Coronavirus e attività online, la comunicazione come fattore di crescita

La pandemia di Covid-19 sta mettendo in discussione le dinamiche del commercio al dettaglio, ponendo al tempo stesso le basi per una crescita esponenziale del segmento online.

L’ottimismo dei merchant nei confronti del presente e del prossimo futuro, tuttavia, è scarso, come rivela uno studio sull’impatto del Coronavirus sul commercio online condotto da PrestaShop su 1.600 esercenti in Italia, Spagna e Francia.

L’emergenza sanitaria ha avuto ripercussioni su business di qualunque dimensione e settore, comportando una profonda riorganizzazione del lavoro e dei processi quotidiani. Il 71% degli e-merchant intervistati conferma, infatti, di aver intrapreso azioni specifiche per adattare la propria attività professionale alla complessa situazione globale. Il 27% degli intervistati ha introdotto alcune restrizioni alle consegne, mentre il 13% ha deciso di investire in un piano di comunicazione di crisi. Seppur in percentuale minore (8%), c’è anche chi si è trovato a sospendere in toto le vendite, chi ha cercato di dare un boost al giro d’affari proponendo la consegna gratuita della merce e chi, ancora, ha cercato di portare avanti l’attività adottando nuovi protocolli di igiene per tutelare la salute di dipendenti e clienti.

Nonostante l’implementazione di queste e altre iniziative, ben più di due terzi (69%) crede che il servizio fornito ai propri clienti sia inevitabilmente degradato a causa delle misure di confinamento e il 65% dei commercianti online parla di un’interruzione della propria attività a causa del rinnovo della quarantena.

Indagando sulle motivazioni di queste previsioni, è stato rilevato che oltre la metà dei merchant si aspetta una generalizzata mancanza di domanda (60%), mentre il 43% teme che lo stop sia reso necessario dalle crescenti difficoltà logistiche conseguenti al lockdown. Il terzo fattore che, secondo gli esercenti, minaccia la loro attività è la complessità in termini di approvvigionamento delle scorte (36%), mentre in un quinto dei casi (21%) a rappresentare una criticità difficile da sormontare è la tutela della sicurezza dei dipendenti.

Per tutti questi motivi, solo il 35% dei commercianti intervistati da PrestaShop si aspetta di registrare un aumento dell’attività del proprio e-commerce in questo periodo di emergenza, mentre oltre la metà (54%) degli esercenti che possiedono anche un punto vendita fisico afferma di non aver ancora notato una trasposizione online della propria attività offline.

In questo clima di sfiducia diventa quindi più che mai fondamentale studiare una strategia per impedire il ristagno del business e stimolarne la crescita. Per potenziare l’attività del proprio e-commerce circa due terzi (65%) dei commercianti intende puntare sulla comunicazione, dai social network all’e-mail marketing, da un lato consolidando la relazione con la propria clientela, dall’altro ampliandola. Al secondo posto dei mezzi utilizzati dai merchant per incrementare il business del proprio sito spiccano le offerte promozionali (36%), seguite dall’ottimizzazione dell’esperienza utente e dei contenuti (26%).

Convinto del ruolo chiave della comunicazione in un momento di crisi, il 37% dei commercianti conferma di non aver ridotto gli investimenti nelle campagne pubblicitarie. Analizzando le scelte di chi, invece, si è trovato a diminuire le spese in questo segmento, è stato rilevato che il canale più penalizzato risulta essere quello delle campagne Google (32%), seguite da quelle pianificate su Facebook. La percentuale scende al 16% per altre piattaforme, quali Instagram, Amazon o Criteo.

Fonte: https://www.prestashop.com/it

Helbiz, il fenomeno del monopattino in sharing

Intervista a Salvatore Palella, CEO e fondatore di Helbiz

Helbiz è la prima società di micromobilità che ha portato il servizio in Italia

Acireale dove è nato, poi Milano, Londra e New York. Ultimamente riveste un ruolo importante per lui Los Angeles, dove ha avuto inizio l’attività della sua azienda e dove vorrebbe andare a vivere nei prossimi anni. Questi i luoghi della vita di Salvatore Palella, CEO e fondatore di Helbiz, la società americana che ha lanciato il fenomeno del monopattino in sharing. Nato in Sicilia, dove fino a 17 anni ha studiato, poi ha tentato di laurearsi in giurisprudenza a Milano ma il lavoro lo impegnava per troppo tempo e ha abbandonato. “Per me è molto importante il fatto di essermi dovuto sempre fare in quattro per raggiungere il livello degli altri, visto che non avevo una laurea”.

Come nasce l’idea di costruire un business fondato sulla micromobilità elettrica e sullo sviluppo di soluzioni in sharing?

“Quattro anni fa mi trovavo in vacanza in California e ho trovato un’opportunità di business nella micromobilità, inizialmente stavo sviluppando un progetto legato al car sharing peer to peer ma poi ho deciso di focalizzarmi su questo settore perché ho capito quanto sarebbe diventato importante e volevo farne parte”.

Quali sono state le tappe fondamentali di Helbiz Ci può scandire con tempi e numeri la nascita e l’evoluzione della società?

“Il 2016 è stato l’anno della nascita dell’azienda, seguito da un anno di lavoro per lo sviluppo della piattaforma. Nel 2018 ci sono stati i primi test su strada in America mentre il 28 ottobre dello stesso anno è una data significativa, quel giorno Helbiz ha portato la micromobilità in Italia e da allora sono iniziate le misure del Parlamento. Sono molto orgoglioso di aver contribuito a tutto questo”.

Helbiz, la società americana che ha lanciato il fenomeno del monopattino in sharing. Quali prospettive per il mercato Italiano?

