/o nel settore del commercio;
  • Aver conseguito, nell’esercizio cui si riferisce l’ultimo bilancio approvato e depositato, un importo dei ricavi delle vendite e delle prestazioni pari almeno a euro 100.000,00;
  • Disporre di almeno due bilanci approvati e depositati presso il Registro delle imprese;
  • Non essere sottoposte a procedura concorsuale e non si trovano in stato di fallimento, di liquidazione anche volontaria, di amministrazione controllata, di concordato preventivo o in qualsiasi altra situazione equivalente secondo la normativa vigente.

Le PMI possono anche presentare un progetto congiuntamente tra loro (max in numero comunque non superiore a dieci imprese).

I progetti devono essere realizzati mediante il ricorso allo strumento del contratto di rete o ad altre forme contrattuali di collaborazione, compresi il consorzio e l’accordo di partenariato in cui figuri, come soggetto promotore capofila, un DIH-digital innovation hub o un EDI-ecosistema digitale per l’innovazione, di cui al Piano nazionale Impresa 4.0.

SETTORI AMMESSI

Le attività delle PMI, per poter accedere alle agevolazioni, devono essere in via prevalente/primaria quelle del settore manifatturiero e/o in quello dei servizi diretti alle imprese manifatturiere, nonché, al fine di accrescerne la competitività e in via sperimentale per gli anni 2019-2020, quelle del settore turistico (digitalizzazione della fruizione dei beni culturali, anche in un’ottica di maggiore accessibilità e in favore di soggetti disabili).

SPESE FINANZIABILI

I progetti ammissibili alle agevolazioni devono essere diretti alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi dei soggetti proponenti mediante l’implementazione di :

  • tecnologie abilitanti individuate dal Piano nazionale impresa 4.0. (advanced manufacturing solutions, additive manufacturing, realtà aumentata, simulation, integrazione orizzontale e verticale, industrial internet, cloud, cybersecurity, big data e analytics) e/o;
  • tecnologie relative a soluzioni tecnologiche digitali di filiera, finalizzate:

1) all’ottimizzazione della gestione della catena di distribuzione e della gestione delle relazioni con i diversi attori;

2) al software;

3) alle piattaforme e applicazioni digitali per la gestione e il coordinamento della logistica con elevate caratteristiche di integrazione delle attività di servizio;

4) ad altre tecnologie, quali sistemi di e-commerce, sistemi di pagamento mobile e via internet, fintech, sistemi elettronici per lo scambio di dati (electronic data interchange-EDI), geolocalizzazione, tecnologie per l’in-store customer experience, system integration applicata all’automazione dei processi, blockchain, intelligenza artificiale, internet of things.

Tutti i progetti, quindi, devono assolutamente avere come oggetto principale o attività di innovazione di processo/organizzazione o investimenti.

NUMBERS:

  • L’importo di spesa minimo deve essere non inferiore a euro 50.000,00, mentre il massimo non deve essere superiore a 500.000,00;
  • Durata del progetto: non superiore a 18 mesi dalla data del provvedimento di concessione delle agevolazioni;
  • Le risorse finanziarie per la concessione delle agevolazioni ammontano a euro 100.000.000,00.

Per entrambe le tipologie di progetto ammissibili a beneficio le agevolazioni sono concesse sulla base di una percentuale nominale dei costi e delle spese ammissibili pari al 50 percento, articolata come segue:

  • 10 percento sotto forma di contributo;
  • 40 percento come finanziamento agevolato.

Regime di aiuto: “de minimis”.

Termini e modalità di presentazione delle istanze: dalle ore 12.00 del 15 dicembre 2020.

Obiettivo Sviluppo c’è

Obiettivo Sviluppo nasce per dare una risposta concreta alle esigenze degli imprenditori italiani che negli anni si sono sempre avvicinati al mondo delle agevolazioni pubbliche, dei mercati globali, delle partnership, senza riuscire a fare il next step : dall’idea all’execution. Con il progetto UP, il team entra nel vivo di questi argomenti, liberando imprenditori e manager dall’operatività di queste azioni, lasciandoli liberi di fare il loro lavoro e sviluppare il loro core business. I campi di azioni sono: Finanza agevolata, internazionalizzazione, networking. Settori di intervento: agricoltura, agroindustria/agroalimentare, artigianato, commercio, cultura, industria, pubblico, servizi/No Profit, turismo. francesca@obiettivosviluppo.com

Ho scelto NoiEnergia perchè credo fortemente nel progetto

Intervista a Fabio Virgillito, agente, affiliato in Sicilia

Scopri come aprire un franchising CasaEnergia da € 16.000

Fabio Virgillito, agente, affiliato in Sicilia

Da 20 anni è titolare di un’azienda di rappresentanze e svolge l’attività di agente sul territorio siciliano. Ha scelto di avvicinarsi al settore della fornitura di gas e energia perché, sicuramente, può essere da supporto e accompagnare l’attività che già svolge da parecchi anni. “Condivido la mission e l’idea di NoiEnergia – afferma Fabio Virgillito, agente, affiliato in Sicilia –  e condivido l’idea che mi è stata illustrata dall’Ingegnere Giuseppe Pappalardo, responsabile di NoiEnergia Sicilia e punto di riferimento per impianti fotovoltaici ed energie rinnovabili”.

