Come acquistano oggi gli Eshopper italiani?

Shopping online: l’impennata di e-commerce e pagamenti digitali

Tra negozi chiusi più o meno in tutto il mondo, quarantene forzate e Smart working lo shopping online è in netta accelerazione nei settori del largo consumo.

Lo smartphone è fondamentale nella fase di decisione dell’acquisto online. L’analisi di Netcomm in collaborazione con Diennea rivela infatti che E-mail, sms e notifiche via app rappresentano lo strumento più efficace per raggiungere il cliente e fargli fare il primo passo nel processo d’acquisto: il 22% degli acquisti online sono diretta conseguenza di questo strumento di marketing. Il punto vendita fisico mantiene la sua efficacia: la visita in negozio è decisiva per il 18,4% degli acquisti. Dagli insight raccolti dall’indagine netRetail 2019, lo studio Netcomm effettuato in collaborazione con Kantar, emerge inoltre una crescita della fiducia verso i siti di ecommerce.Gli Italiani sono sempre più disponibili a salvare online i propri dati di pagamento per non doverli reinserire in acquisti futuri: il 57% del campione effettua questa scelta se ritiene che il sito di e-commerce sia affidabile.

L’IMPATTO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE SUL RETAIL

Il 2019 è stato l’anno decisivo per le imprese che intendevano investire in tecnologie, consentendo così al sistema italiano di svolgere un ruolo decisivo nella trasformazione digitale in atto, anche a livello internazionale. La svolta è imprescindibile e gli investimenti in formazione per accrescere le competenze digitali nel nostro Paese saranno fondamentali. È sempre più urgente, infine, avviare un piano concreto di definizione e creazione di distretti digitali, affinché l’Italia possa incrementare il suo livello di competitività e di crescita dell’export nell’eCommerce.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E RETAIL

Il retail è una delle industrie in cui l’impatto dell’applicazione dell’intelligenza artificiale potrà essere più interessante e immediato, proprio perché in grado di avvicinare anche gli utenti finali, nelle loro abitudini quotidiane, alle nuove frontiere dell’innovazione. Non a caso, nel mondo del retail sono già state adottate soluzioni di AI per migliorare la relazione con i clienti, come lo sviluppo appena iniziato dell’uso dei chatbot. I processi di automazione legati alla filiera logistica, ma anche al machine learning e alle analisi predittive sono elementi decisivi per la creazione e il rafforzamento di una relazione sempre più personalizzata tra i brand e i clienti. In un contesto economico nazionale e internazionale, dove il fattore determinante nell’arena competitiva delle aziende è la capacità di garantire un’offerta sempre più personalizzata, le innovazioni che porterà l’AI potranno migliorare la comprensione delle aspettative dei clienti, facilitando la personalizzazione e la product recommandation, rendendo più efficienti i servizi pre e post sale e ottimizzando la supply-chain.

Il Boom delle instagram stories

Le instagram stories sono la forma di comunicazione che non può mancare a chi vuole usare i social in modo efficace.

Attualmente rappresentano uno strumento di comunicazione necessario per chi utilizza i social per business, e saperle sfruttare nel modo corretto può aumentare la forza della comunicazione

Di Mattia Nicoletti*

Quando abbiamo iniziato questa pagina dedicata alle “best practice” sui social, questa forma di comunicazione era diversa. La mutazione e l’evoluzione dei social media anche in solo due anni, è stata tale, che se venisse usato il medesimo approccio per metterci in contatto con il pubblico di riferimento probabilmente avremmo dei risultati mediocri. Con questo non vogliamo affermare che le regole enunciate nelle prime rubriche non siano più valide (abbiamo sempre cercato di utilizzare norme che potessero resistere al passare del tempo) ma che oggi comunque sia necessario aggiornare il nostro modo di utilizzare i social. Per fare un esempio, Instagram oggi è diventato il social fondamentale per comunicare, mentre Facebook in parte ha sostituito con le sue pagine business i siti web di molte attività. Facebook è ottimale per gestire i clienti (attraverso messenger), Instagram serve per attrarre, coinvolgere, interagire. Molto probabilmente fra due anni la situazione sarà di nuovo cambiata, ed è per questo che è molto importante studiare come cambiano i social se non ogni settimana almeno ogni mese (il web è pieno di pagine dove aggiornarsi). Per questa ragione parleremo dell’evoluzione delle Instagram stories e di come in questo momento siano la forma di comunicazione che non può mancare a chi vuole usare i social in modo efficace.

