Distanziamento, controllo dei flussi: le misure per i centri commerciali

Distanziamento, controllo dei flussi e incremento della frequenza delle igienizzazioni sono tra le misure aggiuntive che permettono ai centri commerciali di confermarsi strutture monitorate e sicure.

Il Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (CNCC), in vista della “Fase 2” che prevede anche la graduale riapertura degli esercizi commerciali, ha pubblicato un documento contenente le linee guida per la completa riapertura in sicurezza degli spazi commerciali presenti nei centri commerciali, parchi commerciali e factory outlet.

Le procedure messe in atto per tutelare la salute dei lavoratori, dei commercianti, dei fornitori e dei clienti sono state elaborate da un gruppo di esperti del settore e si aggiungono alle normative di legge e alle ulteriori prescrizioni che le autorità locali e sanitarie forniranno.

La gran parte delle strutture operanti su tutto il territorio nazionale, rimaste sempre aperte per garantire i servizi primari, quali la vendita di generi alimentari, ottici e farmacie, adottano le nuove linee guida ad integrazione delle procedure già implementate durante il periodo di full lockdown, con l’obiettivo di continuare a garantire l’operatività delle strutture in sicurezza a seguito della riapertura degli ulteriori servizi commerciali ora chiusi.

I grandi spazi, gli ampi parcheggi e luoghi di accoglienza, tipici dei centri commerciali, e la “regia” unitaria di proprietà e società di gestione per la loro organizzazione e gestione, favoriscono l’applicazione ed il controllo delle disposizioni emesse a tutela della salute delle persone.

Tra le varie disposizioni individuate, l’organizzazione di percorsi obbligati con apposita segnaletica interna ed esterna, a partire dai parcheggi, per consentire una distribuzione ottimale dei flussi di persone in entrata e uscita, ma anche all’interno delle gallerie e in coda all’esterno dei negozi, monitorando in tempo reale il numero di clienti presenti all’interno dell’area commerciale, nel rispetto di una regola che si propone di garantire 10 metri quadri per persona. Saranno inoltre posizionati termoscanner agli ingressi per rilevare la temperatura e ci si assicurerà che ciascun visitatore indossi la mascherina, condizione necessaria per poter accedere alla struttura.

All’interno delle strutture sono previsti anche interventi di pulizia aggiuntivi, mediante igienizzazione giornaliera e sanificazione, in linea con quanto indicato dalle autorità preposte ed utilizzando prodotti in linea con le normative vigenti, oltre alla manutenzione straordinaria dei filtri e relative sanificazioni periodiche.

In aggiunta a quanto sopra, le singole realtà commerciali potranno inoltre mitigare il rischio adottando un’adeguata strategia di prevenzione anche per rispondere a specifiche complessità straordinarie di ciascuna attività.

Il Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali tiene, infine, a sottolineare che le strutture commerciali, sono ad oggi delle strutture che hanno garantito la sicurezza durante il periodo di lockdown e che continuano a garantire la massima sicurezza e attenzione alla salute dei cittadini, dei clienti e dei lavoratori, anche con le ulteriori riaperture dei negozi che ne fanno parte, potendo contare su un’organizzazione a ciò preposta che dispone di risorse professionali qualificate e tecnologiche di ultima generazione per la gestione e il coordinamento di tutte le attività necessarie.

Glossier: un brand nato da un blog

Il caso Glossier in U.S.A. è un esempio di boutique progettate in modo instagrammabile e offre una selezione di prodotti per la cura della pelle e del corpo, make-up e fragranze, con la possibilità di personalizzare il packaging

di Fabrizio Valente

Fondatore e amministratore di Kiki Lab – Ebeltoft Italy

L’imprenditrice Emily Weiss, dopo brevi esperienze come modella e in TV in un reality USA, nel 2010, a 24 anni ha lanciato il blog Into the Gloss, dedicato al beauty con una filosofia che ha rotto i cliché tradizionali: “Crediamo che la bellezza dovrebbe essere divertente, semplice, imperfetta e personale. Sei tu a dar vita ai prodotti, non i prodotti a te”. Il blog ha velocemente attratto e fidelizzato una community di teenager, di Millennial e anche di celebrities. Dopo 4 anni, Emily ha lanciato online il brand Glossier, come testimone di un lusso accessibile, molto trendy, coinvolgente e “figlio” della community. Con lo slogan “Skin first. Make-up second” Glossier offre una selezione di prodotti per la cura della pelle e del corpo, make-up e fragranze, con la possibilità di personalizzare il packaging.

Progetto nativo digitale Glossier

Dal 2018 Glossier ha iniziato ad aprire negozi fisici, prima a Los Angeles e subito dopo a New York. Quest’ultimo flagship, aperto nello stabile della sede dell’azienda, ha subito ottenuto un grande successo, nonostante la location poco trendy, ai margini di Chinatown. La facciata è anonima e understated, ma nel weekend già prima dell’apertura si forma una lunga coda di fan per entrare.