La proposta commerciale di NoiEnergia ha un obiettivo molto ambizioso: creare una nuova categoria, quella di un negozio di prossimità che venda una nuova relazione con il mondo dell’energia. Da NoiEnergia l’affiliato è un partner, non un cliente. Questa è l’essenza e la filosofia del brand. Con NoiEnergia l’affiliato non è un intermediario ma il fornitore di di luce e gas del territorio.

Quando e come è entrato in contatto con NoiEnergia?

“Il progetto mi è stato illustrato a maggio dell’anno 2019 e subito ho deciso di farne parte perché il format CasaEnergia va a completare una lacuna nel mercato, quella della presenza di un professionista serio, qualificato, conosciuto, che sia il referente, sempre vicino durante tutta la relazione con il cliente, nella comprensione del mondo luce e gas. Un grande vantaggio di entrare a far parte di CasaEnergia è rappresentato dai bassi costi di ingresso e dalla possibilità di scegliere l’area in cui operare”.

Le principali motivazioni che l’hanno spinta a scegliere di far parte della squadra di NoiEnergia?

“Questa attività si sposa con il mio lavoro e credo fortemente in questo progetto”.

In che modo la Casa Madre lo ha sostenuto?

“La casa madre ascolta le mie esigenze ed è sempre vicino a noi affiliati. Mi ha dato fin da subito gli strumenti operativi per operare in questo mercato”.

E’ necessario seguire dei corsi di formazione? Se si su quali aspetti…

“Assolutamente si, sono necessari per comprendere fino in fondo l’etica e il mood di NoiEnergia. Ho partecipato personalmente alle videolezioni, sempre accessibili su un portale dedicato, in cui ho appreso concetti e aspetti di questo mercato che non conoscevo”.

Che consiglio darebbe ad un nuovo affiliato?

“Ai futuri affiliati consiglio di muoversi all’interno di questo mercato con determinazione e professionalità. Inoltre aggiungo che NoiEnergia, oltre ad essere un’azienda è una famiglia ed è sempre pronta ad aiutare noi come affiliati ed i nostri clienti”.

I suoi progetti futuri…

“Spero di trasmettere lo spirito di NoiEnergia a colleghi ed amici e con il tempo mi auguro che si realizzino, da paret della Casa Madre, nuovi servizi da offrire ai nostri clienti”.

@Redazione AZ Franchising

Il conto vendita: opportunità o bluff?

di Mirco Comparini – Commercialista e Revisore Legale

Il termine “conto vendita” è attribuito a forme di commercializzazione di beni, spesso, ben diverse.

Ad esempio, si parla di conto vendita anche per le attività come “mercatini dell’usato”, per le quali è applicabile il contratto di “mandato alla vendita” e per le quali si rende necessario anche l’inquadramento come “agenzie di affari” soggette alla normativa riportata nel Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS).

Tale formula non è applicabile solo all’usato, ma anche ai beni di nuova produzione. All’atto pratico, uno o più soggetti (privati o imprese) proprietari di beni consegnano ad un soggetto terzo (impresa) tali beni per la loro vendita. Quest’ultimo espone i bene e li vende per conto dei primi, incassa il denaro per loro conto ed esegue il rimborso ai singoli proprietari dei beni, trattenendosi una provvigione. Il responsabile di tale struttura non è quindi un commerciante, in quanto non pone in vendita direttamente merce della quale detiene il titolo di proprietà o di possesso in termini estimatori, ma si configura come un vero e proprio “promotore di affari”. Si tratta, quindi, di una tipica attività di intermediazione alla quale è applicabile l’Articolo 1706 e seg. del Codice Civile (contratto di mandato).

Come funziona il Conto Vendita

Altra forma di commercializzazione in conto vendita è, invece, quella ritenuta più “tipica” e che è identificabile nel “contratto estimatorio”, regolato dall’Articolo 1556 e seg. del Codice Civile, il quale recita: “con il contratto estimatorio una parte (tradens) consegna una o più cose mobili all’altra (accipiens) e questa si obbliga a pagare il prezzo, salvo che restituisca le cose nel termine stabilito”.

All’atto pratico, il tradens adempie all’obbligo di consegnare prodotti o merci all’accipiens (che ne è responsabile quale “custode”) il quale, al ricevimento, non è tenuto a pagarne il prezzo, ma vi provvederà (nei termini e con le modalità concordate) al momento della riconsegna dell’invenduto o ad altro specifico momento, come, ad esempio, alla verifica del venduto.

Tale formula, che impropriamente chiameremo “estimatoria”, è definita anche “merci in conto vendita” e si differenzia, quindi, dalla formula tipica definita “merci in conto acquisto”, con la quale il commerciante acquista la merce, acquisendone quindi a tutti gli effetti la proprietà, la paga (nei termini ed alle condizioni convenute) e può liberamente disporne, incluse decisioni circa il prezzo di vendita, la percentuale dei saldi, il margine, ecc.