“Sicuramente siamo molto focalizzati sul mercato italiano, dove vogliamo consolidare il ruolo di primi player del mercato, vogliamo ricordare che siamo stati i primi a introdurre la micromobilità ma questo primato rappresenta anche una responsabilità per noi. Infatti vogliamo far rispettare le regole e diamo molto importanza all’educazione del consumatore”.

Cosa vuol dire per voi internazionalizzazione del business e quali sono i mercati a cui guardate con maggiore interesse nel medio e lungo periodo?

“Guardiamo con attenzione a tutti i mercati europei perché qui le condizioni atmosferiche sono molto favorevoli, poi ci stiamo concentrando sull’east coast degli USA visto che abbiamo una base a New York. Per il 2021 ci dedicheremo sicuramente a tutti i paesi dell’Asia”.

Identità e valori che hanno guidato e guidano la vostra azienda….

“Sicurezza, facilità e supporto. Per noi un elemento chiave è la sicurezza, vogliamo essere non solo bravi nella distribuzione ma anche nel far rispettare le regole, i nostri mezzi devono essere usati in tutta serenità. La nostra app è facile da scaricare e da usare e il nostro supporto lavora 24 ore su 24, parla 10 lingue e ci aiuta a rispondere in modo immediato a chi ha un problema momentaneo nell’utilizzo di un mezzo”.

Valori e identità che hanno funzionato e continuano a funzionare tanto da portare l’azienda alla quotazione su Nasdaq e Borsa Italiana… Ci racconti qualcosa di questa esperienza.

“Uno degli aspetti per me fondamentali è quello di possedere ancora l’80 per cento dell’azienda come proprietario, e di non aver ceduto troppe quote agli investitori finanziari, questo implica che la tecnologia e il consumatore siano sempre al primo posto nelle decisioni. Abbiamo deciso di quotarci perché a nostro parere le società non vanno quotate solo quando valgono miliardi ma anche quando hanno una quotazione di poche centinaia di milioni, come per esempio Amazon che in una fase iniziale valeva circa 430 milioni di dollari e vediamo dove è arrivata oggi”.

In tutti i suoi anni di lavoro come ha costruito la sua squadra: Quali sono le scelte strategiche che le hanno dato la possibilità di gestire con successo un marchio così importante?

“Fin da subito ho voluto mettere alla base il fattore umano, il rapporto personale che avevo con le singole persone, è anche per questo che ho messo persone che conoscevo da tempo nei ruoli chiave dell’azienda. Ora chiedo a chi lavora con me di giudicare le persone non solo dal curriculum ma anche da chi si trovano davanti. Per me il fatto di non essere laureato in certi casi ha rappresentato un privilegio”.

E il franchising come si inserisce nell’evoluzione del brand?

“Negli ultimi 15/18 mesi ci siamo accorti di una crescente domande dei nostri prodotti in città medio piccole dove per noi sarebbe troppo costoso essere presenti in modo capillare ecco perché vogliamo affidarci a chi conosce bene il territorio e può facilitare la distribuzione dei nostri mezzi in diverse città, abbiamo studiato una formula di franchising che ora rappresenta una piccola percentuale del business ma che potrà arrivare fino al 20/25% del fatturato aziendale nei prossimi mesi”.

Quali sono le politiche di marketing per convincere un vostro potenziale affiliato. Perché un potenziale affiliato deve scegliere Helbiz?

“Perché siamo la prima società di micromobilità e siamo quelli che hanno portato questo servizio in Italia, conosciamo tutte le sfaccettature del business, sia per chi usufruisce sia per chi gestisce il servizio. Prima di partire con il processo di affiliazione volevamo avere almeno un anno di esperienza sul territorio”.

Le nuove tecnologie avranno un ruolo fondamentale per il cambiamento. Quanto queste hanno influenzato e continuano a influenzare la vostra attività?

“Le nuove tecnologie sono alla base della nostra attività e senza alcune di queste, come l’intelligenza artificiale o il brevetto sui parking spot, che abbiamo solo noi, non saremmo stati capaci di realizzare certe attività. Per noi le tecnologie rappresentano il presente ma anche una fonte per il futuro”.

Qual è stata la più grande soddisfazione nella vita personale e nella vita lavorativa?

“Nella vita personale mio figlio che è nato qualche mese fa ed è un’enorme soddisfazione per me. Nella vita professionale è stato il Nasdaq che, anche per la nascita di mio figlio, ci ha pubblicizzati sui maxi schermi di Times Square, questo rappresenta il fatto che una grande istituzione ci continua a supportare”.

Per concludere due domande: la prima: c’è un progetto che rappresenta un sogno nel cassetto e vorrebbe realizzare a tutti i costi?

“Tutto quello che sognavo per Helbiz in questi ultimi tre anni lo stiamo realizzando e sono molto felice di ciò, per il futuro mi viene in mente che non possiamo focalizzarci solo sulla mobilità terrestre ma nei prossimi 10 anni possiamo iniziare a pensare anche allo spazio”.

La seconda: qual è la lezione più importante che la vita le ha insegnato?

“Che se vuoi ottenere qualcosa puoi farlo, non importa da dove vieni o quello che hai in tasca l’importante è lavorare sodo per ottenerla”.

@redazione az franchising

Come acquistano oggi gli Eshopper italiani?

Shopping online: l’impennata di e-commerce e pagamenti digitali

Tra negozi chiusi più o meno in tutto il mondo, quarantene forzate e Smart working lo shopping online è in netta accelerazione nei settori del largo consumo.