PERSONALE E QUOTIDIANO

Agli albori delle Instagram stories molte aziende ritenevano questo mezzo informale e non adatto. La sua durata breve (24 ore) e l’abitudine degli utenti a fruirne sempre più copiosamente lo hanno trasformato in qualcosa da cui non si può prescindere. Per renderle interessanti però bisogna cogliere gli attimi “privati”, i dietro le quinte, il quotidiano di aziende e prodotti. Dal lavoro in laboratorio per una pasticceria al disegno delle collezioni o alle sfilate per un’azienda di abbigliamento. Il tutto girato come se si avesse la camera a mano (che in questo caso è lo smartphone), con grande naturalezza.

HASHTAG E LOCATION

Una delle chiavi del successo delle stories sono gli hashtag individuati per il business in questione e il luogo di riferimento dove è stato creato il contenuto (o dove si trova l’azienda o il punto vendita). Vanno inseriti sempre e se il testo è troppo e copre in parte il contenuto, è sufficiente nasconderli trascinandoli con un movimento rapido verso il basso. Hashtag e location saranno invisibili ma presenti per indicizzare il video o la foto.
PERSONALIZZAZIONE
Le stories possono essere personalizzate, dal font da utilizzare, ai filtri. E’ corretto quindi non limitarsi a usare i font classici delle stories, sperimentando anche. Se poi un’azienda ha un font molto caratterizzante, il video o l’immagine (anche se comporta tempo da dedicarsi) può essere modificata con un photo o video editor che consente l’inserimento del font desiderato.

INTERAZIONE

Le stories sono un ottimo mezzo per interagire con gli utenti. Si possono anche creare sondaggi e anche proporre promozioni a tempo (visto che le stories durano appunto 24 ore).In alcuni casi si possono anche condividere dei mini tutorial che sono fra i contenuti più apprezzati

GRATIFICAZIONE

Condividere i contenuti in un post significa condividere un “pezzo di vita”, un momento, qualcosa che si ritiene di valore. Per questa ragione condividere le storie di altri utenti (i cosiddetti user generated content) sulla base di un hashtag o a una location legati al brand o a un prodotto dell’azienda, ha il potere, da una parte di gratificare gli utenti perché si valorizza il loro contenuto aumentandone la visibilità, e dall’altra consente a chi riposta di creare velocemente delle storie.
Le instagram stories sono attualmente uno strumento di comunicazione necessario per chi utilizza i social per business, e saperle sfruttare nel modo corretto può aumentare la forza della comunicazione.

*Creative marketing strategist and producer – Dreamcatchers Entertainment

Le promozioni su Facebook geolocalizzate

Promozioni su facebook: è necessario fare molta attenzione sul contenuto della comunicazione e alle regole restrittive che il social impone.

Per essere efficaci attenzione a: testo sull’immagine, ai video, anticipatevi per l’approvazione e sfruttate la possibilità di revisione.

di Mattia Nicoletti*

“Adesso che abbiamo aperto il nostro nuovo negozio possiamo partire con la distribuzione di volantini”. Questa fino a quel tempo fa, ma in molti casi ancora oggi, era la modalità più semplice e diretta per comunicare nella zona di riferimento l’apertura di un nuovo punto vendita. Con l’avvento dei social media e la possibilità di fare promozioni su Facebook geolocalizzate con apparente facilità, molte persone decidono di investire parte del budget su questo tipo di comunicazione. Tuttavia, tralasciando alcuni aspetti sul processo da affrontare per realizzare una promo su Facebook di cui abbiamo scritto numerose volte, è necessario fare molta attenzione sul contenuto della comunicazione. E non ci riferiamo alle sole regole di comunicazione ma alle regole restrittive che Facebook impone. Dopo il caso Cambridge Analytica, l’azienda guidata da Zuckerberg ha infatti “stretto le maglie” sulle promozioni dettando alcune regole che chi non fa spesso pubblicità su Facebook non può conoscere (molte di queste regole si apprendono infatti solo con l’esperienza). Ecco alcuni accorgimenti da utilizzare per far sì che la promozione vada a buon fine.

