Radio: mezzo di comunicazione evergreen

La radio è forse uno dei pochi media che è riuscito ad accompagnare numerose generazioni di ascoltatori

Con una storia centenaria alle spalle, la radio può ancora essere considerato uno dei più importanti strumenti di comunicazione del futuro.

La radio è un mezzo straordinario che ha svolto una funzione fondamentale nello sviluppo culturale.  Tra i mezzi di comunicazione è quello che si è saputo meglio adattare ai cambiamenti tecnologici e sociali, accompagnando numerose generazioni di ascoltatori. Nella fitta rete comunicativa-informativa dei mass media è riuscita a vincere ogni sfida e ogni volta che si è “reinventata” ha legato a sé un pubblico sempre più ampio.

Caratterizzata dalla leggerezza e dalla mobilità, più vicina agli interessi del pubblico che vi trova agevolmente svago, informazione e compagnia, la radio, seppur limitata al suono e alla sola voce, è stata capace, più di qualsiasi altro mezzo, di inseguire gli eventi e per raccontarli agli utenti e farli loro vivere in tempo reale.

La radio, in Italia, è in grado di fidelizzare ancora un gran numero di appassionati e gode di una stima inferiore solo all’uso e al gradimento del World Wide Web. Ma è proprio la diffusione di Internet che, sono nate nuove opportunità per il panorama radiofonico, in cui dal punto di vista esperienziale ed emozionale la multimedialità e l’interattività del web si è prestata benissimo a costruire contatti significativi con gli ascoltatori e soprattutto con il pubblico più giovanile.

Il bisogno di partecipazione e di condivisione, tipico delle trasmissioni aperte agli interventi telefonici esterni, con i racconti, le opinioni, le richieste o le dediche, si sposa perfettamente con le regole che caratterizzano i social network. Questi rappresentano una grande opportunità per la radio che, oltre ad espandere il proprio bacino di ricezione e consolidare il rapporto con gli ascoltatori, può finalmente lanciare messaggi che superano la sua natura di immediatezza e transitorietà.

Ormai miniaturizzata, presente in ogni auto, raggiungibile da smartphone e tablet o attraverso le app, rappresenta la modernità nella quale siamo immersi.

La sua presenza in rete, quindi, non è né facoltativa né secondaria, semplicemente necessaria per essere parte integrante della vita quotidiana del pubblico. Addirittura sembra che le caratteristiche radiofoniche vengano “amplificate” da quelle della Rete stessa.

Così la radio ha reagito al digitale e ai social media. Le conversazioni avvengono quasi in un’immensa piazza virtuale che supera i confini della frequenza e i limiti imposti dal tempo e dallo spazio.

Un elemento di sicuro interesse è stato l’utilizzo della webcam accessibile dal web, che trasforma le abitudini classiche dell’ascoltatore radiofonico, mettendolo in condizioni di “vedere” la radio.

Infatti l’ultima innovazione su cui i più grandi network stanno investono è la radiovisione.

Sul sito radiofonico o i canali online gli utenti, oltre a seguire la diretta, possono accedere agli archivi dei palinsesti, comunicare con gli autori del programma o trovare i contatti dello staff, possono leggere gli eventuali testi, guardare le foto e accedere a numerose altre informazioni sull’emittente e le frequenze. In particolare attraverso il podcast possono seguire in differita una trasmissione, oppure riascoltarla secondo modalità, tempi e criteri soggettivi. Ne consegue che la radio sul web non è più uno strumento da ascoltare, ma anche una pagina da leggere e da guardare.

La Rai con “Guarda che Radio”, ha attivato un nuovo canale, in cui, da settembre, i 60 conduttori di Radio 2 con tutta la loro energia e il loro buonumore, diventano i protagonisti della nuova “offerta”.