E’ ovvio che, per chi decide di intraprendere un’attività commerciale, indipendentemente dalla tipologia di merci che decide di trattare, si tratta di una differenza alquanto importante:

  • acquistare la merce da vendere e pagarla dopo la vendita stessa, restituendo quella invenduta, oppure, acquistare la merce e pagarla senza sapere se effettivamente sarà venduta;
  • assumersi il rischio delle rimanenze di fine anno/stagione, oppure, non sentire il peso di tale “capitale fermo”. E ciò, non solo per logiche di mercato derivanti dal comportamento del consumatore, ma anche a seguito di valutazioni e scelte sbagliate, anche in termini quantitativi e qualitativi;
  • sulla quantità da acquistare, sui prodotti, modelli, varianti acquistati, e di ritrovarsi molte rimanenze invendute o non avere la necessità di risolvere tali problematiche gestionali;
  • usufruire del rapporto bancario secondo le proprie esigenze e possibilità (finanziando gli acquisti) o dedicare parte delle “concessioni bancarie” al rilascio di una garanzia bancaria che, solitamente, il fornitore richiede per le merci messe a disposizione.

Questa, in sintesi, è la formula contrattuale classica prevista dalla legge ed è una formula sempre più utilizzata anche nei rapporti di franchising ai quali, però, sono apportate delle specificità. Contrariamente a come spesso si rileva o viene riportato, nel “conto vendita” conseguente i rapporti da “contratto estimatorio” non è obbligatorio che il venditore agisca in nome e per conto del fornitore, anzi, direi che non è ammesso. Il venditore è un soggetto autonomo ed indipendente. L’adesione ad un marchio (con la forma contrattuale concordata) non comporta l’instaurazione di tale tipologia di rapporto che corrispondente ad un “mandato”.

© RIPRODUZIONE VIETATA

Per evitare errori e insidie che può nascondere questa formula di distribuzione leggi l’articolo completo nell’ultimo numero di AZ Franchising. Acquista AZ Franchising Magazine

PLAN BUY: il franchising dell’immobile chiavi in mano

E’ entrato in contatto con Plan Buy nel 2017, tramite un’inserzione su immobiliare.it in cui l’azienda ricercava immobili, specificando che li avrebbe personalizzati. Plan Buy®, infatti, è il primo e unico metodo adottato da un network di professionisti selezionati (consulenti immobiliari, finder, progettisti e imprese), che assistono e supportano chi cerca la propria casa dei sogni e infine forniscono l’abitazione ideale personalizzata su misura, consegnata chiavi in mano entro il budget di spesa previsto per l’acquisto “All’epoca facevo anche l’agente immobiliare – afferma Matteo Genoni, affiliato Plan Buy – e avevo un paio di proposte che ho presentato. Da lì ho intuito la possibilità di lavorare in ambito immobiliare con una connotazione diversa e più professionale. Opero su Torino, non ho una zona di riferimento da trattare, questo è molto positivo, perchè posso spaziare su tutto il territorio, chiaramente seguendo i desideri dei clienti che seguo”.

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Matteo Genoni, affiliato Plan Buy

Come mai la scelta di avvicinarsi ad un settore, quello immobiliare, ma con una particolarità: non vendere semplici immobili ma offrire un prodotto finito, in base alle esigenze del cliente, chiavi in mano? 

“E’ una scelta dettata dalla voglia di innovazione che ho sempre avuto dentro di me, e che si sposa con l’azienda, sempre pronta ad ascoltare le esigenze di una clientela selezionata, che va servita con molta professionalità e i suggerimenti degli affiliati, al fine di migliorarsi sempre di più”.

In cosa consiste formula di affiliazione? 

“E’ un’affiliazione particolarmente interessante, perchè non ha costi, nè fee di entrata, oltre al fatto che viene messa a disposizione una sede di lavoro. Inoltre Plan Buy, attraverso le sue campagne promozionali procura i potenziali clienti interessati, il mio compito è scegliere e capire quali di questi possiamo servire al meglio”.

Prima di entrare nella squadra di Plan Buy cosa faceva…. Il suo percorso professionale…

“Ho un back ground di tipo finanziario, avendo una laurea in amministrazione aziendale, ho lavorato in borsa come operatore telematico titoli e bond, poi ho preso il patentino da agente immobiliare per ampliare le mie conoscenze. Adesso mi sto dedicando a soddisfare quel tipo di clientela che non si accontenta di immobili già esistenti, ma li vuole personalizzare in base ai propri gusti e le proprie esigenze, ed il taglio finanziario che riesco a dare a tutto il processo mi permette di essere consulente a 360 gradi”.

Quali sono state le principali motivazioni che l’hanno spinta a scegliere Plan Buy?

“La motivazione principale è stata la filosofia aziendale: dare un prodotto unico, senza concorrenti, e per me senza spese di affiliazione, e senza fare ricerca di clienti. Poi la formazione continua che ti aiuta a migliorare in tutti i campi della vita, soprattutto nella comunicazione. Se sei Plan Buy, diventi un professionista, se non lo diventi è solo colpa tua”.

In che modo la Casa Madre lo ha sostenuto?

“La Casa Madre ti sostiene sempre, da quando inizi a quando sei autonomo, con formazione settimanale, e una politica di marketing che ti porta i clienti, sta a te selezionarli al meglio per capire quali seguire”.

E’ necessario seguire dei corsi di formazione?

“Si è necessario, ma non è un peso, è quasi come imparare divertendosi. Vi è formazione tecnica, su aspetti legati al mondo immobiliare, legale e alla contrattualistica, e poi vi è la comunicazione, in cui si apprendono tecniche molto efficaci per parlare in pubblico, ascoltare, e dare risposte che devono soddisfare ogni tipo di clientela, anche tramite la pnl”.