Il testo sull’immagine
Una delle grandi tentazioni per chi fa promozioni su Facebook è quella di utilizzare immagini e video con molto testo per fornire ogni tipo di informazione per il possibile consumatore. Dalla descrizione del prodotto/servizio al prezzo, senza tenere conto che Facebook penalizza la visibilità quando il testo supera il 20-30% dell’immagine. Penalizzazione significa che il numero di persone che si potrebbero raggiungere (nel caso di obiettivo copertura) può essere notevolmente più basso al termine della promozione. E’ quindi fondamentale inserire nell’immagine solo l’informazione più importante (che in ogni caso la rende anche più immediata.

Attenzione alle immagini e ai video
L’algoritmo di Facebook che analizza le promozioni, analizza anche le immagini per evitare che si promuova qualcosa di illecito o comunque vietato. C’è il rischio ad esempio che se si vuole fare una pubblicità di intimo Facebook notifichi che la promozione non può essere accettata per il troppo elevato quantitativo di pelle mostrato nell’immagine o nel video. Ed è assolutamente possibile che Facebook non notifichi nulla se l’immagine/video è semplicemente postata ma non messa in promo.

Anticipate la promozione

Poiché la promozione di frequente viene avviata nei tempi in cui vorremmo che fosse vista dal target di riferimento, spesso si dimenticano due cose. La prima è che per approvare una promozione spesso ci vogliono diverse ore (quindi se fate una promozione alle 8 del mattino può essere che venga avviata alle 12), la seconda è che se non viene approvata dovete cambiarla o chiedere la revisione (nel punto successivo approfondiamo questo argomento) con una conseguente ulteriore perdita di tempo. Una soluzione può essere quella di anticipare di un giorno il post e programmare la promozione con la partenza stabilita in origine. Così avrete più tempo per gestire gli eventuali problemi.

Sfruttate la possibilità di revisione

Quando Facebook non approva un contenuto in promozione, le possibilità sono due. O cambiate il contenuto oppure, se ritenete che il contenuto non abbia ragione di essere bloccato, chiedete la revisione manuale. Quando la chiedete, Facebook vi chiede di motivare la ragione per cui ritenete che sia un errore bloccare la promozione. La revisione manuale può richiedere fino a 24 ore di tempo

Non perdetevi d’animo

Può accadere che una promozione non venga approvata e che, nonostante le spiegazioni, di frequente criptiche, di Facebook, non si capisca la reale ragione del blocco. Se anche dopo la revisione manuale Facebook la respinge nuovamente, provate a cambiare il contenuto. Ad ogni buon conto solo con l’esperienza si può prevedere se un contenuto può essere a rischio, quindi non prendetevela con l’ottusità dell’algoritmo ma cercate di superarlo con la vostra intelligenza.

*Creative marketing strategist and producer – Dreamcatchers Entertainment

COSA SI ATTENDONO GLI SHOPPER DAL NEGOZIO FISICO DEL DOMANI

Gli acquirenti del futuro cercheranno nello shopping il divertimento ma con un’attenzione importante per il rispetto dell’ambiente, della natura e per l’origine del prodotto. Il 78%, infatti, ha dichiarato di essere preoccupato per la questione ambientale e il 73% afferma di fare attenzione alla provenienza dei prodotti. Cresce inoltre, sempre di più, la voglia di non omologarsi grazie ad articoli personalizzati e originali. Il 74% dei clienti retail coinvolti nell’indagine ha dichiarato di voler avere uno stile del tutto personale senza assomigliare agli altri. Un desiderio molto diffuso soprattutto fra i più giovani che apprezzano la possibilità di essere coinvolti in prima persona nella creazione di un articolo, addirittura attraverso concorsi indetti da designer e stilisti o con l’ausilio di stampanti 3D. L’aspettativa principale del cliente è quella di vivere il momento della visita e dell’acquisto sul punto vendita in maniera più rilassata e personale: da shopping experience a human experience. L’82% degli intervistati considera l’atmosfera generale un elemento importante sentirsi in totale comfort all’interno del punto vendita. Un ambiente accogliente che vede nella musica un asset decisivo: ben 3 intervistati su 4 dichiarano che una musica adatta ai propri gusti contribuisca a rendere l’esperienza nel negozio positiva

@Redazione

BKE, la piattaforma A.I made in italy

BKE, una opportunità unica per chi vuole investire nel futuro.