La radio pur essendo cambiata, è dunque uno strumento di grande freschezza e molto importante dal punto di vista sociale e di informazione, forse uno dei pochi media che è riuscito ad accompagnare numerose generazioni di ascoltatori. Adeguandosi con il progresso e con i linguaggi dei tempi moderni, ha rafforzato le caratteristiche che l’hanno sempre contraddistinto come consumo elettivo di giovani, di pubblici colti e attenti, di fasce di popolazione dinamica e urbana.

di Stefania Giuseppetti

Un modo diverso di essere intelligenti

Le abilità scolastiche, non determinano il futuro di un individuo ed il suo successo nella vita e professionale

di Giansandro Ogliari*

Fino a qualche tempo fa, quando si parlava di intelligenza, il nostro pensiero andava immediatamente al concetto di QI, Quoziente di Intelligenza. Uno studente, con un QI di 150, veniva messo sotto il riflettore, richiamava l’attenzione di tutte le multinazionali e tenuto in grande considerazione. Alla metà degli anni 90 iniziò a far capolino tra gli psicologi, una concezione più ampia di intelligenza, la convinzione che l’intelligenza dell’essere umano non passava solo dai concetti scolastici, dalla logica, dalla matematica o dall’intelligenza verbale. In altre parole, le abilità scolastiche, non determinano il futuro di un individuo ed il suo successo nella vita e professionale. Assumere la leadership, essere coinvolgenti, aggregare persone, saper trattare con gli altri, sono diventati il punto di forza di un vero leader. Queste caratteristiche non passano dalle conoscenze valutate dal QI, passano dal concetto di “intelligenza multipla”. Un concetto portato alla luce da Howard Gardner, e sviluppato successivamente dagli studi di Goleman.

NON ESISTE UN SOLO CONCETTO DI INTELLIGENZA

La valutazione del solo QI non è sufficiente a misurare l’effettiva intelligenza di una persona, a stabilire le sue qualità e le sue effettive potenzialità. Da questo pensiero nasce il concetto di “intelligenza multipla”. Oltre alla logica scolastica (QI) anche altri tipi di intelligenza vengono studiate: l’intelligenza linguistica, l’intelligenza spaziale, l’intelligenza musicale, l’intelligenza cinestetica, l’intelligenza interpersonale e l’intelligenza intrapersonale. Non esiste quindi un’unica intelligenza immutabile, valutata con il QI, ma una serie di intelligenze, multiple appunto, che determinano le nostre abilità e le nostre capacità. Negli ultimi tempi si è aggiunta l’intelligenza naturalistica e l’intelligenza esistenziale. Mi permetto di inserire un’intelligenza che reputo fondamentale in questo periodo storico: l’intelligenza sociale.

LE DUE INTELLIGENZE SECONDO GOLEMAN

Goleman ne prese in considerazione due in modo particolare: l’intelligenza interpersonale, la capacità di comprendere gli altri, di conoscere le sue emozioni e l’intelligenza intrapersonale, la capacità di conoscere noi stessi e di conoscere le nostre emozioni, dando il via al concetto di “intelligenza emotiva”. Sviluppare queste due intelligenze che rappresentano le nostre capacità personali, è un vero e proprio percorso formativo. Spesso noi “pensiamo” di conoscere una nostra emozione ma, altrettanto spesso, non siamo in grado di riconoscerla, di darle il nome esatto e di identificare cosa succede nella nostra mente e nel nostro corpo, nel vivere quella particolare emozione,