Quali sono in termini economici i numeri per chi come lei vorrebbe affiliarsi a Plan Buy?

“Chi si vuole affiliare a Plan Buy deve tenere ben presente due cose: costi nulli e profitti che aumentano mano a mano che la propria professionalità inizia a diventare importante. La motivazione, insieme all’apprendimento può portare a seguire anche più clienti contemporaneamente, e basta fare 4/5 vendite annue per garantirsi un ritorno economico soddisfacente”.

Che consiglio darebbe ad un nuovo affiliato?

“Il consiglio principale è: non avere fretta. Immaginare il proprio lavoro come una bilancia con due piatti, da una parte le competenze dall’altra i guadagni. Bisogna concentrarsi sul piatto della professionalità, più si aggiunge peso su questo ed automaticamente l’altro non potrà che andare verso l’alto. Ma non bisogna fare il grave errore di guardare al profitto subito, sennò ci si concentrerebbe sul piatto sbagliato. Questo arriverà solo se l’altro piatto sarà appesantito dal valore professionale. Sic et simpliciter!”.

I suoi progetti futuri…

“Diventare un professionista con la P sempre più grande, il resto arriverà per forza, naturalmente, con una velocità che non si può immaginare”.

@Redazione AZ Franchising

Il decalogo per aspiranti franchisees

Gli aspiranti affiliati dovrebbero però avere ben chiaro in mente che lo svolgimento di un’attività commerciale comporta dei rischi e che l’affiliato, come in ogni attività di impresa, assume su di sé il relativo rischio imprenditoriale. Le 10 regole d’oro.

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di Alessandra Sonnati – Avvocato – Frignani Virano e Associati Studio Legale

In momenti di incertezza come quello attuale il franchising continua ad essere un valido strumento per chi è alla ricerca di possibilità di impiego alternative.

Gli aspiranti affiliati dovrebbero però avere ben chiaro in mente che lo svolgimento di un’attività commerciale – anche se svolta all’interno di una rete in franchising – comporta dei rischi e che l’affiliato, come in ogni attività di impresa, assume su di sé il relativo rischio imprenditoriale.

Qui di seguito abbiamo redatto una sorta di decalogo per aspiranti franchisees, con le domande che gli aspiranti affiliati dovrebbero (almeno) porsi prima di scegliere un franchising.

  1. Cosa prevede la normativa sul franchising?

Per chiunque voglia intraprendere un’attività in franchising è fondamentale conoscere la normativa di riferimento.

In Italia il franchising è regolato dalla legge 129/2004, che definisce il contratto di franchising, regola i contenuti minimi del contratto e prevede specifici obblighi di informativa in capo all’affiliante.

Le previsioni di cui alla legge sul franchising dovranno poi essere integrate con la specifica normativa che regolamenta il settore di riferimento.

  1. Quali costi comporta l’avvio di un’attività?

Tra i costi necessari per avviare l’attività rientrano sicuramente i costi relativi agli investimenti specifici alla relazione contrattuale (come nel caso degli arredi, delle attrezzature o dei macchinari necessari allo svolgimento dell’attività oggetto del franchising).

Ci sono però anche tutta una serie di costi che non dipendono dall’affiliante, ma che l’aspirate affiliato dovrà comunque sostenere, al pari di chiunque si accinga ad avviare un’attività autonoma. Mi riferisco ad esempio ai costi per l’eventuale costituzione della società, all’ottenimento dei permessi o delle licenze necessarie, quelli relativi al personale di cui necessiterà, ai costi dei consulenti (commercialisti, consulenti del lavoro) e altro.

Altri costi ancora varieranno invece in relazione alle condizioni soggettive dell’aspirante affiliato: se esso è proprietario dei locali che utilizzerà per lo svolgimento dell’attività o se li deve prendere in locazione; se saranno necessarie opere di ristrutturazione, se dispone delle risorse economiche necessarie o e dovrà chiedere un finanziamento e così via.

  1. Quali sono i requisiti richiesti ai potenziali affiliati?

Per poter confermare il proprio interesse e per poter valutare se l’attività proposta risponde alle proprie esigenze, sarà opportuno conoscere quali sono i requisiti richiesti ai potenziali affiliati, in termini di esperienza, capacità finanziaria, titoli di studio, ecc. e come si svolgerà il processo di selezione.

  1. Nella mia città ci sono già dei punti vendita affiliati?

Sempre in via preliminare, sarà poi importante sapere se nella propria città esistono dei punti vendita affiliati alla catena individuata e in che zone. Ciò consentirà di effettuare una prima valutazione sulle prospettive di successo ed eventualmente di visitare i punti vendita affiliati.

  1. Ho valutato il contratto che mi è stato proposto?

Il rapporto di franchising passa attraverso una fase pre-contrattuale articolata e legislativamente regolata. La legge sul franchising disciplina infatti quali sono le informazioni che devono essere fornite all’aspirante affiliato, prevedendo che il contratto e le informazioni vengano fornite all’aspirante affiliato almeno 30 giorni prima della stipulazione del contratto. Tale termine è stato pensato proprio per dare all’aspirante affiliato il tempo per acquisire piena conoscenza del contratto e del contenuto dei reciproci obblighi.