Negozi instagrammable

L’esperienza del negozio è intensa: musica alta e tanti angoli predisposti per selfie con le amiche da postare su Instagram e i vari social, in particolare il Boy Brow Room, spazio dedicato al gel per sopracciglia, best seller di Glossier con prodotti giganti e specchi su tutte le pareti. Le boutique sono contraddistinte dal rosa del brand, presente dappertutto e anche caratterizzante le divise delle addette.

Sharing Experience

La boutique di New York accoglie le clienti con un desk che, oltre a offrire il benvenuto, consegna eventuali ordini acquistati online. Una scalinata hollywoodiana conduce al negozio, in cui tutti i prodotti sono a disposizione delle clienti, presenti per lo più con gruppetti di amiche, tutte completamente a proprio agio nel provare tutti i prodotti. Nonostante la presenza delle beauty assistant la maggior parte delle clienti preferisce truccarsi reciprocamente prima del classico selfie. Il processo di vendita prevede l’acquisto con il pagamento (solo con carte) a una delle addette, tramite tablet. I prodotti non sono stoccati nell’area vendita, ma arrivano dal magazzino, situato al piano superiore, con uno scenografico sistema automatico che in pochi minuti fa pervenire la shopper bag dell’acquisto personalizzata con il nome della cliente.

Un brand nativo digitale sviluppatosi velocemente seguendo in modo corretto il processo di sviluppo tipico di questi posizionamenti: blog, social, ecommerce, boutique. Emily Weiss sta dimostrando di essere brava anche col retail fisico, offrendo esperienze multisensoriali e facilmente condivisibili con le amiche. Sfida: restare coerenti sapendosi innovare in un mercato che continua a creare successi planetari basati sui Social in tempi sempre più rapidi.

 

Caso tratto dalla ricerca Retail Innovations 14, di Kiki Lab – Ebeltoft Group

Glossier – U.S.A.
Boutique progettate in modo instagrammabile per un brand, nato da un blog, che ora spopola fra teenager e Millennial.

Area chiave
Engagement

Tendenze complementari
Nativo digitale; Instagrammable store

Info chiave
• 2010: lancio del blog Into the Gloss
• 2014: lancio online del brand Glossier
• 2018: aperture a Los Angeles e a New York
• 250 mq superficie media
• 150 dipendenti

 

Coronavirus e attività online, la comunicazione come fattore di crescita

La pandemia di Covid-19 sta mettendo in discussione le dinamiche del commercio al dettaglio, ponendo al tempo stesso le basi per una crescita esponenziale del segmento online.

L’ottimismo dei merchant nei confronti del presente e del prossimo futuro, tuttavia, è scarso, come rivela uno studio sull’impatto del Coronavirus sul commercio online condotto da PrestaShop su 1.600 esercenti in Italia, Spagna e Francia.

L’emergenza sanitaria ha avuto ripercussioni su business di qualunque dimensione e settore, comportando una profonda riorganizzazione del lavoro e dei processi quotidiani. Il 71% degli e-merchant intervistati conferma, infatti, di aver intrapreso azioni specifiche per adattare la propria attività professionale alla complessa situazione globale. Il 27% degli intervistati ha introdotto alcune restrizioni alle consegne, mentre il 13% ha deciso di investire in un piano di comunicazione di crisi. Seppur in percentuale minore (8%), c’è anche chi si è trovato a sospendere in toto le vendite, chi ha cercato di dare un boost al giro d’affari proponendo la consegna gratuita della merce e chi, ancora, ha cercato di portare avanti l’attività adottando nuovi protocolli di igiene per tutelare la salute di dipendenti e clienti.

Nonostante l’implementazione di queste e altre iniziative, ben più di due terzi (69%) crede che il servizio fornito ai propri clienti sia inevitabilmente degradato a causa delle misure di confinamento e il 65% dei commercianti online parla di un’interruzione della propria attività a causa del rinnovo della quarantena.

Indagando sulle motivazioni di queste previsioni, è stato rilevato che oltre la metà dei merchant si aspetta una generalizzata mancanza di domanda (60%), mentre il 43% teme che lo stop sia reso necessario dalle crescenti difficoltà logistiche conseguenti al lockdown. Il terzo fattore che, secondo gli esercenti, minaccia la loro attività è la complessità in termini di approvvigionamento delle scorte (36%), mentre in un quinto dei casi (21%) a rappresentare una criticità difficile da sormontare è la tutela della sicurezza dei dipendenti.

Per tutti questi motivi, solo il 35% dei commercianti intervistati da PrestaShop si aspetta di registrare un aumento dell’attività del proprio e-commerce in questo periodo di emergenza, mentre oltre la metà (54%) degli esercenti che possiedono anche un punto vendita fisico afferma di non aver ancora notato una trasposizione online della propria attività offline.

In questo clima di sfiducia diventa quindi più che mai fondamentale studiare una strategia per impedire il ristagno del business e stimolarne la crescita. Per potenziare l’attività del proprio e-commerce circa due terzi (65%) dei commercianti intende puntare sulla comunicazione, dai social network all’e-mail marketing, da un lato consolidando la relazione con la propria clientela, dall’altro ampliandola. Al secondo posto dei mezzi utilizzati dai merchant per incrementare il business del proprio sito spiccano le offerte promozionali (36%), seguite dall’ottimizzazione dell’esperienza utente e dei contenuti (26%).