Si chiama BKE ed è una A.I. capace di analizzare il comportamento del consumatore in spazi digitali e fisici, definendo cosa farà, che cosa acquisterà, quando, come e dove

Dalla ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano si evidenzia un mercato dinamico ma caratterizzato da una scarsa consapevolezza da parte delle imprese delle opportunità dell’Artificial Intelligence.

Il mercato dell’A.I. è agli albori in Italia, con una spesa per lo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale di appena 85 milioni di euro nel 2018, ma ci sono delle enormi prospettive. Al contrario in Usa l’ultimo report di CGInsights evidenzia un importante aumento degli investimenti in aziende specializzate in soluzioni di Intelligenza Artificial. Esempi concreti di questo trend sono l’acquisizione di Looker da parte di Google per $2.6B e l’acquisizione di Tableau da parte di Salesforce per $15B.

La più nota piattaforma di intelligence conferma anche che i brand nel retail e nel food & beverage continuano a sviluppare esperienze personalizzate da offrire ai consumatori. Ma se finora la sfida è stata raccogliere i dati, il prossimo step è prevedere il futuro, attraverso modelli di Analisi Predittiva, in grado di anticipare quello che saranno i comportamenti di acquisto dei propri clienti.

Ed è qui che si posiziona DCG (DCG.net), come uno dei precursori tecnologici con la sua piattaforma SaaS “BKE” (Behavioural Knowledge Ecosystem). La società, creata nel 2009 da Tommaso Chiorino, ha sempre operato in ambito digital e negli ultimi anni, individuata la necessità del mercato di una soluzione disruptive che permettesse di capitalizzare i dati prodotti dagli utenti trasformandoli in solide predizioni, si è concentrata nella realizzazione di una soluzione proprietaria facile da utilizzare e dall’alto rendimento in termini di conversione verso gli obiettivi di business. La piattaforma proprietaria di DCG, BKE, è una A.I. capace di analizzare il comportamento del consumatore in spazi digitali e fisici, definendo cosa farà, che cosa acquisterà, quando, come e dove accadrà. Per esempio, dall’Italia DCG è già in grado di predire: qual è la postazione più “profittevole” per un taxi a Dubai, geolocalizzando il bisogno degli utenti; anticipare quali saranno i trend di acquisto dei consumatori dei maggiori retailers in Asia e Medioriente; riconoscere i comportamenti delle persone attraverso indicatori biometrici che permetteranno di ottenere caratteristiche distintive e misurabili.

BKE, intelligenza artificiale e retail. 

In ambito retail la piattaforma è stata utilizzata, ad esempio, dalla conglomerata emiratina Al- Tayer, che distribuisce e rivende circa 1080 marchi di lusso nella regione. Con l’obiettivo di aumentare il basket medio dei clienti in negozio, DCG ha configurato il suo BKE per dotare i commessi di uno strumento che suggerisse, per ognuno dei visitatori identificati, prodotti aggiuntivi che non fossero mai stati acquistati in precedenza, da proporre durante le viste ai negozi. Il risultato è stato un incremento di fatturato del 15% su base mensile, grazie all’aumento medio del 25% del valore del basket di acquisto del 20% dei clienti che hanno ricevuto un suggerimento.

La stessa piattaforma è stata utilizzata dal gigante Malesiano del TeaLive, per ottimizzare le vendite e la gestione dello stock prodotti in 300 negozi nella regione, ed è in fase di collaudo in Italia presso una catena di pizzerie top secret per massimizzare sia la resa dei ristoranti che la conversione delle campagne di marketing per l’aumento della clientela.

@Redazione AZ Franchising

Obiettivo sviluppo: dove vanno i mercati

Gli strumenti ci sono, anche se migliorabili. Si tratta finalmente di fare sistema ed iniziare a sfruttare al meglio quanto già è a disposizione.

La galassia dei fondi europei è immensa, e spazia dalle politiche di supporto all’internazionalizzazione delle imprese a tutta una serie di agevolazioni, a fondo perduto o a tasso agevolato, per attività di Ricerca & Sviluppo. Ecco come muoversi.