Fondamentale sarà quindi valutare bene il contratto proposto, avendo ben chiaro quelle che sono le proprie aspettative. Importante sarà analizzare in dettaglio le singole clausole del contratto, con l’aiuto di un consulente o di un esperto di propria fiducia.

6. Ho valutato il contenuto dell’informativa pre-contrattuale?

Altrettanto fondamentale sarà valutare il contenuto dell’informativa precontrattuale. L’art. 4 prevede che l’affiliante, unitamente al contratto, debba consegnare all’aspirante affiliato anche le seguenti informazioni:

  1. principali dati relativi all’affiliante;
  2. indicazione dei marchi utilizzati nel sistema, con gli estremi della registrazione o della licenza concessa all’affiliante dal terzo;
  3. sintetica illustrazione degli elementi caratterizzanti l’attività;
  4. lista dei punti in affiliazione e diretti operanti nel sistema;
  5. indicazione della variazione, anno per anno, del numero degli affiliati con relativa ubicazione negli ultimi tre anni;
  6. eventuale indicazione dei procedimenti giudiziari o arbitrali promossi nei confronti dell’affiliante e conclusisi negli ultimi tre anni relativamente al sistema di affiliazione commerciale.

Come è agevole desumere, si tratta di una serie di informazioni che, se lette complessivamente, consentono di poter valutare l’andamento della rete, la sua affidabilità, il grado di litigiosità, e così via.

  1. Devo farmi consegnare un business plan?

Il business plan non è ricompreso tra le informazioni che l’affiliante è tenuto a fornire all’aspirante affiliato.

Nella prassi tuttavia è abbastanza frequente che l’affiliante consegni all’affiliato un business plan, o che sia l’aspirante affiliato a richiederlo.

Se viene fornito un business plan, sarà senz’altro utile sottoporlo ad un consulente di propria fiducia, tendo tuttavia a mente che i risultati di qualsiasi attività economica sono variabili in relazione a molteplici fattori quali, ad esempio, la situazione economica generale, il territorio, l’organizzazione e le capacità imprenditoriali dell’affiliato stesso.

  1. Quali informazioni aggiuntive è bene chiedere?

Il primo consiglio è quello di chiedere il maggior numero di informazioni possibili sull’affiliante: grazie infatti alla lettura di dati quali l’anno di fondazione, l’anno di inizio della formula in franchising, il capitale sociale attuale, i soci e i bilanci della società, al potenziale affiliato sarà possibile valutare la solidità (anche finanziaria) dell’affiliante.

Un altro consiglio è quello di chiedere, nel caso in cui non venissero forniti, i recapiti degli affiliati già operanti nel sistema, al fine di contattarli onde acquisire le informazioni che possono servire a controllare la veridicità delle informazioni ricevute dall’affiliante.

L’aspirante affiliato potrà inoltre chiedere all’affiliante quei dati che comprovino che la formula commerciale propostagli è stata sottoposta alla sperimentazione.

  1. Che tipo di formazione mi viene offerta?

Un altro elemento utile è rappresentato dal tipo di formazione proposto dall’affiliante, soprattutto se l’aspirante affiliato non ha esperienza nel settore.

  1. Quali sono i corrispettivi richiesti dall’affiliante?

Infine, è opportuno considerare quali sono i corrispettivi richiesti dall’affiliante non solo in termini di royalties, ma (soprattutto) gli altri corrispettivi contrattualmente dovuti ad esempio per la promozione e pubblicità da parte dell’affiliante, per i servizi prestati dall’affiliante (per la formazione, per la consulenza e così via) e valutare attentamente il prezzo di cessione dei beni.

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2021: rinascita e cambiamento

“Ciò che non è assolutamente possibile è non scegliere”.

(Jean-Paul Sartre)

