Smart & Safe Retail: 5 chiavi per il ‘Nuovo Mondo’

Tendenze e casi rappresentativi del monitor Retail

a cura di Kiki Lab – Ebeltoft Group

Si è appena concluso con successo ‘Smart & Safe Retail’, il webinar organizzato da Kiki Lab con le tendenze e numerosi casi rappresentativi dal monitor specifico sul Retail creato negli ultimi mesi insieme al consorzio Ebeltoft Group.
Keynote Oscar Farinetti, Founder Eataly con il suo intervento dal titolo ‘Vincere le sfide nell’era Covid’.
L’evento è stato inoltre arricchito da due tavole rotonde, moderate da Armando Garosci, Giornalista Largo Consumo con: Tally Weijl, Ikea, Accenture, Esselunga, Lush, Promotica e Nexi.

Fabrizio Valente, Founder Kiki Lab-Ebeltoft Italy, ha approfondito numerosi casi rappresentativi delle 5 chiavi del ‘Nuovo Mondo’: Safe Retail, eCommerce, Smart Retail, Store Transformation e Responsible Retail.
‘Nel Nuovo Mondo che si sta generando assistiamo a una convergenza virtuosa di Smart Retail con processi semplici, fluidi e spesso tech, e di Safe Retail basato sulla rassicurazione.’ – ha affermato Valente, che ha poi sottolineato l’importanza di passare da una logica di canali a una di clienti evidenziando quanto il percorso verso lo smar retail, che era già in atto, si sia incrociato in modo virtuoso con tutto il tema del safe retail.
Kroger, uno dei leader del food retail americano, dal 2018 utilizza auto progettate ad hoc a guida autonoma per le consegne degli ordini di food online.
L’ultimo concept della farmacia Onofre in Brasile, esprime una grande facilitazione per i customer journey che integrano online e offline, con percorsi facili e veloci in negozio per il ritiro dei prodotti.
Sumo Salad, a Londra, ha previsto nei propri negozi una doppia coda coda per i clienti: una per chi vuole scegliere tra le numerose insalatone già pronte e la seconda riservata al processo di personalizzazione.
‘In prospettiva il tema strategico è l’ambiente: da un lato la sostenibilità, con esempi positivi come il riciclo e il riutilizzo dei prodotti e dall’altro il tema dell’economia circolare, con esempi come i servizi di noleggio.’ – ha concluso Valente.

‘La più grande qualità di un manager è gestire l’imperfezione umana e la fatalità come quella che ci ha condizionato negli ultimi mesi.’ – ha affermato Oscar Farinetti, Founder Eataly. Il gruppo ha raggiunto in due mesi i risultati nelle vendite on line che erano stati previsti in 5 anni. Farinetti ha inoltre descritto il negozio fisico come il regno della lentezza e dell’approfondimento, il luogo in cui ci si guarda negli occhi e si deve usare sempre di più la parola per descrivere ai clienti i prodotti in modo dettagliato.

Marco Dellapiana, Direttore Generale Tally Weijl South Europe ha evidenziato l’obiettivo di Tally Weijl di trasformare il proprio business model verso un modello più etail che retailer, conservando una forte rete di negozi fisici dove l’online svolge un ruolo veramente sinergico e supportato da un CRM potente.

Fides Tosoni, Country Business Development Manager Ikea Italy ha presentato le diverse strategie messe in atto da Ikea negli ultimi mesi, come ad esempio la riconversione rapida dei negozi in centri logistici e la gestione delle code nei punti vendita con l’app UFirst.

Alessandro Zanotti, Managing Director Retail & Fashion Strategy & Consulting Accenture ha evidenziato l’opportunità di modificare e ripensare i modelli di vendita, citando diversi casi di ispirazione in risposta ai nuovi comportamenti dei clienti come conseguenza del lockdown.

Roberto Selva, Chief Marketing & Customer Officer Esselunga ha illustrato le diverse evoluzioni del layout degli ultimi format, più aperti per facilitare i flussi dei clienti. Il progetto Amici Vicini rientra nella strategia complessiva di Esselunga di sostenere la collettività: una app creata in sole due settimane che ha già attivato 1.500 volontari.

Alessandro Andreanelli, Managing Director Lush Italy ha spiegato come Lush si stia reinventando con diversi strumenti, come ad esempio l’addetta vendita che prende gli ordini direttamente dai clienti in coda fuori dai punti vendita.

Alessandro Viola, Head of Corporate Sale Nexi ha sottolineato la maggiore propensione verso le transazioni elettroniche, con un aumento nell’ultimo periodo del contactless del 40%. Il pagamento con carta appare sempre di più tra le regole comportamentali suggerite nei punti vendita come elemento safe.

‘E’ necessario sviluppare competenze imprenditoriali e manageriali ‘bifocali’: un occhio sul breve periodo, con una gestione tattica dell’emergenza e della ricaduta sui consumi, ma l’altro occhio con sguardo all’orizzonte, per scegliere adeguate strategie e cogliere nuove opportunità.’ – ha affermato Diego Toscani, Direttore Generale Promotica

Bonus Pubblicità 2020, risparmia il 50% sull’investimento

Il Bonus Pubblicità è un’agevolazione fiscale sotto forma di credito d’imposta. Il Decreto Rilancio ha elevato per il 2020, la misura del bonus pubblicità al 50%. La base di calcolo dell’agevolazione è costituita dall’intero valore dell’investimento pubblicitario.

Con la nuova disposizione normativa , ai fini della concessione del credito d’imposta nel limite di 40 milioni di euro per gli investimenti pubblicitari effettuati sui giornali quotidiani e periodici, anche online, e nel limite di 20 milioni di euro per gli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti televisive e radiofoniche locali e nazionali, analogiche o digitali, non partecipate dallo Stato, la comunicazione telematica è presentata nel periodo compreso
tra il 1 ed il 30 settembre del medesimo anno.

Più in dettaglio si evidenzia che la variazione introdotta per l’anno 2020, riguarda esplicitamente due elementi:

  • la base di calcolo del credito d’imposta, che non si identifica più con il valore incrementale dell’investimento pubblicitario programmato nel 2020 rispetto a quello effettuato nel 2019, bensì si identifica più semplicemente con il valore dell’intero investimento pubblicitario programmato ed effettuato nel 2020;
  • la percentuale dell’investimento, riconoscibile come credito d’imposta, che è stabilita
    nella misura unica del 50 per cento.