Convinto del ruolo chiave della comunicazione in un momento di crisi, il 37% dei commercianti conferma di non aver ridotto gli investimenti nelle campagne pubblicitarie. Analizzando le scelte di chi, invece, si è trovato a diminuire le spese in questo segmento, è stato rilevato che il canale più penalizzato risulta essere quello delle campagne Google (32%), seguite da quelle pianificate su Facebook. La percentuale scende al 16% per altre piattaforme, quali Instagram, Amazon o Criteo.

Fonte: https://www.prestashop.com/it

Helbiz, il fenomeno del monopattino in sharing

Intervista a Salvatore Palella, CEO e fondatore di Helbiz

Helbiz è la prima società di micromobilità che ha portato il servizio in Italia

Acireale dove è nato, poi Milano, Londra e New York. Ultimamente riveste un ruolo importante per lui Los Angeles, dove ha avuto inizio l’attività della sua azienda e dove vorrebbe andare a vivere nei prossimi anni. Questi i luoghi della vita di Salvatore Palella, CEO e fondatore di Helbiz, la società americana che ha lanciato il fenomeno del monopattino in sharing. Nato in Sicilia, dove fino a 17 anni ha studiato, poi ha tentato di laurearsi in giurisprudenza a Milano ma il lavoro lo impegnava per troppo tempo e ha abbandonato. “Per me è molto importante il fatto di essermi dovuto sempre fare in quattro per raggiungere il livello degli altri, visto che non avevo una laurea”.

Come nasce l’idea di costruire un business fondato sulla micromobilità elettrica e sullo sviluppo di soluzioni in sharing?

“Quattro anni fa mi trovavo in vacanza in California e ho trovato un’opportunità di business nella micromobilità, inizialmente stavo sviluppando un progetto legato al car sharing peer to peer ma poi ho deciso di focalizzarmi su questo settore perché ho capito quanto sarebbe diventato importante e volevo farne parte”.

Quali sono state le tappe fondamentali di Helbiz Ci può scandire con tempi e numeri la nascita e l’evoluzione della società?

“Il 2016 è stato l’anno della nascita dell’azienda, seguito da un anno di lavoro per lo sviluppo della piattaforma. Nel 2018 ci sono stati i primi test su strada in America mentre il 28 ottobre dello stesso anno è una data significativa, quel giorno Helbiz ha portato la micromobilità in Italia e da allora sono iniziate le misure del Parlamento. Sono molto orgoglioso di aver contribuito a tutto questo”.

Helbiz, la società americana che ha lanciato il fenomeno del monopattino in sharing. Quali prospettive per il mercato Italiano?

“Sicuramente siamo molto focalizzati sul mercato italiano, dove vogliamo consolidare il ruolo di primi player del mercato, vogliamo ricordare che siamo stati i primi a introdurre la micromobilità ma questo primato rappresenta anche una responsabilità per noi. Infatti vogliamo far rispettare le regole e diamo molto importanza all’educazione del consumatore”.

Cosa vuol dire per voi internazionalizzazione del business e quali sono i mercati a cui guardate con maggiore interesse nel medio e lungo periodo?

“Guardiamo con attenzione a tutti i mercati europei perché qui le condizioni atmosferiche sono molto favorevoli, poi ci stiamo concentrando sull’east coast degli USA visto che abbiamo una base a New York. Per il 2021 ci dedicheremo sicuramente a tutti i paesi dell’Asia”.

Identità e valori che hanno guidato e guidano la vostra azienda….

“Sicurezza, facilità e supporto. Per noi un elemento chiave è la sicurezza, vogliamo essere non solo bravi nella distribuzione ma anche nel far rispettare le regole, i nostri mezzi devono essere usati in tutta serenità. La nostra app è facile da scaricare e da usare e il nostro supporto lavora 24 ore su 24, parla 10 lingue e ci aiuta a rispondere in modo immediato a chi ha un problema momentaneo nell’utilizzo di un mezzo”.

Valori e identità che hanno funzionato e continuano a funzionare tanto da portare l’azienda alla quotazione su Nasdaq e Borsa Italiana… Ci racconti qualcosa di questa esperienza.

“Uno degli aspetti per me fondamentali è quello di possedere ancora l’80 per cento dell’azienda come proprietario, e di non aver ceduto troppe quote agli investitori finanziari, questo implica che la tecnologia e il consumatore siano sempre al primo posto nelle decisioni. Abbiamo deciso di quotarci perché a nostro parere le società non vanno quotate solo quando valgono miliardi ma anche quando hanno una quotazione di poche centinaia di milioni, come per esempio Amazon che in una fase iniziale valeva circa 430 milioni di dollari e vediamo dove è arrivata oggi”.

In tutti i suoi anni di lavoro come ha costruito la sua squadra: Quali sono le scelte strategiche che le hanno dato la possibilità di gestire con successo un marchio così importante?