Crisi. Una parola che sicuramente ci turba. Quando pensiamo alla crisi ci viene subito alla mente qualcosa di negativo e siamo per questo molto spesso spaventati. Nell’uso comune, infatti, ha assunto un’accezione negativa in quanto vuole significare un peggioramento di una situazione. Se invece andiamo a cercare il vero significato etimologico della parola crisi scopriamo che deriva dal verbo greco κρίνω: separare, cernere, in senso più lato, discernere, giudicare, valutare. Allora sull’etimologia della parola crisi, possiamo coglierne anche una sfumatura positiva, in quanto un momento di crisi cioè di riflessione, di valutazione, di discernimento, può trasformarsi nel presupposto necessario per un miglioramento, per una rinascita, per un rifiorire prossimo. Certo in questo momento, così particolare della nostra storia, è un po’ difficile coglierne un aspetto positivo, ma comunque non impossibile. Le imprese e gli imprenditori, compresi i consumatori, nel secondo anno dell’era Covid 19, vogliono riappropriarsi del proprio futuro e il vaccino come passepartout per il ritorno alla normalità, porta sicuramente una ventata di ottimismo, una ripresa della spesa e un cambiamento. E proprio a proposito di cambiamenti i protagonisti del dopo Covid sono chiamati a cambiare in meglio il tessuto imprenditoriale. Come? Mettendo al centro dell’attenzione gli interessi e la sicurezza delle persone quindi considerare nella propria attività imprenditoriale un sicuro interesse verso l’ambiente che ci circonda stando attendi anche nelle singole azioni quotidiane a ciò che è veramente prioritario per la propria attività. Questo nuovo anno è caratterizzato da due parole: rinascita e cambiamento. Il cambiamento riguarda sicuramente anche il rapporto con il sistema economico e di distribuzione che va a influire anche sul carrello della spesa e sulle modalità di acquisto. Grande accelerazione l’online. Ma se da un lato si apre un nuovo mercato, l’opportunità di dare una risposta più completa alle esigenze di acquisto dei consumatori, dall’altro dobbiamo evitare il rischio di cannibalizzare le vendite della rete fisica. A noi piace ancora pensare di andare a fare shopping nelle grandi vie dei centri storici.  Riflettendo, quindi, attentamente, sull’etimologia della parola crisi dobbiamo, possiamo coglierne la sua sfumatura positiva per scoprire nuove risorse personali, che prima ignoravamo e che ci permetteranno di rendere la nostra vita migliore. Quindi la crisi va pensata come una fase durante la quale dobbiamo tentare di separare la parte critica da noi, osservarla da un altro punto di vista e valutare se possiamo scegliere qualcosa di diverso, più adatto. Siamo anche certi, comunque, che  il momento di crisi non è una condizione facile, perché può provocare in noi diversi stati emotivi quali disperazione, smarrimento, paura, agitazione, angoscia, impotenza, incertezza. E’ assolutamente indispensabile ripensarsi. Insomma, senza dilungarci ulteriormente e con la certezza che questa brevissima parentese della nostra storia possa stuzzicare un pensiero “critico”, ci piace chiudere rifacendoci ad una citazione di Jeffrey J. Davis che, senza riferirsi all’etimologia, dice ogni crisi è come una moneta: da una parte porta con sé il pericolo, dall’altra l’opportunità. Bisogna capovolgere la moneta e non perdere l’opportunità di emergere, da questa crisi, ancora più forti.  Per fare questo, aggiungiamo noi, bisogna avere la consapevolezza che il mondo è cambiato ed è necessario puntare ancora di più sulla professionalità, l’impegno e la condivisione. Saremo, così, dei sopravvissuti migliori.

Fabio Pasquali

KIABI apre le porte all’affiliazione commerciale in Italia

Dopo anni di esperienza nella gestione di punti vendita diretti (505 in tutto il mondo, 33 dei quali in Italia), è intenzione dell’azienda continuare l’importante sviluppo di una rete di punti vendita mono-brand.

Il marchio di moda a piccoli prezzi per tutta la famiglia apre le porte all’affiliazione commerciale e investe in questo modello di business. L’espansione dei negozi sarà focalizzata su posizioni strategiche che garantiranno il successo di tutti i partner KIABI.  Il Piano di sviluppo dovrà portare all’apertura di 15 negozi affiliati nei prossimi 3 anni. Il modello di affiliazione commerciale è stato lanciato anche in Spagna, in Belgio ed è in atto un’accelerazione del piano di sviluppo per il Portogallo. KIABI è una realtà presente da oltre 40 anni in 17 paesi e fa parte del gruppo AFM (Associazione Familiare Mulliez). Il 98% dei partner in Francia si dichiara soddisfatto dell’affiliazione commerciale stretta con KIABI.

I partner di KIABI potranno fruire di:

  • UNA POTENTE RETE INTERNAZIONALE – Più di 500 negozi in tutto il mondo;
  • RISULTATI DI VENDITA PROFICUI – Più di 400 milioni di articoli venduti ogni anno;
  • UNA RETE DI PROFESSIONISTI – 000 dipendenti in tutto il mondo. L’80% ha dichiarato di essere orgoglioso di far parte di questa organizzazione aziendale;
  • Un obiettivo di ESPANSIONE ambizioso con un’impronta incisiva di responsabilità sociale d’azienda. Entro il 2025 le collezioni saranno al 100% eco-sostenibili e il modello economico circolare. KIABI sostiene l’economia circolare e sposta l’attenzione sul riutilizzare, aggiustare, rinnovare e riciclare i materiali e i prodotti esistenti, trasformando i “rifiuti” in risorse.

I vantaggi dell’affiliazione commerciale:

  • Supporto e consulenza continui nella gestione aziendale;
  • Gestione dello stock in conto vendita;
  • Dinamica attività commerciale: più di 20 campagne commerciali all’anno;
  • Interessante ritorno sugli investimenti.

Caratteristiche degli spazi per i nuovi punti vendita:

  • Negozi in aree ad alta attività commerciale nei capoluoghi di provincia, preferibilmente situate in un

centro commerciale primario;

  • Un bacino d’utenza superiore a 50.000 abitanti a soli 10 minuti;
  • Un’area di vendita di almeno 1.000 m2 fino a un massimo di 1.400 m2;

I nuovi partner KIABI dovranno avere pregressa esperienza nel campo retail, avere una situazione finanziaria solida ed essere direttamente coinvolti nell’attività commerciale. Necessario l’orientamento al business, al team e al cliente. Verranno privilegiate le figure con capacità di apertura di due/tre store.

In un mondo in continuo cambiamento, KIABI s’impegna principalmente in due aree: le persone, in termini di accessibilità, inclusività, responsabilità e il pianeta, trasformando l’attività in un business sempre più esemplare.