Premesso quanto sopra, va anche chiarito che l’espresso riferimento al “valore degli investimenti pubblicitari effettuati”, in assenza di un qualsivoglia richiamo al loro valore incrementale, fa venir meno, per l’anno 2020, il presupposto dell’incremento minimo dell’1% dell’investimento pubblicitario, rispetto all’investimento dell’anno precedente, quale requisito per l’accesso all’agevolazione fiscale.
Ciò comporta che, limitatamente all’anno 2020, possono accedere all’agevolazione anche i soggetti che programmano investimenti inferiori rispetto a quelli effettuati nel 2019, i soggetti che nell’anno 2019 non abbiano effettuato investimenti pubblicitari ed infine i soggetti che hanno iniziato la loro attività nel corso dell’anno 2020.

A chi è destinato il Bonus Pubblicità

Le imprese, i lavoratori autonomi e gli enti non commerciali, che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica anche on line e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali.

Le condizioni dell’agevolazione

L’utilizzo del credito di imposta esclusivamente in compensazione mediante il modello F24, che deve essere presentato tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate.

Che cosa devono fare i soggetti interessati 

  • la “Comunicazione per l’accesso al credito d’imposta”, prevista dall’articolo 5, comma 1, del D.P.C.M. n. 90/2018, contenente i dati degli investimenti effettuati o da effettuare nell’anno agevolato. Le prenotazioni, per il 2020, sono state spostate recentemente dal 1° al 30 settembre 2020;
  • la “Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati” per dichiarare, ai sensi dell’articolo 47 del D.P.R. n. 445/2000, che gli investimenti indicati nella comunicazione per l’accesso al credito d’imposta, presentata in precedenza, sono stati effettivamente realizzati nell’anno agevolato e che gli stessi soddisfano i requisiti di cui all’articolo 3 del D.P.C.M. n. 90/2018. Dal 1° gennaio al 31 gennaio 2021 .

L’ammontare del credito d’imposta effettivamente fruibile da ciascun richiedente è stabilito con provvedimento del Dipartimento per l’informazione e l’editoria (articolo 5, comma 3, del D.P.C.M. n. 90/2018), pubblicato sul sito istituzionale del Dipartimento stesso entro il mese di marzo 2021.

Investire su AZ Franchising e accedere al Bonus

AZ Franchising, in qualità di testata giornalistica registrata, è uno dei magazine interessati dal Decreto Rilancio e dunque programmare uno spazio pubblicitario nell’arco del 2020 sui nostri mezzi, oltre a garantire un’ottima visibilità, sarà molto più economico.

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Il difficile rapporto tra Banca e Impresa

LA PREMESSA

Per svolgere al meglio il tema non si può prescindere dal definire chi è la banca; la banca è: un’impresa privata, un ente a scopo di lucro, che fornisce alla clientela mezzi di pagamento e di intermediazione tra offerta e domanda di capitali, i primi provenienti per lo più dalle famiglie, i secondi domandati soprattutto dalle imprese. Il concetto, di per sé banale, è fondamentale per avere un corretto approccio con quanto andremo di seguito a dire. Altro aspetto che risulta fondamentale è l’obbligo, da parte delle imprese, di giocare la partita con il sistema finanziario il più possibile ad armi pari: il rapporto di assoluta sudditanza dell’imprenditore e dell’impresa nei confronti del sistema creditizio, la presenza di luoghi comuni riflesso certamente di un pessimismo di fondo e di alcuni preconcetti, devono essere tutti messi da parte e sostituiti con un approccio propositivo che abbia come obiettivo una maggiore comprensione del modus operandi delle varie banche e delle regole alla base delle loro decisioni di affidamento. In un’espressione: le imprese devono imparare il linguaggio delle banche favorendo quindi una comunicazione più efficiente ed efficace con le stesse.

IL CONCETTO DI BANCA COME FORNITORE

L’istituto di credito non è altro che un fornitore di denaro e di servizi ad esso collegato; il ruolo della banca quindi è assolutamente fondamentale in quanto, per quasi la totalità delle attività imprenditoriali, altamente strategico.  Partendo da questa definizione è fondamentale però evidenziare come l’impresa non debba confondere come, soprattutto in questo periodo di restrizione del credito, la scelta del partner bancario debba essere comunque condotta con cognizione e consapevolezza. Nella selezione di un fornitore d’impresa “classico” (materie prime, componenti, servizi, ecc) l’impresa valuta aspetti come il pricing, i tempi di pagamento e di consegna della merce, la qualità del prodotto-servizio, la strategicità della specifica fornitura nel più complesso quadro aziendale, la storicità del rapporto e magari perché no, la reputation dimostrata nel corso del tempo.  Quelle elencate sono analisi che specularmente si dovrebbero fare nella scelta e nella valutazione periodica dei partner finanziari ma che spesso invece sono del tutto trascurate dalle imprese e messe in secondo piano rispetto alla primaria esigenza di avere la quantità di denaro richiesta.

A differenza di quanto si pensi la scelta è estremamente ampia e variegata.

Ma come districarsi nella scelta della controparte? La soluzione migliore oggi è partire dagli istituti già affidanti presso cui si esiste già un rating interno dell’azienda. E ‘necessario però sempre sapere:

 

  • La scadenza di tutte le eventuali linee a breve
  • L’esistenza, ed anche in questo caso la scadenza, delle eventuali linee temporanee
  • Eventuali rate/canoni che risultassero scaduti e impagati (nel caso ve ne fossero chiederne i dettagli: la data di scadenza e l’importo)
  • Il rating interno attribuito alla società
  • Gli importi accordati e le condizioni economiche applicate per ogni singola linea

Questi aspetti sono da valutare molto attentamente e da pesare in maniera corretta. Non sempre a condizioni economiche apparentemente svantaggiose devono implicare valutazioni negative, parallelamente un costo del denaro medio basso non può costituire l’unica discriminante nella scelta e nella valutazione della banca.

Qualora fosse necessario rivolgersi sul mercato è necessario sempre analizzare prima di tutto la metodologia di misurazione di rischio adottata dalla banca referente:

  • Base (o Standard);
  • Intermedio (o IRB Foundation);
  • Avanzato (IRB Advanced);

evitando gli aspetti tecnici che stanno alla base delle tre macrocategorie, basta sapere che più il sistema di misurazione del rischio è esperto, profondo, e ampio più questo premierà le aziende migliori e penalizzerà le peggiori.