 

Dott.ssa Francesca Paleari*

C’era un tempo in cui il mondo si divideva in sistemi economici capitalistici e sistemi socialisti; poi, un’economista francese, coniò il termine “terzo mondo”, per indicare tutti gli altri paesi in via di sviluppo “non allineati”. Il “Secolo breve” finì prematuramente, e ci consegnò un mondo dominato dalla mono-potenza americana e dalle economie occidentali del G7 (Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti d’America e Canada). Arrivarono le Tigri asiatiche, e con esse la incalzante supremazia cinese.

Sembrano secoli fa, ma dalla tragica fine della seconda guerra mondiale ad oggi, sono passati neanche 100 anni. Se analizziamo la classifica dei primi 10 paesi al mondo per Prodotto Interno Lordo, delle gloriose potenze occidentali rimane ben poco. Cina e India dominano prepotentemente questa graduatoria, lasciando agli Stati Uniti l’ultimo gradito del podio. Scorrendo l’elenco incontriamo nomi eterogenei: paesi storici (Giappone e Germania, rispettivamente al nono ed ultimo posto); paesi che erano già giovani promesse all’inizio degli anni 2000 (Brasile e Russia, rispettivamente al sesto ed ottavo posto); paesi emergenti su cui forse bisognava prestare maggiore attenzione (Indonesia, Turchia ed Egitto, rispettivamente al quarto, quinto e settimo posto).

Fortunatamente, a dispetto del titolo di questo articolo, abbiamo ancora un decennio per capire dove si stanno muovendo i mercati (inclusi i capitali) ed attuare strategie di internazionalizzazione adeguate.

Il nostro tessuto industriale, la struttura dimensionale e sottocapitalizzata delle nostre imprese, la carenza di manager esperti in processi di internazionalizzazione, la mancanza di cultura e di studi di geopolitica mondiale (e aggiungerei della storia, non solo economica, in generale), alimentano un GAP per le aziende italiane, soprattutto PMI, che è difficile da recuperare, quantomeno nel breve periodo, rispetto alle nostre colleghe tedesche o francesi, per non parlare di quelle americane.

I mercati del far east (sarà questo, il secolo asiatico?) offrono opportunità enormi in termini di investimenti, crescita, esportazioni. I mercati interni di quei Paesi, e non solo, sono pronti a recepire beni e servizi “occidentali” creando così una forte domanda che potrebbe aiutare (salvare?) ed alimentare le produzioni delle nostre aziende e delle nostre economie, in perenne stagnazione se non addirittura in recessione.

Gli strumenti ci sono, anche se migliorabili. Si tratta finalmente di fare sistema (politiche di governo + imprenditorialità privata + mondo della scuola) ed iniziare a sfruttare al meglio quanto già è a disposizione.

Penso ad esempio a tutti i progetti (quindi soldi) che i Programmi di sviluppo dell’Unione Europea mettono a disposizione del nostro Paese ogni anno e che, inspiegabilmente, non vengono neanche utilizzati.

Le cause sono molteplici. Da una diffusa carente cultura in termini di finanza agevolata e project management, ad una Pubblica Amministrazione che non è ancora efficiente nell’offrire la giusta e mirata assistenza; dalla mancanza quasi totale di figure esperte in Europrogettazione, alla totale impreparazione della classe politica.

La galassia dei fondi europei è immensa, e spazia dalle politiche di supporto all’internazionalizzazione delle imprese (Temporary Export Manager, Credito di Imposta per le fiere all’estero, Missioni imprenditoriali, Focus di approfondimento sui Paesi) a tutta una serie di agevolazioni (a fondo perduto o a tasso agevolato) per attività di Ricerca & Sviluppo, o altresì a supporto della registrazione e mantenimento di Marchi e Brevetti, solo per fare qualche esempio.

I settori interessati sono vari e coprono pressoché qualsiasi attività, incluse le start-up o addirittura, in alcuni casi, gli aspiranti imprenditori. E’ importante quindi cercare di capire, attraverso i partner giusti, quali sono le opportunità già disponibili, o che lo saranno in futuro, per cercare di ottimizzare al meglio anche questi strumenti che, in ogni caso, possono e sono un ulteriore supporto ai piani di sviluppo di qualsiasi realtà imprenditoriale.

“Ogni grande viaggio, inizia sempre dal primo passo”.