“Fin da subito ho voluto mettere alla base il fattore umano, il rapporto personale che avevo con le singole persone, è anche per questo che ho messo persone che conoscevo da tempo nei ruoli chiave dell’azienda. Ora chiedo a chi lavora con me di giudicare le persone non solo dal curriculum ma anche da chi si trovano davanti. Per me il fatto di non essere laureato in certi casi ha rappresentato un privilegio”.

E il franchising come si inserisce nell’evoluzione del brand?

“Negli ultimi 15/18 mesi ci siamo accorti di una crescente domande dei nostri prodotti in città medio piccole dove per noi sarebbe troppo costoso essere presenti in modo capillare ecco perché vogliamo affidarci a chi conosce bene il territorio e può facilitare la distribuzione dei nostri mezzi in diverse città, abbiamo studiato una formula di franchising che ora rappresenta una piccola percentuale del business ma che potrà arrivare fino al 20/25% del fatturato aziendale nei prossimi mesi”.

Quali sono le politiche di marketing per convincere un vostro potenziale affiliato. Perché un potenziale affiliato deve scegliere Helbiz?

“Perché siamo la prima società di micromobilità e siamo quelli che hanno portato questo servizio in Italia, conosciamo tutte le sfaccettature del business, sia per chi usufruisce sia per chi gestisce il servizio. Prima di partire con il processo di affiliazione volevamo avere almeno un anno di esperienza sul territorio”.

Le nuove tecnologie avranno un ruolo fondamentale per il cambiamento. Quanto queste hanno influenzato e continuano a influenzare la vostra attività?

“Le nuove tecnologie sono alla base della nostra attività e senza alcune di queste, come l’intelligenza artificiale o il brevetto sui parking spot, che abbiamo solo noi, non saremmo stati capaci di realizzare certe attività. Per noi le tecnologie rappresentano il presente ma anche una fonte per il futuro”.

Qual è stata la più grande soddisfazione nella vita personale e nella vita lavorativa?

“Nella vita personale mio figlio che è nato qualche mese fa ed è un’enorme soddisfazione per me. Nella vita professionale è stato il Nasdaq che, anche per la nascita di mio figlio, ci ha pubblicizzati sui maxi schermi di Times Square, questo rappresenta il fatto che una grande istituzione ci continua a supportare”.

Per concludere due domande: la prima: c’è un progetto che rappresenta un sogno nel cassetto e vorrebbe realizzare a tutti i costi?

“Tutto quello che sognavo per Helbiz in questi ultimi tre anni lo stiamo realizzando e sono molto felice di ciò, per il futuro mi viene in mente che non possiamo focalizzarci solo sulla mobilità terrestre ma nei prossimi 10 anni possiamo iniziare a pensare anche allo spazio”.

La seconda: qual è la lezione più importante che la vita le ha insegnato?

“Che se vuoi ottenere qualcosa puoi farlo, non importa da dove vieni o quello che hai in tasca l’importante è lavorare sodo per ottenerla”.

@redazione az franchising

Come acquistano oggi gli Eshopper italiani?

Shopping online: l’impennata di e-commerce e pagamenti digitali

Tra negozi chiusi più o meno in tutto il mondo, quarantene forzate e Smart working lo shopping online è in netta accelerazione nei settori del largo consumo.

Lo smartphone è fondamentale nella fase di decisione dell’acquisto online. L’analisi di Netcomm in collaborazione con Diennea rivela infatti che E-mail, sms e notifiche via app rappresentano lo strumento più efficace per raggiungere il cliente e fargli fare il primo passo nel processo d’acquisto: il 22% degli acquisti online sono diretta conseguenza di questo strumento di marketing. Il punto vendita fisico mantiene la sua efficacia: la visita in negozio è decisiva per il 18,4% degli acquisti. Dagli insight raccolti dall’indagine netRetail 2019, lo studio Netcomm effettuato in collaborazione con Kantar, emerge inoltre una crescita della fiducia verso i siti di ecommerce.Gli Italiani sono sempre più disponibili a salvare online i propri dati di pagamento per non doverli reinserire in acquisti futuri: il 57% del campione effettua questa scelta se ritiene che il sito di e-commerce sia affidabile.

L’IMPATTO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE SUL RETAIL

Il 2019 è stato l’anno decisivo per le imprese che intendevano investire in tecnologie, consentendo così al sistema italiano di svolgere un ruolo decisivo nella trasformazione digitale in atto, anche a livello internazionale. La svolta è imprescindibile e gli investimenti in formazione per accrescere le competenze digitali nel nostro Paese saranno fondamentali. È sempre più urgente, infine, avviare un piano concreto di definizione e creazione di distretti digitali, affinché l’Italia possa incrementare il suo livello di competitività e di crescita dell’export nell’eCommerce.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E RETAIL

Il retail è una delle industrie in cui l’impatto dell’applicazione dell’intelligenza artificiale potrà essere più interessante e immediato, proprio perché in grado di avvicinare anche gli utenti finali, nelle loro abitudini quotidiane, alle nuove frontiere dell’innovazione. Non a caso, nel mondo del retail sono già state adottate soluzioni di AI per migliorare la relazione con i clienti, come lo sviluppo appena iniziato dell’uso dei chatbot. I processi di automazione legati alla filiera logistica, ma anche al machine learning e alle analisi predittive sono elementi decisivi per la creazione e il rafforzamento di una relazione sempre più personalizzata tra i brand e i clienti. In un contesto economico nazionale e internazionale, dove il fattore determinante nell’arena competitiva delle aziende è la capacità di garantire un’offerta sempre più personalizzata, le innovazioni che porterà l’AI potranno migliorare la comprensione delle aspettative dei clienti, facilitando la personalizzazione e la product recommandation, rendendo più efficienti i servizi pre e post sale e ottimizzando la supply-chain.