Nella quasi totalità dei casi la complessità metodologica di misurazione del rischio cresce di pari passo al dimensionamento dell’istituto di credito. In quest’ottica è molto importante creare un panel di banche appartenenti a tutte le tre macro-categorie, capace di soddisfare al meglio le esigenze dell’azienda in qualsiasi momento; con una battuta si potrebbe dire “una banca per ogni stagione”, una banca che nei momenti di apparente crisi sappia non penalizzarmi oltremodo, e una banca che sappia invece premiarmi al meglio quando va tutto bene.

Seguendo il filo logico potremmo estendere il ragionamento e affermare che bisogna evitare di limitarci ad una sola banca per ogni categoria; meglio avere fornitori sostituibili fra loro, da far competere dando per assunto di base che hanno caratteristiche, tipologie di offerta e sistemi di valutazione comparabili… a questo punto ci accorgeremmo come il numero di banche dovrebbe essere almeno pari a 6, ma come minimo 3. A queste aggiungiamo quei soggetti altamente specialistici, che fanno dell’eccellenza in determinate operazioni il cuore della loro attività (factoring, leasing, ecc..).

Man mano che si sviluppa il discorso ci si rende sempre più conto di come un’analisi puntuale del tema debba essere necessariamente condotta sulla base di conoscenze fondamentali del mercato del credito ma prima di tutto dell’azienda stessa; cosa ero, cosa sono, chi mi aiutato ad essere ciò che sono, cosa voglio diventare e chi è in grado di aiutarmi nel “percorso finanziario” che l’azienda ha di fronte. La consapevolezza del tema è fondamentale perché i riflessi sono importantissimi, con effetti anche di lungo periodo, e con implicazioni a volte importantissime.

Ultima, ma non per importanza, è la valutazione che l’impresa deve fare sulle scorte di magazzino che il proprio fornitore ha… continuando la similitudine sviluppata precedentemente non sempre condizioni che sulla carta risultano essere buone devono comportare la scelta quasi obbligata di rimanere con quel fornitore. La battuta che descrive le banche come quei soggetti che prestano denaro solo a chi ne ha già a sufficienza è oggi più che mai specchio dei nostri tempi, e di un substrato di errate convinzioni che trascurano il fondamentale presupposto che le banche prestano il denaro solo quando…sono loro stesse ad averlo.

Fino a pochi anni fa l’eccesso di offerta ha portato ad affidamenti facili e altamente rischiosi, il contesto attuale, diametralmente opposto, porta a conseguenze ben diverse dove le banche a volte “non prestano il denaro nemmeno a chi ne ha già”. Tutto questo solo per affermare ulteriormente l’importanza di selezionare più partner bancari, evitando il pericolo GRAVE di avere come uniche banche soggetti a corto di liquidità e incapaci quindi non tanto di valutare correttamente l’azienda in assoluto, ma pur valutandola di non poter rispondere alle sue esigenze finanziarie.

QUALI SONO GLI ELEMENTI DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO?

La presentazione di una pratica di affidamento dovrebbe sempre avvenire a seguito di un’autoanalisi della propria situazione; gli imprenditori, o i loro professionisti di riferimento, danno per scontato che il referente bancario conosca l’azienda, il business, le finalità di accesso al debito e la capacità della richiedente di far fronte all’impegno finanziario richiesto.

Una particolare attenzione va riservata al settore d’appartenenza in cui opera l’azienda; devono essere prese in considerazione le caratteristiche strutturali ed evolutive dello stesso commisurandole all’attività svolta dalla richiedente in termini di qualità dei prodotti e delle fasi del processo produttivo interno. Risulta vincolante presentare la storicità dell’azienda e l’esperienza Imprenditoriale che costituiscono “le fondamenta” su cui costruire i nuovi rapporti e che sono la discriminante della capacità dell’azienda di far fronte alle problematiche quotidiane e alle ciclicità macroeconomiche e settoriali.

Vanno analizzati i punti di forza e di debolezza estrapolandoli dall’analisi storica del comportamento aziendale nelle diverse aree di attività e alla luce dei diversi contesti di mercato in cui opera. L’indagine conoscitiva di tali elementi riguarda i successi e gli insuccessi registrati e le motivazioni sottostanti.

Per iniziare un’analisi critica della propria situazione aziendale l’imprenditore può attingere alle informazioni desunte dalle più autorevoli banche dati, spesso interrogate dalle stesse controparti bancarie. Cerved, Lince, Infocamere, Fox & Partner, Cribis, Experian e D&B sono solo alcuni delle società che forniscono prodotti confacenti a tale scopo. Il tutto si rende necessario in quanto l’ambito d’analisi bancaria è focalizzato sulla capacità dell’imprenditore e dei manager di gestire l’azienda adottando le migliori scelte coerentemente con il mercato e il settore di riferimento.

Oltre ai dati di cui sopra, rientranti nella categoria delle informazioni qualitative, un istituto di credito vaglia altri tre elementi riassumibili nello schema riportato in calce:

tab 3. Fonte www.ratinglab.eu

La ponderazione degli stessi varia da istituto ad istituto ma possiamo considerare come elemento discriminante la Centrale Rischi nel caso in cui l’azienda appartenga al segmento retail ed i bilanci in ipotesi di appartenenza al segmento corporate. Nel prossimo numero continueremo partendo dalla Centrale Rischio della Banca d’Italia.

Scelti da noi: franchising internazionali settore immobiliare

RE/MAX (Denver, Colorado, Stati Uniti – Italia)

RE/MAX è il Gruppo Immobiliare più diffuso al mondo, presente in 115 Paesi, con circa 8.400 agenzie e più di 128.000 professioni immobiliari affiliati. RE/MAX è stata la prima organizzazione immobiliare ad aver introdotto e sviluppato con successo – attraverso il franchising – la formula dello studio associato, che ha rivoluzionato l’intero settore del Real Estate.Approdato in Italia nel 1996 sotto la guida di Dario Castiglia – CEO & Founder – RE/MAX si è conquistato fin da subito un posto di leadership tra i diversi player del settore Real Estate. Oggi, RE/MAX conta in Italia una rete di oltre 450 agenzie affiliate e più di 4.100 consulenti immobiliari che gestiscono un portfolio di oltre 35.000 immobili residenziali, commerciali e di pregio su tutto il territorio nazionale. Il Gruppo RE/MAX, punta sulla capillarità del suo Network a livello internazionale e sulla comprovata capacità di supportare intermediazioni in qualsiasi Paese e da qualsiasi Paese, grazie alla collaborazione proattiva tra agenzie e consulenti. I professionisti RE/MAX Italia nel 2019 hanno venduto una casa ogni 26 minuti! Nessuno al mondo vende più immobili dei consulenti immobiliari RE/MAX.