Lo smartphone è fondamentale nella fase di decisione dell’acquisto online. L’analisi di Netcomm in collaborazione con Diennea rivela infatti che E-mail, sms e notifiche via app rappresentano lo strumento più efficace per raggiungere il cliente e fargli fare il primo passo nel processo d’acquisto: il 22% degli acquisti online sono diretta conseguenza di questo strumento di marketing. Il punto vendita fisico mantiene la sua efficacia: la visita in negozio è decisiva per il 18,4% degli acquisti. Dagli insight raccolti dall’indagine netRetail 2019, lo studio Netcomm effettuato in collaborazione con Kantar, emerge inoltre una crescita della fiducia verso i siti di ecommerce.Gli Italiani sono sempre più disponibili a salvare online i propri dati di pagamento per non doverli reinserire in acquisti futuri: il 57% del campione effettua questa scelta se ritiene che il sito di e-commerce sia affidabile.

L’IMPATTO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE SUL RETAIL

Il 2019 è stato l’anno decisivo per le imprese che intendevano investire in tecnologie, consentendo così al sistema italiano di svolgere un ruolo decisivo nella trasformazione digitale in atto, anche a livello internazionale. La svolta è imprescindibile e gli investimenti in formazione per accrescere le competenze digitali nel nostro Paese saranno fondamentali. È sempre più urgente, infine, avviare un piano concreto di definizione e creazione di distretti digitali, affinché l’Italia possa incrementare il suo livello di competitività e di crescita dell’export nell’eCommerce.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E RETAIL

Il retail è una delle industrie in cui l’impatto dell’applicazione dell’intelligenza artificiale potrà essere più interessante e immediato, proprio perché in grado di avvicinare anche gli utenti finali, nelle loro abitudini quotidiane, alle nuove frontiere dell’innovazione. Non a caso, nel mondo del retail sono già state adottate soluzioni di AI per migliorare la relazione con i clienti, come lo sviluppo appena iniziato dell’uso dei chatbot. I processi di automazione legati alla filiera logistica, ma anche al machine learning e alle analisi predittive sono elementi decisivi per la creazione e il rafforzamento di una relazione sempre più personalizzata tra i brand e i clienti. In un contesto economico nazionale e internazionale, dove il fattore determinante nell’arena competitiva delle aziende è la capacità di garantire un’offerta sempre più personalizzata, le innovazioni che porterà l’AI potranno migliorare la comprensione delle aspettative dei clienti, facilitando la personalizzazione e la product recommandation, rendendo più efficienti i servizi pre e post sale e ottimizzando la supply-chain.

RE/MAX Italia: campagna di sensibilizzazione su radio e stampa nazionale

RE/MAX, gruppo in franchising leader del mercato dell’intermediazione immobiliare mondiale con 450 agenzie e più di 4.000 affiliati in Italia, lancia una campagna di sensibilizzazione su stampa e radio nazionali.

Una lettera aperta con cui RE/MAX si rivolge direttamente al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Salute, al Ministro dell’Economia e ai Presidenti delle Regioni, invitandoli a considerare l’attività immobiliare tra i servizi essenziali.

A beneficio dell’intero comparto, RE/MAX chiede dunque che le transazioni immobiliari, compresi i servizi ausiliari quali erogazione mutui, perizie e traslochi, siano inclusi nell’elenco delle attività che per prime potranno tornare operative dalla Fase 2, assicurando la massima aderenza e il rigoroso rispetto dei protocolli e delle linee guida sanitarie stabiliti contro la diffusione di COVID-19.

Nella lettera aperta, RE/MAX sottolinea che il settore immobiliare in Italia dà lavoro a oltre 46.000 agenti, a cui si aggiungono decine di migliaia di persone impiegate nell’indotto, evidenziando inoltre che la sola intermediazione concorre a più del 55% del fatturato complessivo residenziale (603.000 compravendite stimate nel 2019 per 100 miliardi di euro), con un impatto economico e sociale su centinaia di migliaia di famiglie ogni anno.

“Gli intermediari immobiliari agevolano l’acquisto e la vendita di case e la casa, sia in affitto che di proprietà, è un bene essenziale per ogni essere umano, per ogni Cittadino”, afferma Dario Castiglia, CEO & Founder di RE/MAX Italia. “Non è un caso che negli USA la nostra categoria professionale sia stata inserita tra le attività essenziali che non hanno mai smesso di operare. Di fronte a un’Italia così segnata dall’emergenza sanitaria, certamente non chiediamo così tanto, ma riteniamo essenziale essere tra le prime attività che potranno rientrare nel programma di ripresa delle attività produttive”.

Comunicazione audiovisiva: nuova frontiera per comunicare online

La comunicazione audiovisiva è un modo di comunicare più accattivante, coinvolgente, spettacolare ed emozionale rispetto alla sola parola.

Ha un forte potere persuasivo e permette di comprendere il messaggio in pochi istanti. Originariamente era YouTube, oggi la situazione è cambiata, anche le piattaforme come Facebook, Instagram e Twitter, si sono adeguate, aggiungendo ai loro servizi di social networking la possibilità di pubblicare direttamente contenuti audiovisivi.

di Stefania Giuseppetti

Era il 23 aprile 2005 quando Jawed Karim, con lo username “jawed”, pubblicò il primo video di Youtube: “Me at the zoo”, girato di fronte alla gabbia degli elefanti dello Zoo di San Diego, in California. Da allora, nella dieta mediatica, la comunicazione audiovisiva rappresenta una risorsa fondamentale per le aziende.
Frutto dell’integrazione di una molteplicità di linguaggi – immagini, grafica, parole, suoni, musica o addirittura il silenzio – l’audiovisivo è l’esempio più calzante del crossover multimediale.
Perché, se è vero che un’immagine vale più di mille parole, tale esperienza permette di accedere a una quantità d’informazioni nettamente superiore a quella delle immagini fisse, capaci di suscitare emozioni e di influenzare la percezione, la memoria, la capacità di giudizio, di accendere il desiderio e condizionare la decisione all’acquisto. “Il percorso della persuasione si sviluppa più facilmente per le scorciatoie delle emozioni che lungo l’autostrada della ragione” [“La pubblicità” di Annamaria Testa].

