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Contratto franchising, gli accordi verbali sono sempre nulli

Abbiamo aderito ad una rete in franchising e, nel quadro di tale adesione, abbiamo concordato con l’affiliante, il quale ha dato la sua espressa approvazione, la localizzazione del punto vendita, in una via centrale città. Il punto vendita in questione è stato arredato le indicazioni dell’affiliante, acquistando presso quest’ultimo scaffali ed addobbi per le vetrine, inoltre abbiamo già ricevuto dallo stesso una prima fornitura di merce. Tuttavia, solo nell’imminenza dell’inaugurazione, l’affiliante ci ha proposto un testo di contratto assolutamente non conveniente, perché recante royalties e spese obbligatorie di pubblicità della rete, che non saremmo in grado di sopportare, soprattutto nel periodo di apertura iniziale. Se non firmiamo il suddetto contratto, l’affiliante ci vieta ogni apertura e ci diffida dall’usare la sua insegna, realizzata a nostre spese, e di vendere la merce fornita con il suo marchio. Cosa posso fare?

Risponde Deborah Licia Musto, avvocato Studio Legale Grassi

È perfettamente coerente con la strategia di mercato del franchising che il franchisor, per rendere omogenea la rete e, soprattutto, riconoscibili dal pubblico i negozi che ad essa appartengono, imponga, ai futuri affiliati, precisi obblighi di arredo del punto di vendita al dettaglio e, in alcuni casi, imponga anche una localizzazione di quest’ultimo in vie primarie. Si tratta, tuttavia, di obblighi negoziali che l’affiliato assume nei confronti dell’affiliante e che, pertanto, ai sensi dell’art. 3, lett. f) L. 129/2004, devono risultare espressamente dal contratto che l’affiliante propone all’affiliato ai fini dell’affiliazione. Conseguentemente, è possibile ravvisare una prima anomalia presente nel rapporto di affiliazione prospettato nel quesito, che l’affiliato potrebbe rilevare ed utilizzare per difendersi. Infatti, le indicazioni riguardanti la localizzazione e l’arredo del punto vendita e le prime forniture di merce presuppongono un contratto di franchising già in essere, che sembrerebbe, quindi, derivare da meri accordi verbali poi concretizzatisi in fatti concludenti posti in essere dalle parti.

Contratto franchising, quello che orale è annullabile

Viceversa, per legge, come è noto, il contratto franchising deve essere redatto per iscritto pena nullità, ai sensi dell’art. 3 n. 1 L. 129/2004, con la conseguenza che l’affiliato potrebbe ottenere la declaratoria di nullità del “contratto orale”, già in essere di fatto tra le parti, per violazione di tale norma e, quindi, chiedere il risarcimento dei danni derivanti da tale nullità, per cause imputabili all’affiliante. Per tutelare la propria posizione, pregiudicata dal comportamento dell’affiliante che, nell’imminenza dell’apertura del punto vendita, lo pone di fronte alla scelta tra firmare un contratto mai visto prima e recante condizioni più svantaggiose, o interrompere qualsiasi attività collegata al rapporto di franchising in essere, l’affiliato deve tenere presente che l’affiliante è gravato dall’obbligo, ai sensi dell’art. 4, L. 129/2004, di consegnare, almeno 30 gg prima della sottoscrizione di un contratto di franchising, copia completa del contratto da sottoscrivere. Conseguentemente, gli adempimenti del contratto franchising (localizzazione del punto vendita, arredo in conformità dell’immagine della rete dell’affiliante, acquisto di prima fornitura), preventivamente posti in essere dall’affiliato ancor prima della sottoscrizione del contratto franchising e prima ancora che il testo del contratto gli venisse consegnato, sono stati ottenuti dall’affiliante in violazione di tale disposizione dell’art. 4 L. 129/2004.

Contratto franchising, la regola del 30 giorni

Il mancato rispetto dei 30 giorni antecedenti alla firma per la sottoposizione del contratto, rafforza ulteriormente il diritto dell’affiliato di ottenere l’accertamento della nullità, per violazione di norme imperative di legge, del contratto verbale che di fatto sta già disciplinando il rapporto economico in base al quale il potenziale affiliato ha scelto il negozio d’accordo con l’affiliante, lo ha arredato secondo le specifiche in conformità alla rete ed ha acquistato, sempre dall’affiliante, sia gli arredi tipici del negozio della rete che la prima fornitura di merce. Come accennato, da tale accertamento di nullità discenderebbe anche l’obbligo, per l’affiliante, del risarcimento del danno subito dall’affiliato, che è parametrabile e, probabilmente, assistito da prove documentali, in base agli investimenti effettuati per avviare l’attività in franchising e non più utilizzabili proprio per la mancata sottoscrizione del contratto scritto a cui si potrebbe anche aggiungere, come effetto conseguente alla nullità del contratto, anche il lucro cessante dell’iniziativa in franchising, dimostrabile sulla base delle eventuali prospettazioni, pubblicizzate dall’affiliante, sui guadagni dell’iniziativa in franchising. Inoltre, ciò che chiaramente emerge dalla questione in esame, è che la proposta di firma del contratto da parte dell’affiliante è caratterizzata dalla minaccia non solo di non instaurare il rapporto di franchising così come risultante dal contratto stesso ma, addirittura, di non continuare il rapporto di franchising già in essere. L’affiliante, infatti, collega alla mancata sottoscrizione del contratto da parte dell’affiliato il divieto di apertura formale del punto vendita, nonché l’impossibilità di utilizzo dell’insegna e della vendita della merce fornita con il proprio marchio. Tale situazione, oltre a ricollegarsi, abbastanza intuitivamente, alla figura penalistica dell’estorsione, rilevabile d’ufficio anche da una giudice civile, sotto il profilo, appunto, civile configura l’ipotesi scolastica della violenza negoziale, nel quadro di un più generale comportamento doloso dell’affiliante, ossia una forma di coazione della volontà che menoma la libertà di determinazione dell’affiliato. Pertanto, l’affiliato potrebbe far valere le proprie ragioni attraverso un’azione giudiziaria.