CENTURY 21 (Stati Uniti)
Dal 1972, il marchio CENTURY 21® ha cambiato l’attività immobiliare offrendo a broker e imprenditori indipendenti la possibilità di ottenere risultati straordinari in un mercato sempre più competitivo. Ma molto è cambiato da allora. Il sistema CENTURY 21 ha attualmente oltre 8.000 broker di franchising di proprietà e gestione indipendenti con 100.000 collaboratori sparsi in tutto il mondo. Century 21 si è affermato come leader nell’e-marketing ed è emerso come uno dei marchi più rispettati del settore.

KELLER WILLIAMS REALTY, INC. (Austin, Texas, Stati Uniti)
Keller Williams Realty, Inc. è una forza immobiliare da non sottovalutare. Nel 2012, Keller Williams ha raggiunto la redditività nel 91% dei suoi uffici nazionali. Oggi opera in oltre 700 mercati in tutto il mondo. Il modello di business fornisce agli agenti un vantaggio tecnologico e la capacità di offrire ai clienti tutto ciò che desiderano. Nata nel 1983, l’attività di franchising ha avuto inizio quattro anni dopo.

COLDWELL BANKER (Madison, New Jersey, Stati Uniti)
Fondata nel 1906 Colwell Banker è leader del settore immobiliare da oltre 100 anni. Si tratta di un network immobiliare innovativo che ti offre un sistema franchising all’avanguardia per fare business in un mercato globale. Coldwell Banker ha una ricca storia nella fornitura di servizi immobiliari affidabili ai propri clienti. La società ha 3.000 uffici in quasi 50 paesi e territori. È noto per fornire servizi ai massimi livelli e addestrare a fondo i suoi agenti.

BETTER HOMES AND GARDENS REAL ESTATE (Parsippany-Troy Hills, New Jersey, Stati Uniti)
Better Homes and Gardens Real Estate è stato originariamente lanciato nel 1978 dalla Meredith Corporation, fornitore leader di media e marketing di qualità negli Stati Uniti Da allora, l’impresa immobiliare è emersa come uno dei marchi più affidabili, in parte grazie alla sua parentela con una rivista che condivide lo stesso nome. Nel 2008, Better Homes and Gardens Real Estate è entrato in un nuovo sistema di franchising, che sta contribuendo a catapultarlo ulteriormente nelle classifiche.

@Redazione AZ Franchising

Smart&Start: per start-up innovative

È un bando di INVITALIA è prevede un finanziamento a tasso agevolato fino all’80%

Di seguito tutte le informazioni per accedere al finanziamento: soggetti beneficiari, requisiti richiesti, tipologia di interventi ammissibili

 

A cura della Dott.ssa Francesca Paleari – Founder & General Manager Obiettivo Sviluppo

Nel recente indice pubblicato da Bloomberg, relativo ai paesi con le economie più innovative al mondo, l’Italia è fuori dalla TOP 10, guidata invece per il secondo anno consecutivo dalla Germania, con Sud Korea e Singapore a completare il podio.

Sorprende, per la nostra storia e per il tessuto imprenditoriale italiano, vedere come il nostro paese sia ormai dietro a realtà come i paesi scandinavi, o a nazioni consolidate come USA e Francia (si veda grafico completo).

Analizziamo due strumenti importanti creati proprio per far fronte alla necessità di innovazione nella e della economia italiana.

Il primo è il veicolo attraverso il quale si può poi accedere a forme di finanziamenti contributi ed agevolazioni come appunto, per esempio, il recente bando Smart&Start.

Una start-up innovativa è una società (di capitali), avente sede in Italia, creata appositamente con il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179/articolo 25, con lo scopo di favorire l’occupazione giovanile e semplificare l’accesso agli strumenti finanziari per le imprese giovani che puntano all’innovazione. Una serie di altri requisiti formali sono obbligatori per poter essere iscritti nella sezione speciale delle Camere di Commercio dedicate questa particolare categoria di società. Tra gli altri:

  • Non essere costituita da più di 60 mesi;
  • Fatturato < 5 milioni Eur;
  • Non distribuire utili;
  • Oggetto sociale: innovazione tecnologica, sia di prodotti che di servizi;
  • Non deve essere stata costituita tramite fusione, scissione o cessione di ramo d’azienda;
  • Spese R&S > 15%;

Analizziamo ora un interessante bando di INVITALIA recentemente aperto (20 gennaio 2020), denominato Smart&Start, che prevede un finanziamento a tasso agevolato fino all’80% a sostegno proprio delle startup innovative.

Anzitutto, sarà ora possibile presentare domanda solo se si rispettano i nuovi requisiti previsti, specificatamente:

  1. la semplificazione dei criteri di valutazione per la concessione delle agevolazioni e l’introduzione di nuove premialità in caso di collaborazione con organismi di ricerca, incubatori e acceleratori d’impresa, compresi i Digital Innovation Hub, e di realizzazione di piani di impresa al sud da parte di start up già operative al centro-nord;
  2. una nuova definizione dei piani di impresa e delle spese ammissibili, ivi incluso il riconoscimento di una quota di finanziamento per la copertura delle esigenze di capitale circolante per il periodo di realizzazione del piano;
  3. l’incremento del finanziamento agevolato fino all’80% delle spese ammissibili e al 90% nel caso di società costituite da sole donne, da under 36 oppure se un socio ha il titolo di dottore di ricerca;
  4. l’aumento del fondo perduto per le imprese localizzate al Sud Italia fino al 30% dell’importo concesso per gli investimenti;
  5. modalità di rendicontazione più semplici, con la possibilità di ottenere le erogazioni per stati di avanzamento con fatture non quietanzate (i cui pagamenti possono dimostrati, entro sei mesi, al successivo stato di avanzamento) e contestuale erogazione della quota proporzionale di finanziamento inerente il capitale circolante; rendicontazione dei costi di personale con la modalità dei costi standard;
  6. estensione temporale del periodo di ammortamento per la restituzione del finanziamento fino a 10 anni.