NEL LAVORO LE QUALITÀ EMOTIVE, DERIVANTI DALL’INTELLIGENZA EMOTIVA, SONO FONDAMENTALI

Entriamo in un ambito fondamentale del mondo del lavoro: la comunicazione. Noi comunichiamo dal momento in cui ci alziamo dal letto, al momento in cui ci corichiamo la sera per il meritato riposo. Vi propongo di riflettere, a questo punto, su una frase di Dale Carnegie: “Quando trattiamo con la gente, ricordiamo che non stiamo trattando con persone dotate di logica. Noi stiamo trattando con creature dotate di emozioni”.  Non dobbiamo dimenticarci, prima di tutto, che siamo animali sociali e ciò che ci mette in relazione con l’altro sono le nostre emozioni e non la nostra razionalità.In qualsiasi esperienza lavorativa ci si ritrovi, sia che si stia lavorando per una grande organizzazione, sia che facciate parte di un importante board di direzione, sia che lavoriate in proprio o in una piccola organizzazione, le qualità emotive, derivanti dall’intelligenza emotiva, sono fondamentali: Una volta venivano chiamate: competenze, carattere, personalità, ora che la ricerca ha esplorato il campo delle potenzialità umane,  si chiamano: saper prendere l’iniziativa, empatia, capacità di adattarsi, di essere persuasivi, resilienti. In una parola: sviluppare la propria “intelligenza emotiva”. Intelligenza emotiva significa: conoscere le proprie emozioni e le emozioni degli altri, siano essi compagni di vita, amici o collaboratori. L’ntelligenza emotiva, o quoziente intellettivo, ha un grosso problema: non è misurabile. La buona notizia è che la si può sviluppare. Può essere allenata in ogni singolo secondo della nostra vita. Abbiamo detto che la definizione di intelligenza emotiva è: conoscere le proprie e le emozioni altrui. Conoscere le emozioni altrui ci consente di non prendere decisioni affrettate, avventate. Ci permette di agire anziché re-agire il che potrebbe avere ripercussioni spiacevoli ed irreparabili. Sviluppare ed accrescere la nostra intelligenza emotiva ci permette di avere legami più stretti, relazioni migliori e troveranno giovamento l’ambiente di lavoro e le relazioni private.

L’IMPORTANZA DELL’INTELLIGENZA EMOTIVA

Perché ci siamo accorti solo oggi dell’importanza dell’intelligenza emotiva? Le moderne tecnologie ci permettono di essere connessi con il mondo intero h24 per 365 giorni all’anno. La domanda che dobbiamo porci è: “siamo connessi con noi stessi?”. La continua connessione con il mondo dei social ci obbliga ad un continuo confronto con qualcosa e/o con qualcuno, non ci fa mai sentire a nostro agio e ci sentiamo spesso fuori luogo. Ci manca sempre qualcosa. Conoscere il quoziente intellettivo, conoscere le nostre emozioni ci permette di evitare le negatività facendoci concentrare sui nostri obiettivi. Conoscere le nostre emozioni ci consente di sentirci più leggeri ma ben piantati a terra, sapendo che, qualsiasi cosa succeda, si hanno le potenzialità per superare ogni difficoltà, gestirle al meglio. Harvey Mcckey disse: “la tecnologia dovrebbe migliorare la tua vita, non diventare la tua vita”. Conoscere le nostre mozioni è il primo passo per poter, in seguito, conoscere le emozioni delle persone che ci circondano e creare intorno a noi un ambiente lavorativo più proficuo ed intraprendere una carriera professionale più soddisfacente.

I sistemi di Geointeligence per il potenziamento della rete

La scelta giusta della location fa aumentare il fatturato

Uno degli errori più comuni che viene fatto quando si decide di sviluppare una insegna è quello di farsi guidare dalle opportunità immobiliari piuttosto che sulle vere potenzialità commerciali di una location. Vi diciamo qual è la strategia commerciale che si deve sviluppare

Di Gianni Bientinesi

Ormai pare evidente che, al di là della forza dell’insegna del format commerciale, il fatturato di un punto vendita fisico è fatto per l’80% dalla location, con tutto ciò che il concetto di location porta con sé, ovvero: qualità del bacino d’utenza, la viabilità, la concorrenza, etc.

Sebbene sia uno strumento ancora poco conosciuto, il geomarketing e l’analisi del bacino di utenza è fondamentale per qualsiasi insegna che intende sviluppare la propria rete di punti vendita (diretta o in franchising).

Origini del sistema di Geointeligence

Il sistema di geolocalizzazione affonda le sue radici nel lontano 17 settembre del 1969 quando, dopo alcuni tentativi falliti, fu lanciato nello spazio il primo satellite sviluppato su studi della johns hopkins university.