Spesa e Covid: Last Minute Sotto Casa l’App per far fronte all’emergenza

Per contribuire a far fronte all’emergenza, Up Day ha modificato la propria App, creando la nuova funzione “Offerta Emergenza Covid19”

In questo periodo di emergenza sanitaria, l’App LastMinuteSottoCasa ha il primato di essere l’unica in Italia che, in modalità diretta push, offre la possibilità ai negozianti di informare i cittadini sui diversi servizi quotidianamente messi a disposizione.

Con l’obiettivo di offrire un nuovo e concreto servizio agli esercenti e ai cittadini, a cui viene chiesto sempre più di non allontanarsi da casa, Up Day ha approntato una importante modifica alla propria App anti-spreco, LastMinuteSottoCasa.

L’App, oggi scaricata da circa 100.000 utenti, nella sua versione tradizionale consente ai negozi con prodotti alimentari in prossimità della scadenza di informare i cittadini che si trovano nelle vicinanze dell’opportunità di acquisto di prodotti a prezzi scontati, spesso del 50% o 60%.

La nuova funzione, sviluppata in collaborazione con le digital agencies Archibuzz e Synesthesia, consente ai negozianti di informare, tramite notifica push ‘live’, i cittadini di zona circa l’attività specifica del negozio, i suoi orari, i nuovi arrivi di prodotti ma soprattutto sui servizi aggiuntivi offerti, come la possibilità di avere la spesa pronta e imbustata o consegnata a domicilio.

Uno strumento unico, scaricabile dagli store iOs e Android o da aggiornare per chi è già utente, per entrambe le parti che naturalmente potranno beneficiarne fino a fine emergenza in modo totalmente gratuito.

“In Up Day da sempre siamo attenti alle iniziative di carattere sociale. In questo particolare momento storico, abbiamo quindi pensato a come poter dare il nostro contributo, ragionando sulla crescente importanza dei negozi di vicinato per le famiglie, così da non allontanarsi troppo da casa e, allo stesso tempo, sull’aiuto concreto che possiamo dare agli esercenti per farsi conoscere il più possibile. Per metterlo in pratica, uno dei nostri pensieri è andato alla nostra app anti-spreco LastMinuteSottoCasa che da sempre rappresenta una soluzione WinWinWin per tutti gli attori coinvolti.” dichiara Marc Buisson, Presidente e Amministratore Delegato Up DAY

RE/MAX Italia: campagna di sensibilizzazione su radio e stampa nazionale

RE/MAX, gruppo in franchising leader del mercato dell’intermediazione immobiliare mondiale con 450 agenzie e più di 4.000 affiliati in Italia, lancia una campagna di sensibilizzazione su stampa e radio nazionali.

Una lettera aperta con cui RE/MAX si rivolge direttamente al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Salute, al Ministro dell’Economia e ai Presidenti delle Regioni, invitandoli a considerare l’attività immobiliare tra i servizi essenziali.

A beneficio dell’intero comparto, RE/MAX chiede dunque che le transazioni immobiliari, compresi i servizi ausiliari quali erogazione mutui, perizie e traslochi, siano inclusi nell’elenco delle attività che per prime potranno tornare operative dalla Fase 2, assicurando la massima aderenza e il rigoroso rispetto dei protocolli e delle linee guida sanitarie stabiliti contro la diffusione di COVID-19.

Nella lettera aperta, RE/MAX sottolinea che il settore immobiliare in Italia dà lavoro a oltre 46.000 agenti, a cui si aggiungono decine di migliaia di persone impiegate nell’indotto, evidenziando inoltre che la sola intermediazione concorre a più del 55% del fatturato complessivo residenziale (603.000 compravendite stimate nel 2019 per 100 miliardi di euro), con un impatto economico e sociale su centinaia di migliaia di famiglie ogni anno.

“Gli intermediari immobiliari agevolano l’acquisto e la vendita di case e la casa, sia in affitto che di proprietà, è un bene essenziale per ogni essere umano, per ogni Cittadino”, afferma Dario Castiglia, CEO & Founder di RE/MAX Italia. “Non è un caso che negli USA la nostra categoria professionale sia stata inserita tra le attività essenziali che non hanno mai smesso di operare. Di fronte a un’Italia così segnata dall’emergenza sanitaria, certamente non chiediamo così tanto, ma riteniamo essenziale essere tra le prime attività che potranno rientrare nel programma di ripresa delle attività produttive”.

