L’uso dei social da parte dei franchisees

di Alessandra Sonnati* e Federica Leanza* – *Avvocati – Frignani Virano e Associati, Studio Legale

In un’epoca in cui la “socializzazione” intesa come interazione in presenza tra individui è fortemente limitata non solamente nei rapporti interpersonali privati, bensì anche in ambito commerciale, la presenza on line impatta in modo importante sulle sue possibilità di successo, ed assume un ruolo fondamentale per qualsiasi attività produttiva. Diventa infatti fondamentale mantenere il contatto con il cliente e sviluppare il proprio business attraverso canali alternativi e complementari al punto vendita fisico.

Tale presenza virtuale si declina, da un lato, nella vendita attraverso i canali on line tradizionali (principalmente i siti web aziendali e i marketplace), dall’altro in tutte quelle attività promozionali svolte sui social media, cui eventualmente affiancare il c.d. social commerce (ovvero la possibilità per l’utente di acquistare prodotti direttamente all’interno dei social).

Come si concilia tutto ciò con il contratto di franchising e con l’esigenza di mantenere l’uniformità e l’immagine della rete?

La questione è affrontata solo in parte dalle linee guida al Regolamento 330/2010 ove è previsto che “a qualsiasi distributore deve essere consentito di utilizzare Internet per vendere prodotti” a meno che ciò non si traduca in vendite attive nel territorio riservato di un altro distributore in quanto “l’esistenza di un sito Internet è considerata una forma di vendita passiva in quanto si tratta di un modo ragionevole di consentire ai clienti di raggiungere il distributore. L’esistenza di un sito può produrre effetti al di fuori del territorio o gruppo di clienti del distributore; tuttavia, si tratta di una conseguenza della tecnologia, che consente un facile accesso da qualsiasi luogo. Se un cliente visita il sito Internet di un distributore e lo contatta, e se tale contatto si conclude con una vendita, inclusa la consegna effettiva, ciò viene considerato come una vendita passiva. Lo stesso avviene se un cliente decide di essere informato (automaticamente) dal distributore e questo determina una vendita”.

Come si vede le previsioni delle Linee guida al Regolamento 330/2010 fanno riferimento in modo specifico alle vendite effettuate tramite internet, ciò che lascia scoperte le promozioni e le vendite attraverso i social media.

Nel silenzio delle Linee guida riteniamo che la questione possa essere risolta – in assenza di specifiche pronunce sul punto – applicando in via analogica i principi elaborati per le vendite on-line.

In primo luogo riteniamo di poter escludere che un divieto assoluto di utilizzare i social media per promuovere i prodotti possa essere considerato legittimo. Parafrasando quanto previsto dalle Linee Direttrici si deve infatti considerare che i social media rappresenta uno strumento straordinario per raggiungere clienti più numerosi e diversificati rispetto a quanto avverrebbe utilizzando solo metodi di vendita più tradizionali.

Più delicata invece la questione relativa alla possibilità di vietare l’utilizzo di determinati ed individuati social media. 

Qualche apertura in questo senso si potrebbe forse ipotizzare per i prodotti di lusso (sulla scorta della nota sentenza Coty, cui hanno fatto seguito diverse pronunce dei giudizi nazionali nello stesso segno) nonché nei casi in cui un eventuale divieto fosse giustificato da ragioni oggettive e non discriminatorie (si pensi a quei canali social che vengono utilizzati da uno specifico pubblico – ad esempio i giovanissimi – e che potrebbero quindi non essere in linea con il target di riferimento dei prodotti).

Quanto precede sempre comunque nel rispetto dei criteri di adeguatezza e necessarietà rispetto all’obiettivo di tutelare l’immagine del prodotto.

Si può invece ragionevolmente ritenere possibile introdurre delle limitazioni all’uso dei social media da parte dei franchisees, in quanto anche per i social media dovrebbero valere le medesime regole e limiti per la costruzione di un sito web, l’utilizzo di piattaforme di terzi e, in generale, per le attività promozionali.

Ad esempio potrà sempre essere richiesto al franchisee che l’attività sui social rimanga coerente con l’immagine del franchisor (paragrafo 54 delle Linee Guida al Regolamento).

Parimenti dovrebbe essere possibile imporre al franchisee determinati standard qualitativi relativamente alla sua attività sui social (così come è possibile farlo in relazione ad un punto vendita o in relazione ad un sito internet, come ribadito dal paragrafo 54 delle Linee Guida al Regolamento).

In tale prospettiva riteniamo possibile che il franchisor possa ad esempio pretendere dal franchisee il rispetto di determinati standard o di uno specifico lay-out per la creazione della sua pagina, di utilizzare la pagina solo ed esclusivamente per promuovere i prodotti del franchisor, o di pubblicare solo foto dei prodotti “ad alta risoluzione” o fornite dal franchisor stesso o, ancora, di non pubblicare sulla pagina riferimenti a marchi diversi da quelli del franchisor, che possano creare confusione o sminuirne il valore.

Al contrario, ove oltre all’attività di promozione su social venisse effettuata anche attività di vendita dei prodotti, dovrebbe invece rimanere ferma la possibilità di imporre un divieto ogni qual volta l’attività sui social, per le modalità con le quali viene svolta, determinasse di fatto delle vendite attive nei territori o a gruppi di clienti esclusivi di altri distributori/franchisees (paragrafo 53 delle Linee Guida al Regolamento).

I franchisors quando redigono i loro contratti dovranno quindi prestare la giusta attenzione e disciplinare contrattualmente le modalità di utilizzo da parte dei franchisee di internet e dei social media per pubblicizzare e vendere i prodotti, cercando di contemperare le esigenze di promozione con quelle di mantenere l’uniformità e l’immagine di tutta la rete.

Importante sarà inoltre sensibilizzare i franchisees sull’importanza di adempiere a tutti gli obblighi di legge connessi (ivi inclusi quelli derivanti dalla legge sulla privacy) nonché sull’importanza di prestare attenzione ai contenuti della pagina (evitando di pubblicare materiali o contenuti che possano essere pregiudizievole per il marchio o la rete o che possano violare diritti di terzi o essere contrari al comune senso del pudore o offensivi).

 

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