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Dirottare gli sforzi economici sulla valorizzazione del marchio Italia

Intervista al Presidente di Confimprese Mario Resca sulla ripresa del settore della ristorazione

Siamo di fronte a un cambiamento che per i prossimi mesi, si annuncia molto profondo. “Per guidare le vendite sarà necessario pensare a nuove modalità di interazione del consumatore – afferma Mario Resca, Presidente Confimprese – con il canale fisico e online, come l’organizzazione di punti vendita, e-commerce e food delivery. Il canale digitale si conferma quindi un elemento fondamentale per continuare a sostenere il business e la customer relationship. Se già nella prima fase dell’emergenza l’online ha avuto davanti a sé una strada libera da intralci, sembra che anche per quelle successive possa continuare a mantenere un livello alto nelle abitudini di acquisto dei consumatori. Ci troveremo a fare i conti con un mercato sostanzialmente diverso e solo gli operatori che sapranno cogliere rapidamente e cavalcare i cambiamenti potranno uscire indenni, ove non anche rafforzati, da questa crisi. Per cogliere appieno tali opportunità, saranno necessari investimenti su cui si auspica un concreto supporto da parte del governo”.

La ristorazione è sicuramente uno dei settori più colpiti in questo momento di emergenza. Quali sono le imminenti sfide per il futuro del settore?

“Il primo dato da sottolineare è che il food&beverage (ristorazione servita, quick service e bar) ha registrato nel mese di marzo una caduta del 77% secondo i dati dell’Osservatorio Confimprese-EY diffusi a fine aprile. Prevediamo che in tutta Italia il 30% dei negozi non riuscirà più ad aprire. Nel tempo spariranno molti retailer, perchè non ce la faranno a sopravvivere. Inutile illudersi che possano svilupparsi nuove aziende commerciali, gli imprenditori non nascono dall’oggi al domani. Le informazioni per la ripartenza sono ad oggi confuse, spesso accompagnate da annunci precipitosi che, da un lato, allarmano e, dall’altro, ci spingono a immaginare scenari nuovi a cui dobbiamo rispondere e reagire cercando di non perdere la passione e il senso di convivialità che da sempre legano cibo e divertimento, la vera arte di vivere la tavola all’italiana. Innegabilmente il pubblico, provato il food delivery e i sistemi di ordine online, dovrà essere rieducato alla socialità e a un rinnovato consumo fuori casa”.

In che modo lo Stato dovrebbe sostenere il settore. Quali sono le giuste misure per la sopravvivenza del settore?

“I decreti governativi per l’emergenza hanno trascurato il commercio. L’errore è stato quello di non avere considerato il commercio parte della filiera turistico-ricettiva: ogni camera cancellata in un hotel è un tavolo in meno in un ristorante e una famiglia o un consumatore in meno che entra in un negozio. Confimprese si è fatta portavoce del grido d’allarme dei suoi 350 brand commerciali che, con i negozi chiusi da oltre due mese, hanno perso il 95% dei fatturati. Abbiamo avanzato le nostre proposte al governo sostenute da una massiccia campagna di comunicazione per promuovere il dialogo sul tema canoni di locazione, in quanto si è creato un corto circuito tra retailer e proprietari immobiliari nei centri commerciali e centri città sui canoni d’affitto, con cui non riusciamo ad avviare un tavolo di lavoro comune. Il Centro Studi Confimprese ha certificato che il 90% delle imprese associate ha revocato i sepa per il pagamento anticipato dei canoni d’affitto per il trimestre aprile-giugno. È inevitabile che si creino tensioni con le proprietà immobiliari. Inoltre, auspichiamo che ai proprietari di immobili ad uso commerciale venga concesso, alla riapertura, un credito d’imposta laddove trovino un accordo sulla rinegoziazione dei canoni. Dovranno potere usufruire di benefici fiscali attraverso un meccanismo mirato sia ad evitare la tassazione ordinaria dei canoni non percepiti sia sgravi fiscali proporzionali ai canoni non corrisposti. Quanto ai retailer è necessario che si riconosca il credito d’imposta rivisto dall’art. 65 del Cura Italia estendendolo a tutte le tipologie contrattuali e categorie catastali e alle attività che pur non essendo state chiuse, in quanto ritenute essenziali, hanno subìto comunque gli effetti negativi della crisi economica, registrando un drastico calo del fatturato anche in questa seconda fase. Questa la principale richiesta che Confimprese ha presentato alle istituzioni. Tuttavia, ritenendo che il Cura Italia non abbia preso sufficientemente in considerazione il commercio, l’Associazione ha chiesto di riconoscere i seguenti punti:

  1. ridurre le rate di acconto dell’Irpef e delle relative addizionali, dell’Ires e dell’Irap dovute per il periodo d’imposta in corso;
  2. riconoscere le conseguenze del Covid-19 come causa di forza maggiore;
  3. prorogare la lotteria degli scontrini al 1 gennaio 2021;
  4. abbattere le commissioni per gli incassi tramite Pos”.

Quali potrebbero essere le strategie economiche da adottare per rimettersi in marcia?

“La mission di Confimprese è chiara: vogliamo continuare a essere il veicolo del successo del made in Italy, dall’alimentare alla moda, puntiamo a difendere e a qualificare ancora di più i nostri marchi, vogliamo valorizzare competenze, esperienze e cultura del nostro tessuto economico. Puntiamo a sviluppare le nostre attività ponendo sempre al centro delle nostre strategie il cliente che deve essere attirato dalla qualità e affidabilità dei prodotti italiani. Vogliamo aiutare le nostre imprese ad accettare e a vincere le sfide dell’internazionalizzazione, dobbiamo conquistare spazio, fatturato e mercati fuori dai nostri confini. Ma in questo momento non abbiamo più alcuna certezza, perché resta da capire quanto può ancora reggere il commercio nel nostro Paese. Detto questo, sono fermamente convinto che quando saremo fuori dalla crisi, assisteremo a una straordinaria ripresa del made in Italy. In primo luogo perché negli italiani si è risvegliato un senso di patriottismo come non si vedeva da settant’anni. Tutti noi saremo sollecitati a comprare i prodotti della nostra terra e delle nostre aziende manifatturiere. I Paesi stranieri – tutti, senza alcuna eccezione – sono da sempre affamati di made in Italy, abbiamo prodotti iconici che tutto il mondo ci invidia. Si dovrà lavorare lungo tutta la filiera per tornare a produrre ciò che ci ha reso unici nel panorama industriale e commerciale nel mondo e dirottare gli sforzi economici sulla valorizzazione del marchio Italia”.

@Redazione AZ Franchising

 

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