L’essenzialità del know-how nel contratto franchising

Franchising, nullo il contratto se non è trasferito il know-how: ancora una conferma

Il Tribunale di Bologna ribadisce la prevalente e storica tesi circa l’essenzialità del know-how e del suo necessario trasferimento, pur in presenza della nota Sentenza della Cassazione che ha considerato, invece, essenziale la sperimentazione della formula commerciale

di Mirco Comparini – Commercialista e Consulente Franchising in Livorno

Era il 2018 quando, dalle colonne di AZ Franchising con l’articolo “Franchising e know how la Cassazione complica”, fu commentata una importante Sentenza della Cassazione (n.11256/2018). La Sentenza in questione si pose in contrapposizione alla dottrina maggioritaria e alla copiosa giurisprudenza non fornendo assolutamente un chiarimento al contesto interessato a definire maggiormente i parametri e i confini per non rischiare un annullamento del contratto o, comunque, per identificarne i reali e certi requisiti di validità.

DALLA CASSAZIONE
In pratica, secondo la Corte, proprio dall’articolo 1, comma 1 (Definizione), legge n.129/2004, si può evincere che il contratto di affiliazione commerciale non riguardi cumulativamente tutti gli aspetti regolati dalla norma, ma, sempre secondo la Corte, da tale articolo si rileva solamente la concessione all’affiliato della disponibilità di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale, cioè, la formula commerciale sperimentata, che può concernere uno o più profili elencati dalla norma stessa, nell’ottica, poi, di inserire l’impresa affiliata in una articolata rete territoriale. Sussistendo tale insieme, ben può quindi configurarsi un contratto di franchising privo della clausola concernente la trasmissione del know-how dal franchisor al franchisee.

DAL TRIBUNALE DI BERGAMO

Da questa Sentenza è poi derivata quella giunta dal Tribunale di Bergamo che nel 2019 mise in rilevo che è “la formula commerciale sperimentata a costituire l’elemento essenziale e sempre imprescindibile di tale contratto. La formula commerciale è descritta come l’insieme, il quale può essere variamente composto, “di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale”.
Non solo, ma tra le altre importanti affermazioni, il Tribunale di Bergamo ebbe modo di specificare che, nonostante l’articolo 3 (Forma e contenuto del contratto), L.129/2004, non lo preveda tra gli elementi obbligatori da inserire nel testo contrattuale, per il caso in contenzioso “Nessuna precisazione è inserita nel contratto – né vi sono allegazioni in tal senso da parte della convenuta – sulla consistenza della formula commerciale costituente l’oggetto del contratto di affiliazione (in termini, per esempio, di strategie per la gestione delle risorse umane e dei contatti o di norme comportamentali standardizzate, volte a fidelizzare l’utenza e ad agevolare il processo di avviamento e di mantenimento dell’attività)“.
Questa che ormai sembrava una nuova “tendenza” della giurisprudenza, oggi trova una posizione contraria che riposiziona il tutto sulla situazione precedente.

DAL TRIBUNALE DI BOLOGNA

Infatti, dopo la nota Sentenza della Cassazione è il Tribunale di Bologna che torna a ribadire la prevalente e storica tesi circa l’essenzialità del know-how e del suo necessario trasferimento. Nella vicenda, curata dallo Studio Legale Giovanni Adamo, pur dovendo considerare molto importante i molti aspetti che la stessa Sentenza evidenzia, il Tribunale ha analizzato e si è soffermato, per espresso richiamo da parte del convenuto, sul contrasto giurisprudenziale creatosi, appunto, dal maggio 2018, cioè, proprio da quando è giunta la citata Sentenza della Cassazione, evidenziando come “solo all’esito del rigetto delle istanze di prova e dunque dell’istruttoria, e richiamando una isolata pronuncia di legittimità postasi in dichiarato contrasto con la dottrina maggioritaria (Cass., sez. III, ord. 10 maggio 2018, n. 11256, discussa all’udienza del 13 dicembre 2018), (..), la convenuta, modificando la sua originaria tesi difensiva, in comparsa conclusionale ha inteso contrastare la domanda di nullità in base all’argomento secondo cui il trasferimento del know how dall’affiliante all’affiliato – contrariamente a quanto sostenuto dalla prevalente dottrina e giurisprudenza – non è un elemento essenziale del contratto di franchising” e ha anche aggiunto che “nella specie non vi era trasferimento di know how previsto contrattualmente”.