L’AUDIOVISIVO: UN MODO DI COMUNICARE PIU’ ACCATTIVANTE

Di sicuro il successo del prodotto audiovisivo in rete è indiscusso: rappresenta un modo di comunicare più accattivante, coinvolgente, spettacolare ed emozionale rispetto alla parola o all’immagine statica, ha un forte potere persuasivo e permette di comprendere il messaggio in pochi istanti.

DA YOU TUBE A FACEBOOK, INSTAGRAM E TWITTER

Fino ad un paio di anni fa il canale sovrano per la pubblicazione e creazione di ‘filmati’ e della loro promozione era YouTube, piattaforma di video-sharing che mette a disposizione uno spazio potenzialmente infinito, dalla quale è possibile diffondere il prodotto video sui diversi canali del web. Ma i social network non sono restati a guardare. Infatti, oggi la situazione è cambiata, poiché anche le piattaforme come Facebook, Instagram e Twitter, si sono adeguate, aggiungendo ai loro servizi di social networking la possibilità di pubblicare direttamente contenuti audiovisivi. Per migliorare l’esperienza, hanno anche inserito importanti novità, come la funzione di editing che offre nuovi modi per modificare i video esistenti. Questa funzione contiene strumenti progettati per rendere semplice e veloce la modifica dei video da parte dell’utente, come il ritaglio automatico, la rifinitura, oppure la sovrapposizione di immagini e testi.

IL PASSAGGIO DALL’ANALOGICO AL DIGITALE

Il passaggio dall’analogico al digitale ha reso potenzialmente illimitato lo spazio di archiviazione dei contenuti, rendendo degni di essere documentati anche gli eventi quotidiani più banali. Eventi che, in tempo reale, è possibile condividere, ad esempio, attraverso le “dirette”.
Ci troviamo di fronte a una cultura partecipativa fatta di scambi informali, di nuove piste d’interazione e, soprattutto, di simultaneità; una forma di big bang culturale, un punto di non ritorno che ha cambiato le sorti dell’advertising.
Ci troviamo di fronte a una società dello schermo: uno spazio che taglia, o rende inesistente, tutto ciò che non rientra nei suoi confini. Che sia quello di un pc, di un tablet o di uno smatphone, passiamo da uno schermo all’altro, e senza più barriere d’accesso, chiunque può utilizzare i contenuti di questa forma espressiva in qualsiasi luogo, spazio e tempo.

IL VIDEO ONLINE DIVENTA INTERATTIVO

L’audiovisivo è la nuova frontiera della comunicazione e della promozione online. E fare content marketing usando i video sarà sempre più importante. Che sia video-brochure di presentazione o video-catalogo, il video online diventa interattivo e si trasforma in una nuova modalità di intrattenimento per i consumatori e una nuova opportunità pubblicitaria per le aziende.
Considerando che il consumatore è in continua evoluzione, l’audiovisivo può essere pensato per una modalità di fruizione in grado di sfruttare le potenzialità comunicative del web e tutte le sue dinamiche partecipative.
Chissà cosa potrebbe accadere se e fosse l’utente ad assumere le decisioni in nome e per conto del protagonista dell’audiovisivo? E se tale interattività fosse trasferita al settore degli spot commerciali, quanti spettatori sarebbero molto più interessati se solo avessero la possibilità di scegliere?

*** IN EVIDENZA

• Frutto dell’integrazione di una molteplicità di linguaggi – immagini, grafica, parole, suoni, musica o addirittura il silenzio – l’audiovisivo è l’esempio più calzante del crossover multimediale
• Una nuova cultura partecipativa fatta di scambi informali, di nuove piste d’interazione e, soprattutto, di simultaneità
• Una uova modalità di intrattenimento per i consumatori
• Una nuova opportunità pubblicitaria per le aziende

Tecnologia e punto vendita

La tecnologia nel punto vendita deve essere utile e facile da usare, solo in questo modo migliora la percezione del brand

Uno studio condotto da un team di ricerca dell’Università Bocconi di Milano per indagare la percezione delle tecnologie e delle soluzioni digitali installate nella rete di punti vendita retail.

Un dato è certo: tecnologia impatterà sul personale di negozio, d’accordo soprattutto giovani con alto livello di istruzione. Lo studio è stato condotto da un team di ricerca coordinato dal professor Andrea Ordanini dell’Università Bocconi di Milano con l’obiettivo di indagare la percezione delle tecnologie e delle soluzioni digitali installate nella rete di punti vendita retail e, di conseguenza, la loro efficacia in termini di utilità, facilità d’adozione e impatto sul ruolo del personale, sull’esperienza d’acquisto e sui risultati del negozio.

Lo studio, applicato sul campo, si è svolto intercettando e intervistando in profondità 100 persone al termine della loro esperienza d’acquisto, all’interno di punti vendita in cui erano presenti tecnologie fornite da M-Cube.

M-Cube, leader europeo in soluzioni di digital engagement per il punto vendita, ha supportato lo svolgimento di un’indagine esplorativa sulle percezioni e le aspettative dei consumatori sul ruolo dei contenuti digitali sviluppati e introdotti nei punti vendita.

