Made in Italy: tutela e blockchain

La dicitura «Made in Italy» ha le sue fonti nel diritto internazionale e in quello nazionale.

Avv. Patricia de Masi Taddei Vasoli*

Il marchio evoca, insieme all’origine dei prodotti, anche una serie di sensazioni legate al bello, al buono e alla qualità nei settori Alimentare, Abbigliamento e accessori, Arredo, Automazione, riconducibili all’Italia ed è stato quindi scelto dai produttori italiani a tutela dell’italianità.

Esso nasce a livello internazionale come marchio di origine con la Convenzione di Madrid del 1891, riveduta a Lisbona il 31.10.1958, recepita dall’Italia con L.676/1967 e Disp. Applicative D.P.R.656/1968, il cui scopo era quello di ostacolare le false o ingannevoli indicazioni di provenienza di un prodotto. Con essa si sanciva che l’apposizione del “made in…” consentiva di individuare l’esatto luogo di fabbricazione di un determinato prodotto, e quindi l’origine del medesimo

La Convenzione in particolare disponeva l’«obbligo di indicazione precisa, ed in caratteri evidenti, del paese o del luogo di fabbricazione o di produzione, o altra indicazione sufficiente ad evitare ogni errore sull’origine effettiva, sotto pena del sequestro del prodotto».

La normativa di recepimento prevedeva che le merci sospettate di recare una falsa o fallace indicazione di provenienza fossero soggette a fermo amministrativo da parte degli Uffici Doganali al momento della loro introduzione in Italia, con contestuale comunicazione all’Autorità giudiziaria. Ciò limita l’originaria possibilità di sequestro ai soli casi di falsa o mendace indicazione di provenienza.

NORMATIVA COMUNITARIA

In primo luogo bisogna precisare il significato di alcuni termini:

Origine: luogo di produzione

Provenienza: luogo di spedizione

Origine doganale preferenziale (di solito in base ad accordi con certi Paesi)

Origine non preferenziale (luogo ove il prodotto ha subito ultima trasformazione)

Il marchio Made in Italy è dunque marchio di origine, non di provenienza.

Testi legislativi UE

  • Il Codice Doganale dell’Unione (CDU (Reg.UE n.952/2013) in vigore dal 1° maggio 2016
  • Regolamento Delegato UE n.2446/2015
  • Regolamento di Esecuzione UE n. 2447/2015
  • Regolamento Delegato UE n.341/2016

e successive modifiche

In base art. 60 del codice doganale si intende che il Paese di origine di un prodotto sia riferito a:

1) merci interamente ottenute e originarie di un Paese

2) Ovvero, in caso di merci ottenute in più Paesi, con riferimento al luogo in cui avviene la trasformazione o la lavorazione sostanziale (art.60, 2°c CDU) ed economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione.

A tale proposito la Corte di Giustizia in una sentenza pubblicata nel 1977 (n.49/76) ha precisato che «bisogna considerare il luogo in cui avviene l’ultima trasformazione sostanziale solo nell’ipotesi in cui il prodotto che ne risulta, abbia composizione e proprietà specifiche non possedute prima di essere sottoposto a tale trasformazione o lavorazione»

Si tratta in tal caso della c.d. «origine non preferenziale»

Questo è un criterio molto incerto. Per questo si fa ricorso alla:

3) informazione vincolante in materia di origine (c.d. IU.V.O.)

L’imprenditore può infatti chiedere alla Agenzia delle Dogane di dichiarare l’origine del prodotto

Una volta ottenuta la dichiarazione, questa è vincolante.

NORMATIVA NAZIONALE

Il marchio Made in Italy è tutelato dalla Legge 80/2005.

La norma dispone che tale Marchio possa essere applicato quando il prodotto è realizzato interamente in Italia o, nel caso in cui sia realizzato in parte in Italia e in parte altrove, secondo il criterio dell’origine doganale non preferenziale.

Si tratta di un principio che risale agli accordi presi in sede di Organizzazione Mondiale del Commercio riaffermato nella Finanziaria 2004. (L.350/2003)

Essa stabilisce che l’uso improprio del marchio è sanzionato penalmente in base all’art 517 del Codice Penale (segni mendaci).

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