In pratica, pertanto, il Tribunale di Bologna ha voluto specificare come la lettura (successivamente) esposta dalla parte risultata soccombente, fosse riconducibile, in primis, ad una dottrina minoritaria che, seppur recepita da una Sentenza della Corte di Cassazione, non risultava e non appariva, in secondo luogo, assolutamente persuasiva anche nell’interpretazione data dalla giurisprudenza maggioritaria.
Pertanto, si conferma, il franchising è nullo se manca la previsione del trasferimento del know-how, quindi, la stessa presenza del know-how costituisce una caratteristica essenziale e fondamentale in assenza della quale non sarebbe neanche possibile il trasferimento stesso.
Oltre a ciò, quello che colpisce nella Sentenza è anche un altro aspetto da ritenersi alquanto grave e che può veramente rendere l’idea di quanto il tema franchising costituisca ancora un tema pericolosamente sconosciuto anche e soprattutto da chi intende trattarlo e da chi è convinto di poterlo trattare. Ovviamente, il tutto a discapito di franchisor e franchisee, incluso i potenziali.
Il riferimento è ad un passaggio simbolico e, nello specifico, riferito al Manuale Operativo: “…circa l’asserito mancato trasferimento del know-how. Controparte, giocando sui nomi per confondere il lettore, riferisce che “nella citazione non si contesta l’esistenza del Manuale di Vendita, ma del Manuale Operativo. Non spiega però, né si comprende, cosa avrebbe dovuto contenere questo fantomatico Manuale Operativo, di diverso, al di là del titolo, rispetto a quanto trasferito dall’affiliante. E’ già stato evidenziato, in comparsa, come siano stati trasmessi alla ditta attrice, il “Manuale di Vendita”, tutti i “Manuali Tecnici” e i “Corsi di Formazione”, level A e level B, le “Condizioni Generali di Vendita” e “Marketing Prodotti Xxxx” e “Tecniche di Vendita”“.
A quanto riportato sopra, la linea difensiva (perdente) prosegue con una “enfatizzazione” di tali documenti che niente può (e ha potuto) fare con la necessaria conoscenza di cosa effettivamente sia un Manuale Operativo nel franchising, cosa contenga, a cosa serva, come si formi, come si costruisca, ecc., ecc. esprimendo, così, una lacuna totale di chi ha provveduto alla ideazione, alla costruzione e alla messa sul mercato di quel sistema di franchising oggetto di contenzioso. Una lacuna integrata, salvo un vano tentativo di difesa, anche nella fase e nella strategia difensiva, sulla cui scelta potremmo, comunque, opinare.

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Comunicazione audiovisiva: nuova frontiera per comunicare online

La comunicazione audiovisiva è un modo di comunicare più accattivante, coinvolgente, spettacolare ed emozionale rispetto alla sola parola.

Ha un forte potere persuasivo e permette di comprendere il messaggio in pochi istanti. Originariamente era YouTube, oggi la situazione è cambiata, anche le piattaforme come Facebook, Instagram e Twitter, si sono adeguate, aggiungendo ai loro servizi di social networking la possibilità di pubblicare direttamente contenuti audiovisivi.

di Stefania Giuseppetti

Era il 23 aprile 2005 quando Jawed Karim, con lo username “jawed”, pubblicò il primo video di Youtube: “Me at the zoo”, girato di fronte alla gabbia degli elefanti dello Zoo di San Diego, in California. Da allora, nella dieta mediatica, la comunicazione audiovisiva rappresenta una risorsa fondamentale per le aziende.
Frutto dell’integrazione di una molteplicità di linguaggi – immagini, grafica, parole, suoni, musica o addirittura il silenzio – l’audiovisivo è l’esempio più calzante del crossover multimediale.
Perché, se è vero che un’immagine vale più di mille parole, tale esperienza permette di accedere a una quantità d’informazioni nettamente superiore a quella delle immagini fisse, capaci di suscitare emozioni e di influenzare la percezione, la memoria, la capacità di giudizio, di accendere il desiderio e condizionare la decisione all’acquisto. “Il percorso della persuasione si sviluppa più facilmente per le scorciatoie delle emozioni che lungo l’autostrada della ragione” [“La pubblicità” di Annamaria Testa].

L’AUDIOVISIVO: UN MODO DI COMUNICARE PIU’ ACCATTIVANTE

Di sicuro il successo del prodotto audiovisivo in rete è indiscusso: rappresenta un modo di comunicare più accattivante, coinvolgente, spettacolare ed emozionale rispetto alla parola o all’immagine statica, ha un forte potere persuasivo e permette di comprendere il messaggio in pochi istanti.

DA YOU TUBE A FACEBOOK, INSTAGRAM E TWITTER

Fino ad un paio di anni fa il canale sovrano per la pubblicazione e creazione di ‘filmati’ e della loro promozione era YouTube, piattaforma di video-sharing che mette a disposizione uno spazio potenzialmente infinito, dalla quale è possibile diffondere il prodotto video sui diversi canali del web. Ma i social network non sono restati a guardare. Infatti, oggi la situazione è cambiata, poiché anche le piattaforme come Facebook, Instagram e Twitter, si sono adeguate, aggiungendo ai loro servizi di social networking la possibilità di pubblicare direttamente contenuti audiovisivi. Per migliorare l’esperienza, hanno anche inserito importanti novità, come la funzione di editing che offre nuovi modi per modificare i video esistenti. Questa funzione contiene strumenti progettati per rendere semplice e veloce la modifica dei video da parte dell’utente, come il ritaglio automatico, la rifinitura, oppure la sovrapposizione di immagini e testi.