Il primo dato che emerge dalla ricerca è che da oltre il 75% degli intervistati la tecnologia è ritenuta decisamente utile, senza differenza per genere, età, nazione di provenienza, livello di istruzione e durata media dello shopping. In particolare, però, l’utilità della tecnologia risulta maggiore per i più giovani e per chi è cliente abituale del brand. Analogamente la tecnologia è ritenuta facile da usare, di nuovo senza distinzioni particolari nel campione, benché con incidenza superiore nella fascia relativa ai giovani e agli istruiti, che valutano la tecnologia come più pratica e intuitiva.

Per circa l’80% degli intervistati tuttavia la tecnologia impatterà sul ruolo del personale, il cui cambio di ruolo è atteso maggiormente dai clienti più giovani e istruiti. In particolare, inoltre, l’utilità della tecnologia viene associata all’impatto che essa ha sul personale soprattutto se la promessa alla base intende dare libertà al cliente nell’esperienza d’acquisto (capacità di orientarsi nella proposta e nella customer experience, consultazione cataloghi e raccolta di informazione e infine metodi di check-out).

Per quanto riguarda invece l’impatto che la tecnologia ha sulla percezione del brand secondo il cliente, il riscontro è largamente positivo: per il 73% la tecnologia cambia in meglio la percezione del brand, soprattutto per i clienti abituali e i clienti di età giovane. Inoltre, l’attitudine al passaparola positivo sul negozio è molto elevata per tutto il campione. Ne consegue, infine, che l’utilità dei contenuti digitali in store è responsabile dei risultati del negozio, per effetto sul branding, sull’esperienza d’acquisto e sul passaparola aumentati dalla tecnologia.

Leonardo Comelli, Direttore Commerciale di M-Cube, commenta così i risultati della ricerca: “Il dato più interessante che emerge da questa ricerca è come la percezione del brand sia fortemente influenzata in maniera positiva dalla presenza di tecnologie all’interno del punto vendita, soprattutto nel retail dei marchi moda e lusso. La tecnologia rende il negozio un importante momento di comunicazione del brand, e ne fa il luogo in cui, in una strategia multicanale, il cliente ha l’incontro più emozionante e coinvolgente con il prodotto.”

Secondo Andrea Ordanini, Professore di Marketing & Service Analytics, BNP Paribas Endowed Chair all’Università Bocconi: “In sintesi, la tecnologia avrà un ruolo fondamentale nel ridisegno in molti punti vendita del futuro, ma non come pura sostituzione del personale di contatto, bensì come elemento facilitatore della relazione di servizio fra consumatore e brand”.

@Redazione AZ Franchising

Gli scenari per chi vuole vendere e comprare casa nell’era del COVID-19

Milano, 30 marzo 2020: #iorestoacasa ha molti risvolti sociodemografici, tra cui la riscoperta dell’abitazione quale luogo sicuro dove proteggere se stessi e la famiglia, nel calore dei ricordi di vita vissuta. Una comfort zone che in queste settimane di emergenza gli italiani stanno imparando ad apprezzare gioco forza, riorganizzando gli spazi per creare aree di stoccaggio, zone riservate allo smart working, angoli dedicati allo svago dei bambini, al fitness per gli adulti e alla nuova socialità 4.0. Nuovi modelli abitativi che stanno prendendo forma non solo in Italia ma in tutto il mondo, come conferma Dario Castiglia, CEO & Founder di RE/MAX Italia. “Dall’osservatorio su scala mondiale del nostro network immobiliare in franchising con filiali in oltre 100 Paesi, abbiamo una visione globale dei nuovi trend che si stanno delineando, sia per i professionisti del real estate ma soprattutto per i consumatori che stanno pensando a nuove formule dell’abitare”. Riflessioni che rimarranno ben impresse e che impatteranno sulle scelte di acquisto e di vendita delle case nei prossimi anni. Opinione condivisa anche da Francesca Zirnstein, DG di Scenari Immobiliari, istituto indipendente di studi e ricerche, che intervistata ieri ha confermato che le nuove abitudini sviluppate in questo periodo potrebbero modellare le scelte residenziali di domani. Tra le nuove esigenze che emergeranno dopo la quarantena, si può ipotizzare una maggiore richiesta di case con stanze in più e spazi esterni fruibili.

Del resto è noto come ogni crisi modifichi i paradigmi, svelando nuovi scenari che suggeriscono cambiamenti, soprattutto in termini di comportamenti da adottare. Ed è quello che sicuramente succederà anche nel mercato del “mattone”, dove chi dovrà o vorrà vendere e comprare avrà a disposizione nuovi strumenti tecnologici per limitare il contatto fisico tra le persone e tra le persone e gli oggetti, cambiando inevitabilmente anche il rapporto tra agenti immobiliari e consumatori. Certamente il web sarà il primo step dove gli utenti privilegeranno annunci con foto dettagliate e professionali. Dopo una prima scrematura, ci si potrà affidare ad agenti immobiliari che dovranno acquisire sempre più il ruolo di “property finder”. Saranno loro a visitare le case con le dovute dotazioni, per poter poi presentare agli acquirenti una selezione mirata. Il mercato del real estate, dunque, sarà sempre più orientato alla digital transformation con l’utilizzo di tecnologie come i virtual tour e sistemi immersivi come la realtà aumentata. Soluzioni che network immobiliari strutturati stanno già implementando, come conferma Dario Castiglia: “Tra le nuove modalità gli utenti possono già oggi utilizzare strumenti come formulari editabili online e la firma a distanza, molto utili anche per chi ad esempio dove compilare l’offerta per una casa lontana dal proprio domicilio”.