Al fine di promuovere, su tutto il territorio nazionale, le condizioni per la diffusione di nuova imprenditorialità e sostenere le politiche di trasferimento tecnologico e di valorizzazione economica dei risultati del sistema della ricerca pubblica e privata, è stato riordinato il regime di aiuto denominato Smart&Start, che è ora finalizzato a sostenere la nascita e lo sviluppo delle start-up innovative ed è applicabile sull’intero territorio nazionale.

Il nuovo intervento prevede l’agevolazione di programmi d’investimento e costi d’esercizio realizzati e sostenuti nell’ambito di piani d’impresa:

  • caratterizzati da un significativo contenuto tecnologico e innovativo;
  • mirati allo sviluppo di prodotti, servizi o soluzioni nel campo dell’economia digitale;
  • finalizzati alla valorizzazione economica dei risultati del sistema della ricerca pubblica e privata.

SOGGETTI BENEFICIARI

Possono beneficiare delle agevolazioni:

  • le start up innovative;
  • le persone fisiche che intendono costituire una start up innovativa, anche se residenti all’estero o di nazionalità straniera.

REQUISITI RICHIESTI:

  • start up costituite da non più di 48 mesi;
  • valore della produzione < 5 milioni di euro;
  • costi riconducibili a R&S.

TIPOLOGIA DI INTERVENTI AMMISSIBILI

Nell’ambito dei piani di impresa sono ammissibili i programmi di investimento aventi ad oggetto l’acquisizione di:

  • impianti, macchinari e attrezzature tecnologici, ovvero tecnico-scientifici, nuovi di fabbrica, funzionali alla realizzazione del progetto;
  • componenti hardware e software funzionali al progetto;
  • brevetti e licenze;
  • certificazioni, know-how e conoscenze tecniche, anche non brevettate, purchè direttamente correllate alle esigenze produttive e gestionali dell’impresa;
  • progettazione, sviluppo, personalizzazione, collaudo di soluzioni architetturali informatiche e di impianti tecnologici produttivi, consulenze specialistiche tecnologiche funzionali al progetto di investimento, nonchè relativi interventi correlativi e adeguativi.

Le spese devono essere sostenute dopo la presentazione della domanda ed entro i 2 anni successivi alla stipula del contratto di finanziamento. Le agevolazioni finanziarie consistono in un mutuo senza interessi, il cui valore può arrivare fino al 70% delle spese ammissibili (max € 1.050.000). Il valore del mutuo può arrivare all’80% delle spese ammissibili, se la start-up ha una compagine interamente costituita da giovani e/o donne o se tra i soci è presente un dottore di ricerca che rientra dall’estero (max 1.200.000).

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Primigi e Igi&Co: 40 anni di prodotti per bambini

Primigi e Igi&Co realizzano prodotti innovativi e di qualità con cura ed amore, per soddisfare le diverse esigenze di ciascuna età: dai primi mesi fino all’adolescenza

Intervista a Mariella Pillo, proprietaria di due store uno a Milano e l’altro a Cusano Milanino: “molto interessante il reso totale della merce invenduta a fine stagione e il margine garantito del 40% sul venduto”

Ha lavorato per circa 10 anni in aziende nel settore commercio e successivamente ha seguito per circa 15 anni un centro stampa di sua proprietà. Nel 2018 Mariella Pillo apre due store, uno a Milano in Via Astesani, 17, store di circa 200 mq. con all’interno marchio Primigi e marchio IGI&CO e l’altro Cusano Milanino in Via Sormani, 51, store di circa 100 mq. solo a marchio Primigi.

Perché ha scelto Primigi e Igi&Co?

“In primis perchè è un’azienda Italiana che da circa 40 anni crea prodotti per bambini utilizzando un rapporto qualità prezzo di alto livello. Il fattore del reso totale della merce invenduta a fine stagione e il margine garantito del 40% sul venduto”.

In che modo la Casa Madre lo ha sostenuto?

“L’azienda si occupa della cura del progetto dello store che andrai ad aprire con suggerimenti dati dalla loro esperienza acquisita negli anni”.

E’ necessario seguire dei corsi di formazione?

“Vieni indirizzato sulla gestione totale dello store con corso interno prima dell’apertura”.

Che consiglio darebbe ad un nuovo affiliato?

“Scegliere bene la posizione dove aprire lo store Primigi, valutando passaggio e densità. E’ molto importante aprire il proprio store dove c’è passaggio di persone, quindi in un luogo frequentato da molte persone”.

Richiedi maggiori informazioni per aprire Primigi in Franchising – Clicca qui

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@Redazione AZ Franchising

Scopo ed obiettivi dellle società benefit

Si aprono nuove opportunità alle società che intendono perseguire finalità ulteriori rispetto allo scopo di lucro

Avv. Patricia de Masi Taddei Vasoli*
Avv. Federica Bernareggi

A partire dal 2006 negli Stati Uniti d’America si pone la questione di attuare una nuova concezione di business. Promotore di questa concezione è stato l’ente americano no profit B-Lab, che ha per primo introdotto una sostanziale modifica nello statuto e nell’oggetto sociale delle aziende: si persegue il profitto, ma nel rispetto dei più elevati standard di trasparenza e performance di qualità socio-ambientale. Nasce così una nuova tipologia di impresa, definita B-Corp, la quale oltre alla produzione di utili, si sottopone al contempo ad un rigoroso percorso di valutazione (c.d. Benefit Impact Assessment) volto a misurare la qualità dell’impatto generato sugli stakeholders (portatori di interessi esterni alla compagine societaria), al fine di ottenere una certificazione dell’impegno assunto nei confronti degli stessi. La certificazione B-Corp consente quindi di dichiarare al mercato di essere un’impresa orientata ai principi di sostenibilità all’interno dell’intera catena del valore.