KIABI PILLOLE:

Nel 1978, nel nord della Francia, KIABI rivoluziona il fast fashion attraverso il concetto di moda a piccoli prezzi per tutta la famiglia, realizzando un’ampia e versatile offerta, pensata per tutti i budget, gli stili, le morfologie.

40 anni dopo, il piccolo marchio francese è ormai un gruppo internazionale presente in 17 paesi, con più di 25 milioni di clienti e 2 miliardi di euro di vendite raggiunte nel 2019.

Nel 1996 KIABI approda nel mercato italiano con l’apertura del primo negozio a Milano. Oggi il brand vanta 33 punti vendita sul territorio e rappresenta il primo e-retailer del mercato dell’abbigliamento online in termini di volume di vendita.

Italiani e spesa online: il secondo Report Annuale di Everli

Milano, 18 gennaio 2020 – Da poche settimane si è concluso un anno complesso che ha visto importanti cambiamenti nelle abitudini degli italiani. In un anno con più limitazioni e meno occasioni sociali, la quotidianità degli abitanti del Bel Paese si è spostata prevalentemente sul web e la spesa online, con tutti i comfort che la caratterizzano, ha vissuto una crescita forte e continua. Lo confermano anche i dati di Everli – il marketplace della spesa online – che nel 2020 ha registrato un incremento a tripla cifra (+208%) degli acquisti online (da sito e via app) rispetto all’anno precedente.

Ma come sono cambiati nel dettaglio i comportamenti di consumo dello Stivale? La seconda edizione del Report Annuale di Everli fotografa i trend che hanno caratterizzato la spesa online da nord a sud della Penisola negli scorsi dodici mesi, evidenziando curiosità interessanti tra le province e le regioni italiane.

I trend della spesa online degli italiani nel 2020

Secondo i dati di Everli relativi all’anno ormai alle spalle, la top 10 dei prodotti più acquistati dagli italiani è cambiata sensibilmente rispetto a quanto segnalato nel 2019. Sale infatti al primo posto la categoria frutta e verdura, spodestando formaggi, salumi e gastronomia che scendono in quarta posizione; seguono sul podio i prodotti per colazione, dolciumi e snack (2°) e al terzo posto latte, burro e yogurt. Nella seconda parte della classifica, nelle retrovie, si trovano surgelati e gelati (9°) insieme ai prodotti per la cura e l’igiene personale (10°), perdendo entrambi una posizione rispetto al ranking dell’anno precedente.

 

Top 10 categorie di prodotti più acquistati nel 2020
1.       Frutta e verdura6. Acqua e bevande analcoliche
2.       Colazione, dolciumi e snack7. Uova, farine e preparati
3.       Latte, burro e yogurt8. Sughi, scatolame e condimenti
4.       Formaggi, salumi e gastronomia9. Surgelati e gelati
5.       Pasta, riso e cereali10. Igiene e cura personale

 

L’impatto del Covid-19 sul carrello online degli italiani

Complice l’emergenza sanitaria, durante il 2020 i dati di Everli evidenziano un’impennata a quattro cifre degli acquisti online di guanti e prodotti per la pulizia della casa – che hanno visto moltiplicarsi di oltre 50 volte il volume di ordini rispetto all’anno prima – insieme a preparati per pane e pizza fatti in casa (+5046%) e ai prodotti per la cura delle mani (+4615%). Inoltre, il volume maggiore di acquisti nello Stivale si è concentrato soprattutto nei mesi di aprile e maggio, con una flessione nel periodo da luglio a settembre, per poi tornare a crescere nuovamente in concomitanza con la seconda ondata dell’emergenza, in particolare tra novembre e dicembre.

Gli italiani si confermano abitudinari rispetto al giorno della settimana prescelto per effettuare la spesa online: pur con piccole differenze nel corso dei 12 mesi, anche nel 2020 il lunedì mattina è stato il momento preferito per dedicarsi a questa attività, soprattutto tra le 10 e le 11. La domenica, invece, resta il giorno che registra meno ordini sulla piattaforma. Infine, ben 6 italiani su 10 (61%) si sono affidati all’app per la spesa, dato in crescita del +5% rispetto al 2019, sebbene la nuova normalità porti gli abitanti del Bel Paese a trascorrere più tempo tra le mura domestiche piuttosto che in mobilità.

Le evidenze più interessanti per ogni categoria

Indagando più nel dettaglio i dati di Everli e mettendo a confronto le abitudini di acquisto online da nord a sud della Penisola, emergono interessanti curiosità e differenze sui gusti e sui comportamenti degli italiani.

Negli ultimi dodici mesi, ben il 90% delle spese online della provincia di Bolzano è stato costituito da prodotti della categoria frutta e verdura, dato che la posiziona al primo posto tra le 10 province italiane per il volume di acquisti di questa categoria.

L’Emilia Romagna si conferma, anche nel 2020, come la regione più sana d’Italia, con ben 4 province in classifica: Forlì-Cesena e Modena, sul podio rispettivamente al secondo e terzo posto, Bologna (6°) e Parma che scende in picchiata di sette posizioni rispetto al 2019 classificandosi ottava.

Rovigo si aggiudica il primato come più golosa e per l’acquisto di alcolici online. Nella provincia veneta, infatti, più di 8 carrelli su 10 contengono almeno un dolce (85%) e quasi 1 su 2 (47%) vino, birra e altre bevande alcoliche. Il podio goloso procede con Livorno (2°) e Forlì-Cesena (3°), mentre quello alcolico vede in seconda posizione Mantova, seguita subito dopo da Livorno.