Cosa può fare dunque chi vuole vendere o comprare casa in questo momento di sospensione? Sicuramente avviare una prima scrematura sulle piattaforme online, attivando alert in base ai propri parametri di ricerca. Nel frattempo i network immobiliari più tecnologici, attualmente operativi da casa secondo le normative, potranno aggiornare il proprio portfolio, arricchendo contenuti e descrizioni e facendo rete per aumentare l’offerta e accorciare le distanze.

E se l’Osservatorio 2020 sul mercato immobiliare presentato pochi giorni fa da Nomisma mostra due possibili scenari, uno soft e uno più hard, le indagini effettuate a livello internazionale da RE/MAX prediligono la visione l light della recessione nell’immobiliare, pur sottolineando lo stato di imprevedibilità in cui ci troviamo, come conferma il management: “È necessario approcciare una situazione come quella che stiamo vivendo con una visione a lungo termine: la crisi non durerà per sempre, ma nel breve la vita non sarà come quella di prima. Dobbiamo percepire questa situazione come una fase di cambiamento alla quale siamo chiamati per ridisegnare il nostro modello organizzativo sociale ed economico”. E questo vale per le imprese così come per i consumatori, che acquistando un nuovo immobile potranno richiedere alle agenzie la sanificazione delle abitazioni inclusa nel prezzo. Una nota positiva arriva da Nathan Yang, CEO di RE/MAX Shangai, dove in questi giorni gli agenti hanno ricominciare ad effettuare visite fisiche agli immobili, a due mesi esatti dal lockdown.

RE/MAX PROFILO AZIENDALE – vedi la proposta in franchising

Fondata nel 1973 da Dave e Gail Liniger, RE/MAX approda in Italia nel 1996 grazie alla lungimirante vision di Dario Castiglia, tutt’oggi alla guida del network immobiliare. Anno dopo anno RE/MAX rafforza sempre di più la sua presenza a livello mondiale, dove oggi è presente in oltre 115 Paesi con più di 8.000 agenzie in cui operano 130.000 consulenti immobiliari affiliati.

Premiata da Assofranchising nel 2018 e nel 2019 con l’Italian Franchising Award per essere stata la Rete in franchising con la maggior crescita in Italia e riconosciuta da Federfranchising come il Miglior MASTER FRANCHISEE in Italia, RE/MAX si conferma, sia per gli operatori del settore sia per il cliente, il miglior brand in franchising del settore immobiliare in cui lavorare e a cui affidarsi per comprare o vendere un immobile.

Sono i numeri a parlare per il network immobiliare. RE/MAX Italia ha chiuso il 2019 registrando un incremento del 23% del fatturato aggregato rispetto allo stesso all’anno precedente, superando gli oltre 81 milioni di euro. Il gruppo immobiliare in franchising, inoltre, ha registrato un aumento del 6% del numero di transazioni gestite da circa 450 agenzie RE/MAX operative sul territorio nazionale e dagli oltre 4.160 consulenti immobiliari affiliati, di cui 660 ingaggiati nel corso dell’anno.

 

Brevetti, marchi e disegni: Milano regina della creatività

Ecco gli incentivi per la valorizzazione dei brevetti, marchi e disegni

Tutte le informazioni necessarie per partecipare a tre  importantissimi bandi nazionali rivolti alla valorizzazione dei titoli di proprietà industriale, specificatamente  e un bando ad hoc per le Startup innovative

Dott.ssa Francesca Paleari*

Il 13 gennaio scorso, presso la Camera di Commercio di Milano, sono state presentate, alla presenza del Viceministro dello Sviluppo Economico Dott. Stefano Buffagni, le nuove misure ed i nuovi incentivi per la valorizzazione di brevetti, marchi e disegni.

Il primo dato emerso è incoraggiante: in Lombardia si brevetta di più, in cinque anni +30% le invenzioni, +7% i marchi per un totale di 36 mila depositi nel 2018 su 110 mila in Italia. Milano si conferma regina della creatività, seguita da Roma, Torino e Napoli.

La seconda notizia interessante, è che è stato appena firmato il Decreto per il rifinanziamento e la riapertura di 3 importantissimi bandi nazionali rivolti appunto alla valorizzazione dei titoli di proprietà industriale, specificatamente:

Brevetti +, Marchi +3, Disegni +4.

Ex novo, invece, è stato attivato un bando ad hoc per le Startup innovative: Voucher 3I – Investire In Innovazione.

Obiettivo Sviluppo era presente a questo work-shop, nel corso del quale sono susseguiti interessantissimi interventi ed analisi (tra gli altri Carlo Sangalli, Presidente della CCIAA di Milano, e diversi tecnici del Ministero e di Invitalia), con il nostro CEO Dott. Emanuele Fedeli ed uno dei nostri europrogettisti Stefano Paleari.

Vediamo nel dettaglio queste nuove opportunità:

BREVETTI +

Con Brevetti + il Ministero dello Sviluppo Economico intende favorire la valorizzazione economica di brevetti e privative nazionali e internazionali attraverso l’erogazione di un contributo a fondo perduto. Dotazione: 21,8 milioni di euro.

Le agevolazioni sono finalizzate all’acquisto di servizi specialistici relativi a:

  • Industrializzazione e ingegnerizzazione
  • Organizzazione e sviluppo
  • Trasferimento tecnologico

Prevede un contributo a fondo perduto fino a 140 mila euro – nel limite dell’80% delle spese ammesse.

Domande dal 30 gennaio 2020

MARCHI +3

La misura Marchi + 3 favorisce la registrazione all’estero (sia a livello comunitario che internazionale) di marchi nazionali da parte di pmi, con l’obiettivo di sostenerne la capacità innovativa e competitiva. Dotazione:13 milioni di euro. Prevede un contributo in conto capitale fino all’ 80% delle spese

  • per la Misura A – registrazione di marchi europeo: 6.000 euro per ogni domanda relativa ad un marchio depositato presso l’EUIPO;
  • per la Misura B – registrazione di marchi internazionali: 6.000 euro (7.000 euro per USA o Cina), per ciascuna domanda relativa ad un marchio depositato presso OMPI che designi un solo Paese, elevato a 7.000 euro (8.000 euro per USA e/o Cina) per ciascuna richiesta di agevolazione relativa ad un marchio depositato presso OMPI che designi due o più Paesi.

