Le 4 regole d’oro del neuromarketing

Articolo a cura di Gianni Bientinesi – Fondatore di Business Intelligence Group srl

A guidare il consumatore, durante la shopping experience in store, sono soprattutto le emozioni (nel 90% dei casi), mentre solo un risicato 10% della clientela è mosso dalla razionalità. Stando così le cose diventa strategico, per ogni distributore, costruire un negozio che sappia emozionare, possibilmente riuscendo a trasformare tale sollecitazione emotiva in un acquisto. Ad ottenere questo risultato ci aiuta il neuromarketing, una scienza multidisciplinare che lega l’area delle ricerche di mercato all’ambito psicologico, nell’ottica di individuare i canali di comunicazione che influenzano il processo decisionale dell’acquirente.

1 . NO ALLA SOVRABBONDANZA INFORMATIVA

Come si fa a veicolare i giusti messaggi, sul punto vendita?  In primo luogo, dobbiamo tener presente che i nostri negozi – nel fai da te come in tutto il mondo del commercio – sono molto ridondanti, pieni di informazioni e di colori. É piuttosto comune, fra gli esercenti, la tendenza ad aggiungere un’indicazione o un’etichetta in più, per dare rilievo a una novità di prodotto o di servizio. Perché? É presto detto: si crede, così facendo, di dare maggior forza ad un messaggio. Il problema – ci spiega il neuromarketing – è che il nostro cervello non riesce a decodificare tutte le informazioni che si trova dinnanzi. Tanto per dare delle cifre, in un ambiente urbano ci sono circa 300.000 segnali; di questi, la nostra mente può seguirne al massimo 2.500 al giorno. Questo cosa vuol dire? Che anche in store, se vogliamo che un messaggio raggiunga il cliente, è necessario andare verso la semplificazione della comunicazione. Insomma non si devono aggiungere ulteriori indicazioni, ma bisogna al contrario levarle, procedendo ad una drastica riduzione della cartellonistica o delle evidenziazioni. Cosa, quest’ultima, che ho potuto sperimentare direttamente, attraverso numerosi test effettuati in store, e la successiva misurazione dell’impatto delle tecniche utilizzate, per esempio verificando la crescita sia del tasso di conversione che dello scontrino medio del punto vendita.

2. IL RISCHIO DELLA CONFUSIONE VISIVA

Uno dei must, per una comunicazione più efficace, è sviluppare, per ogni reparto assortimentale (o almeno per quelli più strategici), una sorta di racconto dedicato, selezionando, per ciascuna storia, solo le informazioni chiave. Un’operazione non facile poiché – come si diceva – si deve resistere alla tentazione di inserire immagini e concetti. L’eccesso di nozioni, peraltro, genera confusione visiva che, a sua volta, rallenta il processo di scelta. E, dato che stiamo lavorando sull’emotività, la velocità decisionale del cliente è centrale, perché l’emozione è qualcosa di istantaneo e non ragionato.

3. DALLA VISTA ALL’OLFATTO

Cosa importante, l’emozione coinvolge tutti e 5 i sensi, non solo la vista, che certamente è fra le prime funzioni a venir stimolata. Nei negozi di fai da te la sensazione tattile è un aspetto molto rilevante: banalmente, la possibilità di provare i prodotti e valutarne le prestazioni, è un forte incentivo all’acquisto.

Un senso come l’olfatto è più importante di quanto si creda, pure all’interno di uno store di bricolage. Fra i tanti esempi, ve ne illustro uno piuttosto emblematico. É opinione diffusa presso i consumatori che, per avere una porta, una finestra, o una pavimentazione di alto standard, sia preferibile una realizzazione in legno, materiale percepito come sinonimo di elevato livello qualitativo. Così, nel reparto finiture di un centro fai da te, spesso si utilizzano dei diffusori di profumo di legno. Questi ultimi ‘ingannano’ il cervello, che tende ad estendere l’idea di qualità, legata al legno, all’intera offerta di prodotto di quella zona espositiva, anche quando l’assortimento includa referenze di altri materiali (peraltro non inferiori, per prestazioni ed affidabilità, al legno).

A rafforzare un concetto, concorrono pure i rumori ed i suoni. Ecco un caso su tutti. Un player come Autogrill, per trasmettere un maggior senso di piacevolezza e comfort al cliente, ha migliorato, fra le altre cose, anche il servizio toilette, introducendo, nei bagni di alcune sue strutture, il suono del cinguettio degli uccelli.

4. SAPER SCEGLIERE

Cosa ricaviamo da queste riflessioni? Il punto nodale del ragionamento è che per ‘condizionare’ il percorso di spesa del consumatore tramite la leva emozionale, é necessario procedere ad una razionalizzazione degli elementi comunicativi. Ciò, ovviamente, presuppone che il distributore faccia una scelta dei messaggi da veicolare.

Ed è qui che emerge un concetto fondamentale: il vero know how di un retailer sta proprio nella capacità di saper scegliere: in termini di prodotti da inserire nella propria offerta merceologica, di comunicazione, di scala prezzo e, ancor prima, di location e di lay out. Tutti elementi che devono convivere in maniera coerente, in modo che il cliente possa trovare un filo logico rispetto al posizionamento che l’insegna vuole avere. Perché – mi permetto di aggiungere – solo un retailer che ha il coraggio di prendere una posizione forte e chiara sul mercato può essere davvero vincente e differenziante.

 

LA CARTA D’IDENDITÀ – Gianni Bientinesi

  • Sociologo esperto in marketing e ricerche di mercato, Bientinesi è fondatore di Business Intelligence Group srl, start up innovativa realizzata in collaborazione con Aethia srl, una delle più importanti realtà italiane specializzata nel settore del calcolo ad alte prestazioni applicato alla ricerca scientifica.
  • BIG srl è una delle poche aziende in Italia in grado di supportare i propri clienti (grande distribuzione, produttori, agenzie di comunicazione, società di consulenza e istituti di ricerche di mercato) dalla realizzazione di indagini di mercato all’ implementazione di sistemi hardware e software per lo sviluppo di reportistica ed analisi di grandi quantità di dati (Data Lake). Business Intelligence Group Srl è inserita nell’incubatore Enne 3 dell’Università del Piemonte Orientale.
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