Il contesto italiano delle società  benefit

A partire dal 2014, le B Corp® certificate italiane hanno promosso un progetto politico che ha portato alla firma del Disegno di Legge sulle Società Benefit, depositato nell’aprile 2015. Tale normativa è stata sviluppata da un team internazionale di giuristi, imprenditori e altri stakeholder in armonia con la disciplina delle Benefit Corporation già esistente negli USA e in fase di introduzione in numerosi altri paesi. Il disegno di legge sulle Società Benefit è poi confluito nella legge di stabilità 2016 (legge n. 208/2015), art. 1, commi 376-384, entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2016. L’Italia ha così introdotto – per prima in Europa – la Società Benefit, creando una nuova qualifica che tutti i tipi societari possono acquisire. La legge non introduce infatti un nuovo tipo societario, potendo la Società Benefit (di seguito, per brevità “SB”) assumere la veste giuridica di una qualsiasi società commerciale di cui al libro V, titoli V e VI del Codice Civile (S.s., S.n.c., S.a.s., S.r.l., S.p.A., ecc.). In particolare, le nuove norme prevedono che: le finalità di beneficio comune perseguite siano indicate nella clausola statutaria dell’oggetto sociale; la società sia gestita in modo da bilanciare l’interesse dei soci con l’interesse di coloro sui quali l’attività sociale possa avere un impatto (c.d. stakeholders); sia individuato nell’ambito dell’organizzazione aziendale, il soggetto cui attribuire i compiti e le funzioni finalizzate al perseguimento del beneficio comune; sia reso conto annualmente degli obiettivi perseguiti e realizzati attraverso una valutazione dell’impatto di attività. Non trattandosi di un nuovo tipo societario, questa disciplina si affianca e integra quella prevista dal codice (o dalle leggi speciali) per il tipo societario prescelto, con alcuni obblighi aggiuntivi. Manca, invece, nelle norme qualunque forma di incentivo fiscale o di altra natura per la costituzione di tali società. Questa scelta del legislatore consente di valutare costi e vantaggi di un’opzione per la SB al netto di incentivi esterni, che potrebbero essere previsti in un secondo momento. L’indicazione nell’oggetto sociale delle finalità perseguite rende pienamente lecito ciò che prima si configurava di dubbia ammissibilità, cioè la possibilità di indicare nello statuto scopi ulteriori rispetto a quello tipico della causa societaria, ossia la produzione e la divisione di utili.

Scopo e finalità delle società benefit

Le SB perseguono volontariamente, nell’esercizio dell’attività d’impresa, oltre allo scopo di lucro, anche una o più finalità di beneficio comune. Per beneficio comune si intende il perseguimento di uno o più effetti positivi (perseguibili anche riducendo gli effetti negativi) su persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interessi. Le SB perseguono tali finalità di beneficio comune operando in modo responsabile (impegnandosi a considerare l’impatto della società sull’ambiente per creare valore sostenibile a lungo termine per tutti gli stakeholder), sostenibile (creando condizioni favorevoli alla prosperità sociale e ambientale) e trasparente (comunicando annualmente i risultati conseguiti, i progressi e gli impegni futuri verso il raggiungimento di impatto sociale e ambientale, sia verso gli azionisti che verso il grande pubblico).
La SB deve specificare nell’ambito del proprio oggetto sociale le finalità di beneficio comune che intende perseguire. Tale disposizione consente alla società di attribuire stabilità e certezza a un progetto imprenditoriale in cui la massimizzazione del profitto non costituisce l’unico obiettivo dell’attività aziendale. Le SB possono, infatti, espressamente perseguire due obiettivi: profitto e beneficio comune, con il conseguente sorgere di nuovi compiti e responsabilità in capo agli amministratori. Le finalità di beneficio comune entrano nel processo produttivo vincolando gli amministratori a precise scelte di politica aziendale basate sul bilanciamento tra diversi interessi.
Ciò apre nuove opportunità alle società che intendano perseguire finalità ulteriori rispetto allo scopo di lucro, le quali potranno aprirsi al mercato per la ricerca di nuovi capitali, crescere, o cedere l’attività senza che a ciò consegua la perdita dei valori originari dell’azienda.
L’obbligo di indicare nell’oggetto sociale le finalità di beneficio comune si applica anche alle società diverse dalla SB, qualora intendano perseguire anche questa nuova finalità. In tal caso, queste società sono tenute a modificare l’atto costitutivo o lo statuto, nel rispetto delle disposizioni che regolano le modificazioni del contratto sociale o dello statuto proprie di ogni tipo di società. Tali modifiche devono, inoltre, essere depositate, iscritte e pubblicate nel registro delle imprese secondo quanto previsto dalle regole del tipo societario prescelto.

Obblighi e responsabilità degli amministratori e della società benefit

Accanto alla previsione dell’indicazione nell’atto costitutivo delle finalità di beneficio comune che la società intende perseguire, la legge si individua gli specifici obblighi in cui incorrono gli amministratori della società benefit e le relative responsabilità.
In primo luogo, la legge stabilisce che la SB deve garantire il bilanciamento dell’interesse dei soci, il perseguimento delle finalità di beneficio comune e gli interessi delle categorie indicate quali destinatari dello stesso, conformemente a quanto previsto nello statuto. Gli amministratori della società hanno quindi ampia discrezionalità, potendo adottare scelte strategiche e operative che non siano volte a incrementare la redditività della partecipazione sociale e che possano nel breve termine anche produrre un impatto negativo sulla stessa, purché ciò avvenga nel rispetto del principio del bilanciamento tra i diversi interessi indicati nello statuto. Gli amministratori dovranno gestire l’impresa nel rispetto degli obblighi e dei doveri rapportati al tipo societario prescelto e dovranno altresì impiegare il massimo grado di diligenza e perizia richiesta dalla natura dell’incarico anche nella cura di interessi diversi da quelli riferibili alla società e ai suoi soci, valutando l’impatto che le decisioni gestionali generano sulle finalità ulteriori indicate nello statuto. Ciò non implica che a tali finalità debba essere necessariamente attribuita preferenza, ma comporta un obbligo degli amministratori di agire in modo da garantire una compensazione tra i rispettivi vantaggi e sacrifici che determinate scelte operative possono comportare sui diversi interessi coinvolti.
È inoltre previsto che l’organo amministrativo della società debba individuare il soggetto o i soggetti responsabili cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle finalità di beneficio comune. Scopo di tale obbligo è quello di rafforzare la struttura organizzativa dell’impresa, attribuendo a determinati soggetti il compito di coadiuvare gli amministratori nel perseguimento delle finalità di beneficio comune, nonché quello di supervisionare che le procedure aziendali garantiscano l’efficiente raggiungimento degli obiettivi sociali dell’impresa. Trattandosi di una figura di ausilio e di controllo funzionale alla gestione, la legge attribuisce ampia discrezionalità agli amministratori nell’individuazione del soggetto a cui attribuire tale compito, i quali potranno decidere di attribuire l’incarico a funzioni già esistenti, esternalizzarlo oppure ancora attribuire deleghe specifiche in tal senso a uno stesso amministratore. In capo agli amministratori delle società benefit è inoltre posto l’obbligo di redigere una specifica relazione sul beneficio comune perseguito. Con questa relazione gli amministratori riferiscono ai soci sulle specifiche attività poste in essere per il perseguimento del beneficio comune, sulle modalità con cui hanno operato il bilanciamento tra gli interessi dei soci e quelli degli altri stakeholders, sulle ragioni per cui abbiano attribuito preferenza all’uno piuttosto che all’altro in determinate circostanze; sui livelli di performance ambientale e sociale realizzati, nonché sulle linee programmatiche di sviluppo futuro. La relazione sull’attuazione del beneficio comune deve essere, infine, pubblicata sul sito internet della società, qualora esistente. Tale pubblicazione rappresenta, oltre all’uso nella denominazione sociale dell’espressione società benefit, il mezzo con cui la società comunica al mercato le informazioni sulla sua particolare attività, offrendo ai soggetti interessati a investimenti sostenibili elementi utili per valutare le performance dell’impresa e sui quali basare le proprie strategie di investimento.