Domande dal 30 marzo

DISEGNI +4

Il Bando Disegni + 4 promuove la valorizzazione e lo sfruttamento economico dei disegni/modelli industriali sui mercati nazionale e internazionale. Dotazione: 3,5 milioni di euro

Le agevolazioni sono finalizzate all’acquisto di servizi specialistici esterni per favorire:

Fase 1 – Produzione

  • la messa in produzione di nuovi prodotti correlati ad un disegno/modello registrato
  • prevede un contributo a fondo perduto fino a 65 mila euro– nel limite dell’80% delle spese

Fase 2 – Commercializzazione

  • la commercializzazione di un disegno/modello registrato
  • prevede un contributo a fondo perduto fino a 10 mila euro– nel limite dell’80% delle spese

Domande dal 27 febbraio 2020

VOUCHER 3I PER LE STARTUP INNOVATIVE

Il Voucher 3i finanzia l’acquisizione di servizi per la brevettazione a favore delle startup innovative

L’incentivo può essere utilizzato per la verifica della brevettabilità dell’invenzione, l’effettuazione delle ricerche di anteriorità preventive, la stesura della domanda di brevetto e di deposito presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, l’estensione all’estero della domanda nazionale.

L’importo del voucher 3I e’ concesso nei seguenti limiti:

  • servizi di   consulenza   relativi   alla   verifica   della brevettabilità dell’invenzione e all’effettuazione delle ricerche di anteriorita’ preventive: euro 2.000,00 + IVA;
  • servizi di consulenza relativi alla stesura della domanda  di brevetto e di deposito presso l’Ufficio italiano brevetti  e  marchi: euro 4.000,00 + IVA;
  • servizi di consulenza relativi al deposito  all’estero  della domanda nazionale di brevetto: euro 6.000,00 + IVA.

Bando in apertura

* Founder & General Manager Obiettivo Sviluppo

Nuove opportunità di Business per i retailer italiani

Per Standard Chartered nel 2020 la Russia supererà la Germania al quinto posto fra le maggiori economie globali in termini di Pil corretti con i cambi a parità di potere d’acquisto. Positiva l’overview sul mercato russo stimata da Confimprese in collaborazione con Agenzia ICE

Nel 2018 la Russia si è classificata seconda in Europa per volumi di aree commerciali. Oggi i franchisor presenti sono 1.950 con 60mila punti vendita in franchising e un trend di crescita triplicato dal 2010, con una pipeline al 2030 di 200mila punti vendita, grazie anche al programma di sovvenzioni stanziate dal comune di Mosca. Il franchising vale 5 miliardi di dollari e continua ad essere uno dei format commerciali più promettenti in Russia. Secondo uno studio del World Franchising Council, il mercato russo è uno dei leader per quanto riguarda la crescita del numero di aziende in franchising. Su 100 punti vendita in franchising aperti in Russia, circa 90 dopo 3 anni continuano a esercitare la loro attività sul mercato e anche l’aumento del numero di centri commerciali agisce direttamente sull’apertura di nuovi punti vendita in franchising. Queste le evidenze del convegno Retail Business in Russia, Ucraina e Kazakistan sulle opportunità di sviluppo per i retailer italiani organizzato da Confimprese in collaborazione con Agenzia ICE.

“La capacità di spesa media a Mosca – spiega Mario Resca, presidente Confimprese – è pari a 18mila dollari a Mosca, a 12,5 San Pietroburgo, a 1,4 a Ekaterinburg, le principali città della Russia. Il grado avanzato di sofisticazione dei consumatori, grazie all’emancipazione femminile e all’ampio utilizzo di Internet, sottolinea un’elevata propensione all’acquisto. Anche l’online è un mercato in forte espansione: su una popolazione totale di 144 milioni, 110 milioni sono online, l’85% utilizza Internet ogni giorno e il 32% acquista online. L’età media dei consumatori digital è di 39 anni contro i 45 degli italiani. Numeri che rappresentano un mercato con buone potenzialità di espansione per i retailer italiani”.

I principali segmenti del mercato del franchising in Russia sono il commercio al dettaglio, i servizi, la ristorazione pubblica comprensiva di fast food (segmento principale per numero di punti vendita), gelaterie, pizzerie e sushi bar, ristoranti (contenuto numero di punti vendita, ma segmento a prezzo elevato), abbigliamento e calzature. Dal 2011 al 2018 nel mercato russo del franchising si è registrato un incremento della quota del segmento servizi dal 25% al 30% e della ristorazione dal 15% al 23 per cento. Il trend è dunque positivo e segnala l’apertura di nuovi punti vendita da parte di aziende straniere già da tempo presenti sul mercato russo (33% vs 67% di imprese russe), oltre a un dinamico incremento dei franchisor regionali, allo sviluppo di strumenti finanziari pensati per realizzare progetti in franchising e al miglioramento degli aspetti legali dell’interazione tra franchisor e franchisee.