Da quel giorno passarono poco meno di 8 anni dal lancio – luglio 1967- quando fu reso disponibile il sistema di navigazione basato su tali satelliti e quindi fu reso disponibile all’uso civile. Tale sistema è denominato navy navigation satellite system (nnss).

Il sistema che all’epoca era costituito da soli 6 satelliti  fu sostituito nel 1996 con il global positioning system, gestito dal governo degli stati uniti d’america, liberamente accessibile da chiunque sia dotato di un ricevitore gps.  Il suo grado attuale di accuratezza è dell’ordine di pochi metri.

Nonostante queste esperienze ci sono ancora degli operatori che, vuoi per ragioni economiche vuoi per le specificità della propria compagine aziendale, non danno la giusta rilevanza a questo tipo di ricerche. Uno sbaglio, a mio avviso.

Grazie alle nuove tecnologie è possibile oggi analizzare una grande mole di informazioni (big data) che ci consentono in modo accessibile di:

  • Conoscere la provenienza dei clienti;
  • Monitorare la concorrenza;
  • Definire una pianificazione di comunicazione locale;
  • Pianificare campagne di outdoor;
  • Decidere dove aprire nuovi punti vendita;
  • Comprendere l’impatto dell’apertura di un nuovo punto vendita sulla rete esistente;
  • Sviluppare la performance dei punti vendita;
  • Ottimizzare la rete vendita.

Tanto per dare qualche benchmark di riferimento raccolto durante la mia esperienza; grazie all’analisi di geomarketing è possibile ottimizzare una campagna di comunicazione mirata sul territorio. Al di là dell’ottimizzazione delle risorse questo tipo di attività consente di far crescere il fatturato di un punto vendita in un anno del 30% rispetto all’anno precedente.

Non perdere di vista il commercio

Nonostante queste evidenze non è raro fare cadere nella tentazione di farsi guidare dalle opportunità immobiliari. Infatti uno degli errori più comuni che viene fatto quando si decide di sviluppare una insegna è quello di farsi guidare dalle opportunità immobiliari piuttosto che sulle vere potenzialità commerciali di una location. Facendo questo, molto spesso si finisce per perdere di vista il commercio e con il rischio di farsi cannibalizzare dai competitor di mercato e perdere delle grandi opportunità. Quello che si deve sempre tenere a mente che il rischio di sbagliare è estremamente elevato, ed il negozio può diventare rapidamente poco performante e con una bassa resa al mq.

L’analisi oltre la reportistica

Nel corso degli anni i sistemi si sono sempre più evoluti da tutti i punti di vista: dettaglio delle informazioni disponibili, usabilità e facilità di utilizzo dei sistemi, integrazione con altri sistemi aziendali, gradevolezza delle dashboard fornite. La possibilità di accedere a software user friendly se da un lato ha reso accessibile tutta una serie di informazioni a più livelli aziendali, dall’altra ha in qualche modo messo ancor di più l’accento sulla necessità di andare oltre alla reportistica descrittiva ed andare verso un’analisi strategica che solo un ricercatore esperto del mercato di riferimento può fare. Questo significa che al di là del sistema che andremo ad implementare sui nostri sistemi aziendali la cosa più importante è qual è il processo decisionale che sta dietro all’analisi di un bacino di utenza e qual è la strategia commerciale che si vuole sviluppare.

Le informazioni di mercato sono fondamentali

L’evoluzione del geomarketing oggi passa dai sistemi di business intelligence in open source, che offrono molte più opportunità di analizzare i dati provenienti da fonti diverse. Inoltre, dato che non richiedono l’acquisto di un software, permettono di risparmiare importanti risorse sull’acquisizione delle licenze. Penso, per esempio, a soluzioni in grado di agganciare i dati interni all’azienda, come i passaggi cassa e gli scontrini, ad un sistema geolocalizzato. Ciò consente di vedere nel dettaglio qual è il contesto abitativo in cui le persone vivono, e quindi fare valutazioni attorno al potenziale di mercato di una zona specifica o al valore economico di un terreno piuttosto che verificare se una promozione o un’attività outdoor abbia una sua efficacia.