Gli amministratori hanno gli stessi doveri di una qualsiasi società

Si devepre cisare che gli amministratori incorrono negli stessi doveri imposti dalla legge agli amministratori di una qualsiasi società e dovranno così rispettare il dovere di agire con diligenza e in modo informato, nonché quello di perseguire l’interesse sociale senza conflitti di interesse. Gli amministratori di SB saranno inoltre responsabili verso la società per non aver gestito la stessa in modo da bilanciare l’interesse dei soci con quello delle altre categorie di soggetti indicate nello statuto e per la violazione dello specifico obbligo di individuare il responsabile cui attribuire i compiti e le funzioni relative al perseguimento del beneficio comune. In questi casi è infatti la stessa legge di stabilità per il 2016 a prevedere che “la Società Benefit che non persegua le finalità di beneficio comune è soggetta alle disposizioni di cui al decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145 in materia di pubblicità ingannevole e alle disposizioni del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206”.

*dMTV LEX

Banking digitale: il caso HYPE

Generazioni a confronto, Millennial vs Zeta: un diverso approccio ai consumi tra mondo fisico e mondo digitale

L’ufficio studi HYPE, soluzione di banking digitale per una gestione semplice ed efficiente del denaro, ha realizzato un’analisi per comparare i dati relativi all’utilizzo di HYPE nella gestione del denaro e negli acquisti di beni e servizi relativamente a due cluster di clienti: Generazione Z e Generazione Y

Generazione Y (o Millennial, come vengono chiamati i nati tra il 1981 e il 1996) a confronto con la Generazione Zeta (o “Generazione Greta”, come sono stati ribattezzati i nati dopo l’anno 2000). La velocità della trasformazione digitale sta determinando cambiamenti sempre più rapidi nei passaggi generazionali: lo si vede nei macro-scenari, se si considera la maggiore sensibilità al tema ambientale dimostrata dai milioni di 14-16enni che in tutto il mondo hanno manifestato sull’onda emotiva della ragazzina svedese (mentre i trentenni osservavano con una sorta di distaccato cinismo), ma è possibile osservarlo anche guardando come cambiano, con una frequenza sempre più ravvicinata, le tipologie di consumo e le abitudini d’acquisto, a partire naturalmente dalle modalità di pagamento e di gestione del denaro.

Un’analisi della disruption generazionale in corso, che parte dai numeri e offre un interessante spaccato di tipo sociologico, è stata effettuata dall’Ufficio Studi di HYPE, la soluzione di banking digitale per una gestione semplice ed efficiente del denaro che funziona attraverso un’app mobile che ha comparato i dati relativi all’utilizzo di HYPE nella gestione del denaro e negli acquisti di beni e servizi relativamente ai due cluster di clienti appartenenti all’oltre milione di clienti attivi: gli oltre 70mila clienti under 18 (HYPE dà infatti la possibilità di aprire un conto a partire dai 12 anni), e gli oltre 500mila appartenenti alla Generazione Y (o Millennial, i nati tra il 1981 e il 1996).

Un campione significativo, che consente di fotografare le diverse abitudini di utilizzo legate ad alcune condizioni oggettive date dall’età (in primis, il fatto di vivere ancora con i genitori, per gli under 18), ma anche di osservare alcune tendenze in atto che potrebbero caratterizzare la società di domani.

Antonio Valitutti, General Manager di HYPE: «HYPE ha oltre un milione di clienti appartenenti a tutte le fasce di età. La nostra strategia si basa nello sviluppo di servizi a valore aggiunto stando sempre attenti a cogliere le differenze e le specificità che emergono da quelle che, cronologicamente, rappresentano generazioni distinte, con abitudini e aspirazioni differenti. In questo modo, possiamo sviluppare un’offerta capace di rispondere alle nuove tendenze emergenti in maniera sempre più specifica e personalizzata».

La gestione digitale del denaro

Primo dato significativo è la frequenza giornaliera di accesso all’app: 0,68 volte al giorno per i giovanissimi della Generazione Z e 0,57 volte per i Millennial: una differenza che pare infinitesimale, ma che in realtà rappresenta un chiaro indicatore di come i giovanissimi ricorrano con maggiore naturalezza alla propria mobile bank. Si tratta di un gesto sempre più frequente, anche se non ancora meccanico come, per esempio, il consultare Whatsapp, ma l’incremento nell’abitudine di utilizzo è netto.