 

* Founder & General Manager Obiettivo Sviluppo

FINANZA AGEVOLATA, INTERNAZIONALIZZAZIONE, NETWORKING

Obiettivo Sviluppo nasce per dare una risposta concreta alle esigenze degli imprenditori italiani che negli anni si sono sempre avvicinati al mondo delle agevolazioni pubbliche, dei mercati globali, delle partnership, senza riuscire a fare il next step : dall’idea all’execution. Con il progetto UP, il team entra nel vivo di questi argomenti, liberando imprenditori e manager dall’operatività di queste azioni, lasciandoli liberi di fare il loro lavoro e sviluppare il loro core business. I campi di azioni sono: Finanza agevolata, internazionalizzazione, networking. Settori di intervento: agricoltura, agroindustria/agroalimentare, artigianato, commercio, cultura, industria, pubblico, servizi/No Profit, turismo.

Come pianificare una campagna pubblicitaria

Pianificare una campagna pubblicitaria significa progettare e realizzare una vera e propria esperienza.

La pubblicità che vediamo è solo la punta di un iceberg, il risultato di un processo di analisi e pianificazione che richiede alcuni passaggi obbligati.

Infatti, la campagna pubblicitaria rappresenta una delle strategie delle aziende e nelle decisioni che i consumatori prendono. «Il più antico mestiere non è quello che popolarmente si crede. Il primo mestiere lo ha inventato un serpente, o meglio Satana mascherato sotto le apparenze di un serpente». È così che Marco Vecchia (copywriter, planner e docente di teoria e tecniche della comunicazione pubblicitaria all’Università Statale di Milano) aveva descritto il mestiere del pubblicitario definendolo uno dei più antichi, anzi il primo ad essere stato creato [“Hapù. Manuale di tecnica della comunicazione pubblicitaria”, ed. Lupetti, Milano, 2003 p. 23].

Prima di tutto è fondamentale definire gli “obiettivi” che si intendono raggiungere

La semplice conoscenza, la notorietà, l’atteggiamento favorevole oppure il comportamento concreto. Per poter valutare il livello del loro raggiungimento, gli obiettivi devono essere “specifici”, “misurabili”, “accessibili”, “realistici” e “temporizzabili”.

E’ necessario determinare il “target group”

Stabiliti gli obiettivi è necessario determinare il “target group”, ovvero il gruppo di consumatori (segmenti) accomunati da caratteristiche simili (età, reddito, stili di vita, bisogni, ecc.) ai quale la campagna pubblicitaria è destinata. I destinatari sono tutti coloro che intervengono nel processo di acquisto, vale a dire gli influenti (come i medici, o i professori che, per il ruolo professionale che svolgono, hanno una capacità d’influenza totale o parziale sulla scelta dei consumatori), i consiglieri (come gli architetti o gli artigiani, che suggeriscono prodotti e marche), i distributori, gli opinion leader (come i personaggi pubblici o i giornalisti, che influenzano le mode) e la famiglia.

Con lo sviluppo di Internet come media pubblicitario, grazie all’affinamento estremo delle tecniche di segmentazione e attraverso la pratica del marketing one-to-one, sono possibili, anche comunicazioni incredibilmente personalizzate dove il target non è più una massa indistinta ma l’individuo specifico.

Occorre individuare il “cosa” comunicare e il “come”.

Secondo la prospettiva creativa, la “copy strategy” prende in considerazione i punti chiave di una campagna. Oltre al target, vengono definiti: “consumer benefit” (il beneficio, che il consumatore può ottenere), “reason why” (l’argomentazione o la prova dei fatti impiegata a sostegno della promessa fatta ai consumatori), supporting evidence (la caratteristica del prodotto che avalla la credibilità del benefit o della reason why), “tone of voice” del messaggio (l’espressione del carattere e della personalità che si vogliono costruire per un prodotto, un servizio o una marca). La copy strategy ha la funzione di garantire, nel tempo e fra i mezzi, continuità e coerenza contribuendo a caratterizzare la comunicazione, agli occhi dei consumatori.

Di fronte a un’offerta smisurata e trasversale di possibili spazi e investimenti, con la pianificazione dei media si arriva a scegliere i mezzi più idonei per raggiungere gli obiettivi di comunicazione e il target selezionato, in un determinato periodo di tempo e con il budget stabilito.