La vera “intelligence”

La raccolta, il mantenimento, l’analisi dei dati sono tutte attività che possono essere messe in capo per riuscire a sviluppare un business circolare e che fornisca feedback continui all’organizzazione aziendale per sviluppare in modo sano la catena del valore. Tuttavia, il vero punto focale è come riusciremo, in questo prossimo futuro, sempre più incerto e veramente nuovo, a rimettere questi potenti strumenti al servizio di uno sviluppo più etico e responsabile rispetto a quanto abbiamo conosciuto fino ad ora.

Carta di identità: Gianni Bientinesi

Sociologo esperto in marketing e ricerche di mercato, Bientinesi è fondatore di Business Intelligence Group Srl, start up innovativa realizzata in collaborazione con Aethia srl, una delle più importanti realtà italiane specializzata nel settore del calcolo ad alte prestazioni applicato alla ricerca scientifica. Big Srl è una delle poche aziende in italia in grado di supportare i propri clienti (grande distribuzione, produttori, agenzie di comunicazione, società di consulenza e istituti di ricerche di mercato) dalla realizzazione di indagini di mercato all’implementazione di sistemi hardware e software per lo sviluppo di reportistica ed analisi di grandi quantità di dati (data lake). Business Intelligence Group Srl è inserita nell’incubatore enne 3 dell’università del piemonte orientale.

Helbiz si prepara all’acquisizione di MiMoto

Grazie all’integrazione degli asset di MiMoto, società che opera nello sharing di scooter elettrici, Helbiz completa la flotta di mezzi elettrici a due ruote presidiando con un’offerta green le principali città italiane ad alta densità abitativa: Milano, Roma, Torino, Verona, Genova, Bari, Pescara, Cesena, Pisa e Latina.

Helbiz Inc. (“Helbiz”) comunica di aver sottoscritto un accordo con MiMoto Smart Mobility S.r.l. (“MiMoto”), first mover  italiano del mercato dello sharing di motorini elettrici.

L’accordo, che è il primo step del processo di acquisizione di MiMoto, condizionato alla prossima IPO sulla borsa americana (NASDAQ) da parte della società americana di e-bike e monopattini elettrici, ha ad oggetto l’attuazione di un piano che permetta l’integrazione fra le piattaforme di utilizzo dei mezzi elettrici di Helbiz (biciclette e monopattini elettrici) con quelli di MiMoto (scooter elettrici). L’acquisizione permetterà lo sviluppo della prima applicazione di sharing di soli veicoli elettrici con operatività free floating in grado di offrire ai consumatori finali un’offerta così ampia di tipologie di veicoli (motorini, monopattini e bici elettriche).

L’importanza di questo accordo – commenta Salvatore Palella, fondatore e CEO di Helbiz – nasce dalla volontà di promuovere e di mettere a disposizione delle città un servizio integrato di mobilità elettrica tramite la sinergia con un’azienda con competenze complementari a quelle di Helbiz e un ramo di business che ha visto nel 2019 una crescita di fatturato del 100%, con uno sviluppo in città strategiche per l’Italia come Milano, Torino e Genova. I prossimi mesi vedranno un’accelerazione della transizione verso una nuova mobilità elettrica, come Helbiz stiamo sviluppando un modello di business totalmente in ottica ESG quindi promuoviamo le nuove politiche di sostenibilità sia ambientale che sociale di cui le principali città in Europa in UK e USA si stanno dotando; credo sarà fondamentale promuovere mezzi agili ed in grado di occupare poco spazio per non rivedere le nostre città bloccate dal traffico e dall’inquinamento.”