Gli acquisti più significanti di carne e pesce sono stati registrati in Lombardia: la città di Lodi è infatti al primo posto con il 36% della spesa complessiva annuale locale proprio in questa categoria, le fa compagnia al secondo posto Pavia (35%) a pari merito con Rovigo. Chiude il podio a un solo punto percentuale di distanza la città di Parma.

FONTE: Everli – I dati riportati sono calcolati sulla base degli acquisti effettuati dagli utenti di Everli tramite sito web o app nei periodi gennaio-dicembre 2020. Le informazioni sono raccolte in forma anonima e vengono utilizzate a scopo esclusivamente statistico.

Franchising NaturHouse e imprenditoria femminile

Senza dubbio stiamo vivendo un periodo di cambiamenti e rivoluzione. Il benessere e la cura della persona rappresenta però ancora una priorità. “L’interesse nei confronti del benessere personale si è rafforzato – afferma Raffaello Pellegrini, CEO Naturhouse Italia – sia perché c’è una forte preoccupazione generale sulla propria salute generata dalla situazione che stiamo affrontando, che dal cambiamento delle abitudini di consumo che hanno sicuramente danneggiato alcune categorie merceologiche come abbigliamento, ristorazione, viaggi,  a vantaggio di altre, in primis il wellness”.

In NaturHouse il 94% degli affiliati ed il 97% degli operativi sono di sesso femminile. NaturHouse rappresenta quindi una ottima oppurtunità per le donne.

Intervista a Raffaello Pellegrini, CEO Naturhouse Italia

Raffaello Pellegrini, CEO Naturhouse Italia

Raffaello Pellegrini, CEO Naturhouse Italia

L’imprenditoria femminile è ancora una volta la categoria a dover pagare il conto più salato di questo periodo di fermo. Il franchising e NaturHouse potrebbero rappresentare una valida alternativa?

“Considerando il tasso di mortalità causato dal Covid-19, si può affermare che in tutti i Paesi ad avere la peggio è stata la popolazione maschile. La proporzione tuttavia si inverte nettamente se si parla di tasso di occupazione, dove sono le lavoratrici la categoria più penalizzata. Infatti, secondo gli ultimi rilevamenti da parte dell’Istat, il tasso di occupazione femminile tra i 15 e i 64 anni si attesta al 48,4%, contro il 66,6% di quello maschile. Un distacco di quasi venti punti percentuali, che nel secondo trimestre 2020 equivalgono a 470mila occupate in meno rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, andando ad aumentare il “gender gap”, e sia le lavoratrici dipendenti, quanto le imprenditrici, costituiscono la categoria lavorativa più penalizzata. Numeri a parte, sembrano essere due i fenomeni principali che causano l’abbandono del lavoro delle donne: la “scelta familiare” e la prevalente gestione femminile della cura di figli e anziani, inderogabile durante la pandemia ma raramente condivisa dagli uomini. Il mondo del franchising, per quanto riguarda l’imprenditoria femminile, è il settore che potrebbe rappresentare un considerevole risollevamento delle condizioni lavorative femminili stante la prerogativa di creare autoimpiego azzerando o comunque limitando moltissimo il rischio imprenditoriale grazie all’utilizzo di know-how commerciale consolidato e di provata validità”.

Cosa propone il vostro brand in aiuto dell’imprenditoria femminile. Quali le caratteristiche del vostro format?

“In particolar modo il format NaturHouse garantisce la possibilità di autocrearsi uno sbocco professionale, con un investimento iniziale contenuto (si parte da 10.000 €), che può essere rapidamente recuperato grazie ad una redditività estremamente alta garantita dal business format. Aderendo al franchising si ha diritto ad una formazione sia iniziale che continuativa, sempre gratuita, in ambito tecnico, commerciale, marketing e amministrazione, oltre ad avere la garanzia di un marchio con elevata esperienza riconosciuto a livello nazionale ed internazionale, con un’ampia gamma di prodotti esclusivi di alta qualità, e una zona di esclusiva nella città prescelta. Last but not least, la possibilità di lavorare in un settore in costante crescita, anche durante questa maledetta crisi pandemica”.

E le caratteristiche di future affiliate? Chi ricercate?

“ – I dati sull’occupazione femminile in Italia restano preoccupanti, nonostante il livello di istruzione femminile sia sensibilmente maggiore di quello maschile -, afferma il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo. Anche da questo punto di vista le qualità professionali richieste da NaturHouse, lo rendono un’opportunità ideale per molte carriere universitarie a predominanza femminile; in ogni punto vendita NaturHouse la parte di educazione alimentare viene erogata da una persona con titolo di studio idoneo, come la laurea in biologia, scienze dell’alimentazione, scienze della nutrizione”.

Perché una potenziale affiliata dovrebbe scegliere proprio NaturHouse?

“Per seguire l’esempio virtuoso di chi già lo ha fatto , dato che figure professionali ad oggi in tutti i punti vendita diffusi sul territorio italiano, il 94% degli affiliati ed il 97% degli operativi sono di sesso femminile. E sono tutte molto soddisfatte di aver scelto NaturHouse.

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