IL PASSAGGIO DALL’ANALOGICO AL DIGITALE

Il passaggio dall’analogico al digitale ha reso potenzialmente illimitato lo spazio di archiviazione dei contenuti, rendendo degni di essere documentati anche gli eventi quotidiani più banali. Eventi che, in tempo reale, è possibile condividere, ad esempio, attraverso le “dirette”.
Ci troviamo di fronte a una cultura partecipativa fatta di scambi informali, di nuove piste d’interazione e, soprattutto, di simultaneità; una forma di big bang culturale, un punto di non ritorno che ha cambiato le sorti dell’advertising.
Ci troviamo di fronte a una società dello schermo: uno spazio che taglia, o rende inesistente, tutto ciò che non rientra nei suoi confini. Che sia quello di un pc, di un tablet o di uno smatphone, passiamo da uno schermo all’altro, e senza più barriere d’accesso, chiunque può utilizzare i contenuti di questa forma espressiva in qualsiasi luogo, spazio e tempo.

IL VIDEO ONLINE DIVENTA INTERATTIVO

L’audiovisivo è la nuova frontiera della comunicazione e della promozione online. E fare content marketing usando i video sarà sempre più importante. Che sia video-brochure di presentazione o video-catalogo, il video online diventa interattivo e si trasforma in una nuova modalità di intrattenimento per i consumatori e una nuova opportunità pubblicitaria per le aziende.
Considerando che il consumatore è in continua evoluzione, l’audiovisivo può essere pensato per una modalità di fruizione in grado di sfruttare le potenzialità comunicative del web e tutte le sue dinamiche partecipative.
Chissà cosa potrebbe accadere se e fosse l’utente ad assumere le decisioni in nome e per conto del protagonista dell’audiovisivo? E se tale interattività fosse trasferita al settore degli spot commerciali, quanti spettatori sarebbero molto più interessati se solo avessero la possibilità di scegliere?

*** IN EVIDENZA

• Frutto dell’integrazione di una molteplicità di linguaggi – immagini, grafica, parole, suoni, musica o addirittura il silenzio – l’audiovisivo è l’esempio più calzante del crossover multimediale
• Una nuova cultura partecipativa fatta di scambi informali, di nuove piste d’interazione e, soprattutto, di simultaneità
• Una uova modalità di intrattenimento per i consumatori
• Una nuova opportunità pubblicitaria per le aziende

Ecco perchè ho scelto il franchising Primadonna

Primadonna: un prodotto glamour, con assortimento vasto e profondo, proposto in una cornice fashion e performante.

Intervista a Luigi Del Mecio, proprietario del punto vendita Primadonna Collection di Siena: “Pienamente soddisfatto di quest’esperienza, sto valutando l’apertura di nuovi punti vendita in zone prive di questa realtà fast fashion così performante”.

E’ entrato in contatto con il brand nel giugno 2019, quando ha deciso di ampliare i suoi orizzonti e donare una sferzata di rinnovamento ai suoi business già avviati. Così dopo i primi contatti con l’azienda Primadonna S.p.A., è iniziato il suo cammino verso l’apertura del suo store. Luigi Del Mecio, oggi, è proprietario del punto vendita Primadonna Collection di Siena, in via dei Montanini 78/80.

In che modo la casa madre lo ha sostenuto?

“Il supporto da parte dell’azienda è stato efficiente e completo sin dall’inizio: Primadonna S.p.A. dispone di un team di esperti che guida l’affiliato, passo dopo passo, curando ogni dettaglio sin dalla nascita del progetto. Per me è stato un conforto sapere che il mio sogno fosse stato affidato ad esperti nel settore, pronti a seguire ogni aspetto legato all’apertura dello store ed alla formazione dello Staff scelto per il punto vendita. Nonostante la mia esperienza pregressa nel settore imprenditoriale, ho apprezzato molto la disponibilità e la professionalità di un team che rispecchia a pieno l’anima del brand: giovane, dinamico e volto al successo. Questa mia percezione è stata confermata in ogni fase del lavoro ed è la stessa che, in primis, mi ha spinto in questa esperienza”.

Quali sono state le principali motivazioni che l’hanno spinta a scegliere Primadonna Collection?

“Una motivazione forte, inoltre, è stata la proposta commerciale del partner: un prodotto glamour, con assortimento vasto e profondo, proposto in una cornice fashion e performante, data dal layout che caratterizza gli stores targati Primadonna Collection. Non per ultimo, il rapporto qualità/prezzo delle creazioni, vero fiore all’occhiello del marchio di origine pugliese”.

E’ necessario seguire dei corsi di formazione?

“Indispensabile per me, e per il mio staff, è stato il corso erogato dalla casa madre, incentrato sulle tecniche di vendita più efficaci, sul visual merchandising e sull’utilizzo dei programmi gestionali utili per lo store”.

Quali sono in termini economici i numeri per chi come lei vorrebbe aprire un punto vendita Primadonna?

“L’investimento da affrontare riguarda gli arredi e la location prescelta, preferibilmente situata in zone di grande affluenza e centri storici, mentre le collezioni seguono la formula del conto vendita: si paga solo la merce venduta, evitando, così, rimanenze di magazzino”.

I suoi progetti futuri…

“Pienamente soddisfatto di quest’esperienza, sto valutando l’apertura di nuovi punti vendita in zone prive di questa realtà fast fashion così performante”.

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