Questo accordo – affermano unanimemente i tre fondatori di MiMoto Alessandro Vincenti, Gianluca Iorio e Vittorio Muratorecostituisce solo un primo passaggio che porterà MiMoto ad essere acquisita da Helbiz. Insieme abbiamo un’offerta e risorse complementari e sarà sfidante accelerare lo sviluppo di un modello di business incentrato sui servizi di mirco-mobilità agili e green. I processi di internazionalizzazione e la revisione dell’applicazione sono due primi immediati passaggi che ci vedranno impegnati con il team di Helbiz per permettere ai nostri utenti lo sharing dei monopattini elettrici e delle e-bike oltre che dei nostri motorini.”

L’operazione appena conclusa, segue l’assegnazione di ben otto nuove licenze ad Helbiz che dal mese di luglio opera nelle città di Bari, Cesena, Pescara, Pisa e Latina in Italia oltre ad Atlanta, Alexandria e Arlington negli USA. MiMoto da parte sua ha recentemente inaugurato la partenza dei Comuni di Rapallo, Santa Margherita Ligure e Portofino. Grazie a queste ultime acquisizioni le due società possono contare su una flotta di 7.000 monopattini elettrici, 3.000 e-bike a pedalata assistita e 1.000 motorini elettrici servendo circa 1.200.000 utenti con servizi di micro-mobilità.

Nell’ambito dell’operazione, Helbiz è stata assistita da Ortoli Rosenstadt e Deloitte Legal per gli aspetti legali rispettivamente in USA e Italia. MiMoto è stata assistita da Inexo per le attività di M&A e da Dentons per gli aspetti legali.

Per maggiori informazioni

HelbizGO: http://www.helbiz.com/go

Twig Agency supporta lo Smart Working

L’agenzia Twig lancia un’iniziativa di solidarietà. La sigla milanese ha deciso di supportare gratuitamente le aziende in questo momento di difficoltà nel trovare soluzioni efficaci ed efficienti grazie alla tecnologia, il digitale e i processi di organizzazione e progettare al meglio il lavoro da remoto.

Da Twig Agency supporto gratuito alle aziende per le soluzioni di smart working.

“I cambiamenti, soprattutto improvvisi, impattano in particolare sulle persone – afferma Marco Ronchi, Ceo di Twig Agency – e la cosa più importante per reggere quello che chiamiamo l’ignoto, è progettare insieme le soluzioni più smart. In questo particolare momento, che richiede alle aziende una propensione all’adattabilità in tempi brevissimi, offriamo il nostro supporto a distanza.

Il lavoro agile, chiamato anche smart-working, è stato definito nell’ordinamento italiano come:

«una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.»

Le aziende sono in fase di riapertura, ma sono tanti i datori di lavoro che hanno scelto un prolungamento del lavoro in modalità  smart working per i propri dipendenti. Il lavoro agile, infatti, è nella fase di progressiva uscita dalla quarantena, un’importante misura di prevenzione del rischio da contagio, consigliata anche dai protocolli sanitari e dai documenti tecnici Inail, perché funzionale alla diminuzione delle presenze e al distanziamento sociale nei luoghi di lavoro.

Molte aziende si chiedono, dopo aver sperimentato lo smart working, se abbia senso ritornare alla modalità ordinaria di lavoro.

@Redazione

Il Welfare aziendale: la forza del brand

Le aziende che puntano all’eccellenza sono quelle in grado di coniugare la massimizzazione dei profitti con il reale miglioramento della vita delle persone.

Si sta diffondendo sempre di più anche in Italia e sta diventando una pratica adottata non solo dalle multinazionali, ma anche da realtà più piccole che hanno capito l’importanza di queste scelte.

di Stefania Giuseppetti

“Portatemi via la mia gente e lasciatemi le aziende vuote e presto l’erba crescerà sul pavimento dei reparti. Portatemi via le aziende e lasciatemi le persone con cui lavoro e presto avrò aziende migliori di prima”. Così affermava Andrew Carnegie, imprenditore scozzese che, in cerca di fortuna negli Stati Uniti, ha rappresentato il sogno americano nei primi dell’Ottocento, nonché una fonte di ispirazione per il personaggio di Walt Disney, Paperon de’ Paperoni.