Quanto all’Ucraina, ha iniziato il percorso di ripresa a partire dal 2016, grazie al miglioramento della gestione dei fattori macroeconomici da parte delle istituzioni locali e a un forte supporto politico a livello internazionale. Attualmente le catene retail presenti sono 110 di cui un terzo nel fashion e poco meno nel food (19). La moda e l’arredamento italiano continuano a essere considerati un must da parte dei consumatori locali, soprattutto nelle grandi città. Nell’ultimo anno ci sono stati segnali positivi che ben fanno sperare per una ripresa stabile dell’economia e un aumento, seppur lento ma costante, del Pil (+4,6% nel 2° trimestre) e del potere di acquisto dei consumatori locali: gli stipendi medi mensili sono aumentati del 20%, il commercio al dettaglio è tra i settori che hanno contribuito in modo più rilevante alla crescita.   Tuttavia, gli investimenti italiani nel Paese sono ancora bassi, pari allo 0,7% del totale investimenti esteri vs 6% di UK, 5% della Germania e 2,5% della Francia. Il commercio è uno dei settori con investimenti esteri più alti (16,7%), percentuale ancora più elevata se consideriamo solo gli investitori italiani (31%).

Il Kazakistan, infine, si sta lentamente aprendo al business retail grazie alla spinta di modernizzazione voluta dal Governo. È un Paese di 18 milioni di abitanti con un Pil in crescita del 4 per cento. Buona la capacità di spesa, 3mila dollari pro capite. Dal 2005 al 2015 il Paese ha attirato oltre 200 miliardi di dollari di investimenti stranieri, secondo Paese del Cis dietro alla Russia. Sicuramente il programma 100 Passi, stanziato dal governo kazako per sostenere l’economia, è di buon auspicio anche per migliorare il clima per gli investitori stranieri.

Articolo completo su AZ Franchising Magazine

Made in Italy: tutela e blockchain

La dicitura «Made in Italy» ha le sue fonti nel diritto internazionale e in quello nazionale.

Avv. Patricia de Masi Taddei Vasoli*

Il marchio evoca, insieme all’origine dei prodotti, anche una serie di sensazioni legate al bello, al buono e alla qualità nei settori Alimentare, Abbigliamento e accessori, Arredo, Automazione, riconducibili all’Italia ed è stato quindi scelto dai produttori italiani a tutela dell’italianità.

Esso nasce a livello internazionale come marchio di origine con la Convenzione di Madrid del 1891, riveduta a Lisbona il 31.10.1958, recepita dall’Italia con L.676/1967 e Disp. Applicative D.P.R.656/1968, il cui scopo era quello di ostacolare le false o ingannevoli indicazioni di provenienza di un prodotto. Con essa si sanciva che l’apposizione del “made in…” consentiva di individuare l’esatto luogo di fabbricazione di un determinato prodotto, e quindi l’origine del medesimo

La Convenzione in particolare disponeva l’«obbligo di indicazione precisa, ed in caratteri evidenti, del paese o del luogo di fabbricazione o di produzione, o altra indicazione sufficiente ad evitare ogni errore sull’origine effettiva, sotto pena del sequestro del prodotto».

La normativa di recepimento prevedeva che le merci sospettate di recare una falsa o fallace indicazione di provenienza fossero soggette a fermo amministrativo da parte degli Uffici Doganali al momento della loro introduzione in Italia, con contestuale comunicazione all’Autorità giudiziaria. Ciò limita l’originaria possibilità di sequestro ai soli casi di falsa o mendace indicazione di provenienza.

NORMATIVA COMUNITARIA

In primo luogo bisogna precisare il significato di alcuni termini:

Origine: luogo di produzione

Provenienza: luogo di spedizione

Origine doganale preferenziale (di solito in base ad accordi con certi Paesi)

Origine non preferenziale (luogo ove il prodotto ha subito ultima trasformazione)

Il marchio Made in Italy è dunque marchio di origine, non di provenienza.

Testi legislativi UE

  • Il Codice Doganale dell’Unione (CDU (Reg.UE n.952/2013) in vigore dal 1° maggio 2016
  • Regolamento Delegato UE n.2446/2015
  • Regolamento di Esecuzione UE n. 2447/2015
  • Regolamento Delegato UE n.341/2016

e successive modifiche

In base art. 60 del codice doganale si intende che il Paese di origine di un prodotto sia riferito a:

1) merci interamente ottenute e originarie di un Paese

2) Ovvero, in caso di merci ottenute in più Paesi, con riferimento al luogo in cui avviene la trasformazione o la lavorazione sostanziale (art.60, 2°c CDU) ed economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione.

A tale proposito la Corte di Giustizia in una sentenza pubblicata nel 1977 (n.49/76) ha precisato che «bisogna considerare il luogo in cui avviene l’ultima trasformazione sostanziale solo nell’ipotesi in cui il prodotto che ne risulta, abbia composizione e proprietà specifiche non possedute prima di essere sottoposto a tale trasformazione o lavorazione»

Si tratta in tal caso della c.d. «origine non preferenziale»

Questo è un criterio molto incerto. Per questo si fa ricorso alla:

3) informazione vincolante in materia di origine (c.d. IU.V.O.)

L’imprenditore può infatti chiedere alla Agenzia delle Dogane di dichiarare l’origine del prodotto

Una volta ottenuta la dichiarazione, questa è vincolante.

NORMATIVA NAZIONALE

Il marchio Made in Italy è tutelato dalla Legge 80/2005.

La norma dispone che tale Marchio possa essere applicato quando il prodotto è realizzato interamente in Italia o, nel caso in cui sia realizzato in parte in Italia e in parte altrove, secondo il criterio dell’origine doganale non preferenziale.

Si tratta di un principio che risale agli accordi presi in sede di Organizzazione Mondiale del Commercio riaffermato nella Finanziaria 2004. (L.350/2003)

Essa stabilisce che l’uso improprio del marchio è sanzionato penalmente in base all’art 517 del Codice Penale (segni mendaci).

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