I numeri evidenziano come HYPE sia ormai uno strumento utilizzato abitualmente per la gestione delle entrate tanto dalla Generazione Y, che lo utilizza anche per l’accredito dello stipendio (+214% il numero dei Clienti che ha accreditato il proprio stipendio su HYPE nel 2019 rispetto all’anno precedente), che dalla Generazione Z, i quali pur non avendo un’entrata fissa, presumibilmente ricorrono all’app per ricevere la «paghetta» dai propri genitori. Il 70% degli under 18 utilizza l’app per ricevere abitualmente denaro (l’8% delle transazioni totali di P2P ricevente di HYPE riguardano gli under 18). Quindi la mobile app è uno strumento sempre più utilizzato per i trasferimenti e gli accrediti di denaro: tanto lo stipendio quanto la «paghetta» settimanale. Inoltre, i giovanissimi della Generazione Z, in proporzione, spendono più dei loro predecessori della Generazione Y per abbigliamento e accessori, e consumano più pasti fuori casa tra ristoranti e fast food. Per il tempo libero, la Generazione Y predilige i viaggi «analogici», mentre la Generazione Z predilige elettronica e device digitali “Le giovanissime generazioni confermano – anche per quanto riguardo le scelte di utilizzo del denaro – quella tendenza ormai acquisita all’online – conclude Antonio Valitutti – ovvero al comprendere nella sfera del digitale anche le proprie passioni e relazioni quotidiane”.

@Redazione AZ Franchising

Primadonna Collection arriva in Russia

Primadonna  inaugura il suo nuovo store a Krasnodar. Abbiamo Intervistato Valerio Tatarella, Amministratore Unico Primadonna S.p.A.

Primadonna Collection, il brand italiano dall’anima pugliese, ha inaugurato il suo nuovo store russo a Krasnodar, presso il Red Square Shopping Mall. Calzature, borse, accessori e abbigliamento dallo stile italiano spiccano il volo verso il mercato dell’est Europa, ancora privo di una realtà retail come quella della catena fast fashion italiana. A caratterizzare il nuovo punto vendita un layout rinnovato e potenziato nei suoi punti di forza, per offrire al grande pubblico un nuovo ed entusiasmante concetto di shopping experience, tutta da vivere! Questa nuova apertura precede le prossime inaugurazioni con insegna Primadonna Collection in Francia ed Emirati Arabi. “Primadonna Collection – afferma Valerio Tatarella, Amministratore Unico Primadonna S.p.A. – sta puntando sul proprio modello di business vincente, esportando il progetto franchising in aree internazionali prive di realtà simili, offrendo una gamma di prodotti sempre più al passo con le ultime tendenze della moda femminile contemporanea”.

Cosa vuol dire per voi internazionalizzazione del business e quali sono le motivazioni principali che vi hanno spinto ad internazionalizzare il brand?

“Vogliamo esportare il format Primadonna Collection in mercati ancora privi di una realtà come la nostra. Proponiamo una shopping experience unica nel suo genere, capace di mettere al centro del nostro servizio la passione per il glamour e le esigenze di ciascuna Primadonna. Da marzo, lo shopping online è stato lanciato anche in Francia e Spagna per poi essere allargato ad altre nazioni.  Il nostro piano di espansone non si arresta, infatti nei prossimi mesi sono previste quattro nuove aperture sul territorio francese”.

Quali sono le differenze con il mercato italiano?

“Ogni donna vuole sentirsi unica, ad ogni latitudine, in ogni nazione. La nostra offerta merceologica è vasta e l’assortimento è variegato, in modo da soddisfare le richieste di qualsiasi Primadonna. Le differenze tra i mercati sono davvero minime, variano leggermente le preferenze di alcuni modelli di calzature rispetto ad altri e, di conseguenza, il loro modo d’utilizzo”.

Quali sono le scelte strategiche e di marketing che le hanno dato la possibilità di gestire con successo un marchio così importante?

“Abbiamo puntato sul talento, sulla passione e sulla dedizione della nostra forza vendita e di chi ogni giorno si dedica testa e cuore al progetto Primadonna Collection. Il fattore umano è la nostra strategia vincente, da sempre”.

Perché un potenziale franchisee estero dovrebbe affiliarsi a Primadonna Collection?

“Primadonna Collection, con i suoi negozi monomarca, oggi è diventato uno dei marchi più rappresentativi dell’Italian Style. Ogni articolo presente in collezione ha un costo estremamente accessibile, riuscendo a soddisfare ogni tipo di gusto ed esigenza delle Primedonne dei nostri tempi! Il nostro affiliato ideale è un partner grintoso, che ha voglia di far crescere il suo business nell’ambito di una rete franchising internazionale di successo, in continua espansione, proprio come il nostro”.

Richiedi informazioni per aprire uno store Primadonna

Il franchising dei servizi entra in una nuova era

Dalla sharing economy alle assicurazioni, dalla bellezza alla cura degli anziani, le opportunità per chi vuole avviare un’attività nel settore dei servizi non mancano. 

Per anni “sorella povera” di settori come abbigliamento e ristorazione, le mutate esigenze della popolazione e i nuovi bisogni creati dalle nuove tecnologie hanno trasformato questa nicchia di mercato in un’importante leva della nostra economia, tanto da rappresentare ormai la metà del totale del commercio.

In un contesto economico dove i servizi assumono un carattere di vastità, forte è il bisogno di acquisire nuove conoscenze in questo settore. I servizi costituiscono infatti un mondo eterogeneo. La complessità dei servizi può derivare dalla complessità del bisogno e dalle numerose (ed elevate) professionalità necessarie per darvi una
risposta: si pensi al servizio sanitario, al settore benessere e salute. La complessità dei servizi può derivare anche dalla modalità di fruizione da parte del cliente: si pensi al prodotto turistico, alberghiero, al settore immobiliare.

In un settore così vasto i vantaggi di diventare franchisee (o affiliato) si riassumono essenzialmente in un concetto: quello di riduzione del rischio di impresa. Chi decide di affiliarsi a una rete in franchising può contare su un piano di investimenti studiato dalla casa madre (il franchisor, o affiliante), sull’analisi preventiva delle possibilità di far fronte agli impegni assunti, sulla conoscenza – fin da prima della firma del contratto di affiliazione commerciale (e cioè, di franchising) – dell’andamento di entrate e uscite di un affiliato-tipo della rete di interesse.

Vuoi fare delle domande ai protagonisti del settore? Iscriviti gratis al nostro Webinar https://us02web.zoom.us/webinar/register/WN_SgNWFCCxROKJzi9uXEjSTQ