Se le persone sono il vero capitale delle aziende, allora diventa fondamentale favorire il benessere dei lavoratori, migliorare il clima interno e generare soddisfazione; diventa fondamentale adottare politiche di “welfare aziendale”, ovvero soluzioni efficienti ed economiche che investono nel capitale umano di cui l’azienda dispone.

Welfare in inglese significa “benessere”, “stare bene” e la forza del brand e la sua reputazione è data anche dalle scelte compiute nei confronti di coloro che nell’azienda lavorano.

“Le imprese e le organizzazioni operano infatti con il permesso e il consenso della collettività. Devono quindi ricercarne costantemente la fiducia, essere credibili e costruire una buona reputazione presso tutti i pubblici (a partire da quelli interni), i fornitori, i partner, le istituzioni e la comunità. […] C’è quindi una maggiore pressione dell’opinione pubblica nel richiedere pratiche etiche nei comportamenti, sia dei singoli che delle organizzazioni. […] Da un punto di  vista  della competizione economica, l’azienda deve quindi “fare la differenza”, deve avere “qualcosa in più” che la renda unica e memorabile agli occhi di tutti i pubblici, non solo per i suoi prodotti e servizi. […] Le aziende che puntano all’eccellenza sono quelle in grado di coniugare la massimizzazione dei profitti con il reale miglioramento della vita delle persone. In altre parole, le aziende che hanno uno scopo nobile hanno un’anima. Un’anima che stimola l’impegno e la passione dei dipendenti, incoraggia il cambiamento e l’innovazione continua, ispira i comportamenti manageriali,  orienta i processi decisionali nel rispetto di tutti i pubblici e della comunità-territorio nel quale l’impresa opera.” (“WELFARE 4.0 COMPETERE RESPONSABILMENTE Aziende con l’anima: responsabilità sociale, welfare e community relation” – Franco Angeli Editore)

Pertanto, valorizzare il lato umano delle risorse lavorative e alimentare il senso di appartenenza di tutti coloro che ne fanno parte, sono le nuove sfide per le imprese e per il management, con l’obiettivo di contribuire alla crescita dei risultati e raggiungere un vantaggio competitivo.

Il welfare aziendale è una “rivoluzione culturale” che tocca la quotidianità di chi lavora: attraverso il cambiamento delle abitudini cancella la sfiducia, dando gli strumenti e la convinzione che gli ostacoli si possono superare; alimenta il senso di appartenenza e fa in modo che lo spazio di lavoro si trasformi in un luogo di evoluzione personale e professionale per tutti coloro che ne fanno parte.

Tale cultura si sta diffondendo sempre di più anche in Italia e sta diventando una pratica adottata non solo dalle multinazionali, ma anche da realtà più piccole che hanno capito l’importanza di queste scelte.

Restano nella storia le primordiali forme di welfare aziendale della Marzotto e della Olivetti, durante il boom economico, in cui il progetto di sviluppo era anche un progetto di costruzione sociale.

Sono all’ordine del giorno la nascita di nuovi progetti, come ad esempio quello della Task Help (www.taskhelp.it), che offre un servizio completo “salva tempo”. Il tempo è considerato una vera e propria ricchezza e rappresenta un elemento chiave nei contratti aziendali e uno degli aspetti più importanti per la qualità di vita del lavoratore. La programmazione degli orari delle attività per la gestione parallela di incombenze quotidiane spesso non si concilia con gli orari di “sportelli” o con le esigenze familiari, causando stress e tensioni che si ripercuotono anche nell’attività lavorativa. Così, Task Help aiuta il dipendente in difficoltà che, attraverso il supporto di tale programma, può finalmente armonizzare in tutta serenità le fasi della sua vita.

Il welfare aziendale racchiude un significato nuovo della relazione fra il singolo lavoratore e l’impresa, un “valore” nuovo che fa la differenza.