La strategia di comunicazione, quindi, contiene tutte le indicazioni necessarie per pianificare una campagna pubblicitaria: un mix coordinato e programmato di attività in grado di legare tra loro le differenti piattaforme mediatiche, in cui l’elaborazione dell’idea creativa costituisce l’aspetto più caratteristico.

 @Stefania Giuseppetti

Quando i social network non perdonano.

Anche una sola critica negativa, o una lamentela sui social network non deve essere sottovalutata, o ignorata da un brand.

Bastano pochi minuti per diffondere il messaggio negativo, creare una crisi e rovinare l’immagine di un brand.

Quattro concetti fondamentali utili a gestire la comunicazione in una crisi.

di Stefania Giuseppetti

I social media hanno liquefatto i confini tradizionali tra azienda e consumatori, creando un senso di vicinanza che può contribuire ad accrescere la visibilità del brand, oppure a distruggerla.

Se “F” come “feedback” ma soprattutto come i Followers di Twitter e di Instagram, gli amici (Friends) e i Fans di Facebook, è il fattore che fa tendenza e che può influenzare profondamente le decisioni d’acquisto, è necessario non sottovalutare mai i vari commenti, anzi, è opportuno usarli per migliorare strategie e visibilità.

Considerando che solitamente le cattive notizie viaggiano molto più velocemente di quelle buone, di fronte alle situazioni difficili è necessario farsi trovare preparati e pronti a reagire.

Il “crisis management” non è certo una disciplina nuova.

è un’azione precisa e organizzata di gestione dell’emergenza, che permette di salvare situazioni apparentemente irrecuperabili.

La capacità di un’azienda di rispondere a questi eventi “imprevisti” è un indicatore di forza e di competizione.

Spesso “avere un piano” non è facile, ma è anche vero che esistono almeno quattro concetti fondamentali utili a gestire la comunicazione in una crisi: essere pronti, ovvero conoscere a fondo l’azienda, la struttura, le persone, i prodotti e l’ambiente per valutare le aree di rischio significativo e identificare potenziali minacce; essere in grado di dare risposte decise, per poter reagire rapidamente, in maniera esauriente e con la massima trasparenza, prima che un messaggio negativo diventi virale provocando danni inestimabili alla web reputation aziendale.

Quando un’azienda attraversa un periodo di crisi, la sfida per riemergere si svolge soprattutto sul piano della credibilità e della velocità di comunicare, quindi dalla capacità di dialogare con l’ambiente esterno, comprenderne i bisogni e coordinare le mosse per uscire indenni dall’emergenza.

Nel caso contrario, l’attacco dei mezzi di comunicazione può essere estremamente dannoso e i cospicui investimenti necessari al suo recupero possono essere considerati l’unità di misura dei danni causati dalla crisi.

 

Come sarà il negozio del futuro? in store o back store?

Nell’era del commercio unificato, dove gli universi online e offline convergono è fondamentale massimizzare l’efficienza delle soluzioni retail, in-store e back-store.

A sostegno di questo processo Cegid, continua il suo lavoro di ricerca per fornire risposte concrete alle continue sfide e che il settore propone, e presenta lo showroom del futuro dove si potranno toccare con mano le innovazioni per i retailer di domani.

COME SARA’ IL NEGOZIO DEL FUTURO? In store o back store?

Un vero e proprio hub, completamente connesso e smart. Nel settore retail i consumatori continuato a dettare sempre nuovi standard, con clienti alla costante ricerca di esperienze gratificanti e personalizzate, sempre più connessi e in grado di accedere rapidamente a un’enorme quantità di informazioni. Per soddisfare aspettative di questo livello e farsi trovare sempre un passo avanti rispetto alle richieste dei consumatori, è ormai chiaro che il concetto di punto vendita debba essere del tutto rivoluzionato. Uno store efficiente deve essere un hub connesso, al centro di un ecosistema unico in cui confluiscono dati di diverso tipo: il traffico di clienti, ovviamente, ma anche una gestione corretta della merce (disponibilità dei prodotti, acquisti, spedizioni e resi) e l’elaborazione di informazioni dettagliate sul percorso di acquisto online e offline. Affinché tutti questi dati vengano classificati, utilizzati e condivisi in modo efficace con le parti interessate, il brand deve disporre di strumenti adeguati che consentano di offrire ai clienti il non-plus-ultra della customer experience.

 

UN ECOSISTEMA EFFICIENTE PER INCREMENTARE IL VALORE

In aggiunta ad un’esperienza utente ottimale offerta al cliente, la trasformazione digitale dei negozi fisici mette lo staff di vendita in condizione di produrre ancora più valore. Grazie a dispositivi mobili innovativi che migliorano il flusso e la gestione di tutte le operazioni del punto vendita, i retailer possono davvero raggiungere il loro pieno potenziale. Questi strumenti aumentano l’intelligenza emotiva della relazione con gli shopper, consentendo agli addetti alle vendite di offrire competenze pertinenti e utili sulla base delle maggiori informazioni sulle abitudini del cliente, dalla modalità di consegna preferita ai prodotti più acquistati. Molti professionisti internazionali del retail sono sempre più interessati a scoprire come aumentare il valore del loro business, alimentare le conversioni in-store e ovviamente contribuire alla crescita della loro azienda.

 

IMPLEMENTARE SMART HUB COMPLETAMENTE CONNESSI DIVENTERÀ A BREVE LA NORMA

Questa vision è la conseguenza naturale dell’unificazione dei canali online e offline, in particolare per quanto riguarda il controllo degli stock, per alimentare una relazione continuativa e senza soluzione di continuitàcon i clienti in ogni fase del percorso di acquisto. Cegid Innovation Store, inoltre, mette in evidenza soluzioni quali il pagamento mobile, il checkout e la gestione dello stock tramite RFID e la possibilità di analizzare le interazioni dei clienti in merito all’esperienza di acquisto su social network o altri canali digitali, oltre che i prodotti identificati o acquistati.

 

COME CAMBIA L’ESPERIENZA DEI CONSUMATORI NEGLI STORE

In passato i nostri acquisti avvenivano nelle piccole botteghe sotto casa: avevamo ben a mente il nome del proprietario, che a sua volta conosceva le nostre abitudini ed era un perfetto assistente per i nostri acquisti. Oggi, grazie all’avvento delle nuove tecnologie, anche i negozi possono ambire ad avere un rapporto di fiducia e duraturo con i propri clienti. Ciò a cui puntano le grandi aziende, con l’aiuto delle tecnologie digitali, è porre il consumatore al centro di una vera e propria esperienza. In quello che resta uno snodo fondamentale nella relazione fra azienda e cliente, il negozio diventa un vero e proprio luogo da vivere, in grado di offrire un’esperienza sempre più unica al consumatore. Esperienziale, immateriale ed emozionale: sono queste le parole chiave per lo store del futuro.

L’obiettivo è quello di mettere al centro il consumatore immergendolo tra design e tecnologia, in spazi accoglienti e flessibili, che diventano mutevoli e parlanti grazie all’utilizzo di nuove tecnologie.

Il momento fondamentale su cui concentrarsi non è più solo quello dell’acquisto, ma tutto il percorso associato alla customer experience. Il cliente non compra più per necessità, ma per soddisfare un desiderio, alla costante ricerca di prodotti sempre più personalizzati. Grazie alla digital transformation, l’omnicanalità arriva anche negli store ed il consumatore avrà quindi la possibilità di avere a portata di mano un vero e proprio assistente.

 @Redazione AZ Franchising

Come conoscere i clienti uno ad uno per vendere di più

Il sogno dei brand manager di conoscere uno per uno il proprio target si è avverato

Con l’assistente vocale puoi conoscere direttamente tutti i tuoi clienti e vendi di più.

di Stefania Giuseppetti

Con i ritmi sempre più caotici e veloci ai quali siamo sottoposti, qualsiasi tecnologia utile ad abbassare il nostro livello di stress e a farci diventare più efficaci e multitasking, rappresenta uno strumento essenziale per ottimizzare il poco tempo che abbiamo a disposizione e migliorare la nostra vita. Dal momento che si può parlare fino a quattro volte più veloce rispetto allo scrivere, e che sarà sempre più facile e di uso quotidiano conversare con intelligenze artificiali, che permettono di fare altro mentre si assegna una richiesta, le interazioni con i dispositivi basati sulla voce umana sono destinate a crescere e ti permettono di conoscere i tuoi clienti.

ESEMPIO DI INTERAZIONE TRA BRAND E CLIENTE?

Articolo completo nell’ultimo numero di AZ Franchising